Se non avesse incontrato la follia, l’abiezione e l’infinito odio nazista, in questi giorni Anna Frank avrebbe compiuto novant’anni. È impossibile immaginare come sarebbe stata la sua vita, se si sarebbe sposata, se avrebbe avuto figli e nipoti, se sarebbe diventata una grande scrittrice, dove avrebbe vissuto e cosa ne penserebbe oggi di quest’Europa così fragile e divisa.
La figura di Anna è inscindibile dalla sua tragedia, dal suo diario, dalle infinite sofferenze che ha dovuto affrontare e che ha così ben descritto, con la sua penna da adolescente e il suo coraggio fuori dal comune. Allo stesso modo, è inscindibile dal campo di concentramento di Bergen-Belsen, dalla sua maledetta fine, dal suo grido d’amore per una vita che di giorno in giorno andava spegnendosi, dalle sue parole così mature, fin troppo per una ragazza costretta a diventare adulta prima del tempo.
Una cosa, tuttavia, è certa: i suoi sogni, le sue speranze, la sua bellezza interiore e la profondità delle sue riflessioni sono giunte fino a noi, ancora attuali, vive, in grado di regalare emozioni fortissime e passioni impossibili da descrivere a parole.
Di Anna Frank, della sua soffitta, del suo splendido rapporto col padre, delle sue parole disperate e sconvolgenti e del suo tentativo di resistere all’abisso ci rimane una testimonianza destinata all’eternità. Renderle omaggio è un dovere morale, soprattutto in questa stagione di negazionismo diffuso e nazi-fascismo di ritorno.
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