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I gialloverdi strillano contro la Ue. Salvini e Di Maio ora perfino si incontrano

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Conte dal Vietnam sta a guardare. Tria medita. L’Italia rischia di sprofondare nel burrone. Il debito pubblico esplode. Le sanzioni arriveranno

Di Alessandro Cardulli

Ora starnazzano, strillano i Di Maio, i Salvini, Tria medita, dal lontano Vietnam Conte dice che prende atto che il governo andrà avanti come assicurano, ora, i due vicepremier e quasi ignora i problemi posti dalla Commissione Ue che, in sostanza ha  sollevato  solo un problema, quello fondamentale per l’economia di un paese, la “dose” di debito pubblico che  è tollerabile. In soldoni un complesso di misure che i paesi della Ue devono attuare  puntando alla crescita, allo sviluppo. Vero che le politiche della Ue in questi anni non hanno brillato per innovazione, che la “austerità” ha creato difficoltà alle politiche dei singoli paesi, ha “facilitato” se così si può dire la crescita di forze di estrema destra, populisti, sovranisti, xenofobi, razzisti. È altrettanto vero che la “guida” della Commissione, l’alleanza fra socialdemocratici, socialisti e popolari alla guida delle strutture della Ue, non ha dati i risultati sperati.

Essenziale per le forze di sinistra, democratiche sconfiggere l’estrema destra

Ma è altrettanto vero che le elezioni europee di fine maggio hanno visto la sconfitta netta dell’estrema destra, dei movimenti razzisti, fascisti che non hanno sfondato. Se quella cui abbiamo accennato è la situazione  in cui si trova oggi l’Unione europea che deve rinnovare gli  organismi, insediare la nuova Commissione, le forze democratiche, le sinistre ovunque collocate, hanno un compito preminente: operare nei singoli paesi per un cambiamento delle politiche economiche, il lavoro, l’eguaglianza, i diritti,  in una parola la difesa e lo sviluppo della democrazia e dell’unità, richiamando il manifesto di Ventotene, piuttosto, lo diciamo chiaramente, che un generico keynesismo, con il quale ti metti la coscienza a posto. Per far questo bisogna avere le carte in regola, ciascuno nei paesi in cui vive ed opera. Per dirla fuori dagli equivoci, oggi, per l’Italia, per le forze di sinistra, centrosinistra, è essenziale sconfiggere il governo gialloverde, le sue politiche nefaste, per portare in Europa  un Paese il cui Bilancio non solo sia in regola, dal punto di vita dei conti, ma indichi la via di una ripresa, uno sviluppo economico che non è fatto solo di numeri, ma mette al centro la persona. È così, crediamo, che si combatte la “austerità”. Carte in regola allora e il governo gialloverde non ne ha proprio. Quel bilancio fasullo che Conte e soci portano avanti, un “contratto” fra due forze politiche, una cosa a me, una cosa a te. Nascono così il reddito di cittadinanza, quota cento, lo smantellamento del codice degli appalti. Lo rileva guarda caso proprio Cantone, presidente dell’Anac, l’Anticorruzione, l’assalto alla Rai, alle aziende di stato, l’incapacità totale, leggi vicepremier  Di Maio a far rispettare gli accordi siglati nella sede del suo ministero dai grandi gruppi industriali, con le vertenze che crescono, la cassa integrazione che esplode, la disperazione di centinaia di migliaia di lavoratori, delle famiglie, più di un milione sono quelle prive di reddito, senza lavoro.

Usato il debito pubblico da M5s e Lega per attuare il “loro” contratto

Come si è mosso il governo? Ha usato il debito pubblico, chiamiamolo “passivo” che non smuove investimenti, non crea nuove fonti di lavoro, non aggredisce l’arretratezza delle nostre industrie che avrebbero bisogno di “ristrutturazioni”  basate sulle nuove tecnologie, facendo crescere la produttività. Essendo i Conte, i Di Maio, i Salvini, degli sprovveduti in materia, mentre Tria è chiamato all’ingrato compito di far brillare il Bilancio che al primo esame la Commissione lo ha rispedito al mittente con un voto, se possibile, sotto lo zero, basterebbe che tenessero conto di quanto le forze intermedie, in primo luogo i sindacati, Cgil, Cisl, Uil, stanno proponendo. Le stesse organizzazioni degli industriali, del Commercio, dell’agricoltura, hanno preso le distanze dal governo gialloverde.

Confcommercio. Ripresa quasi nulla, il debito continua a salire. Pil stagnante

Dice Sangalli, il presidente di Confcommercio, parlando alla assemblea nazionale della associazione, mentre Di Maio lo ascolta, Salvini aveva altri impegni, elettorali   pensiamo, che  “i 43 miliardi destinati tra il 2018 e il 2020 per quota cento e reddito di cittadinanza porterebbero a una crescita aggiuntiva per non più dello O,7%, una ripresa quasi nulla e impegno di spesa rilevante in uno scenario in cui il debito continua a salire e il Pil è stagnante”. Non solo, sempre Sangalli rileva che un eventuale aumento dell’Iva, 51 miliardi di maggiore imposta porterebbe “dalla stagnazione alla crisi conclamata con un impatto sul Pil di 0,4-0,5 che porterebbero nel 2020 a una crescita pari a zero”.

Moody’s. Il debito dell’Italia continuerà a salire nei prossimi anni

L’allarme sul Pil, dalla stagnazione alla crisi, alla recessione ufficialmente definita, trova nuove conferme. In una nota dell’agenzia di rating, Moody’s, viene sottolineato che il debito pubblico dell’Italia “continuerà a salire nei prossimi anni” e l’obiettivo del governo Conte di un deficit al 2,1% del Pil per quest’anno “manca di credibilità”. Secondo Moody’s, il deficit sarà al 2,6% e il prossimo al 2,7%. “Consideriamo la legge di bilancio 2020 un importante passaggio per valutare l’affidabilità creditizia dell’Italia”, avverte l’agenzia di rating che chiama in causa le politiche complessive del governo Conte, in particolare la flat tax che minaccia di pesare sui nostri conti “per altri trenta miliardi”. Moody’s, specializzata nel dare pagelle (rating) ai vari Paesi del mondo cita anche le previsioni europee di un deficit al 3,5% rispetto al Pil proprio per il mancato aumento dell’Iva. Sempre Moody’s ricorda un evento, un voto su una mozione parlamentare con il quale la Camera ha approvato alla unanimità, poi il Pd ha fatto marcia indietro, la istituzione dei mini bot che, giustamente  l’agenzia di rating definisce “un primo passo verso la creazione di una valuta parallela e la preparazione dell’uscita dell’Italia dall’Eurozona”. Guarda caso una proposta tornata alla ribalta proprio mentre  dalla Commissione Ue arriva la lettera che annuncia l’apertura della procedura di infrazione per debito eccessivo. Sottolinea l’agenzia che prevede di riconsiderare il rating italiano il 6 settembre: “Il semplice fatto che la proposta sia tornata alla ribalta è credit negative”.  Il governo si fa vivo? Vien voglia di gridare al miracolo. Salvini e D Maio si sono incontrati a Palazzo Chigi. Conte in Vietnam ha seguito da vicino, anzi da lontano. I due vice hanno concordato che “il governo deve andare avanti”, che deve avviare un “dialogo costruttivo con l’Europa che rimetta al centro gli italiani, dopo anni di governi passivi”. Poi, paro paro, come si dice a Roma, hanno riproposto tutti gli obiettivi che sono al centro della critiche avanzate dalla Commissione. Manco un accenno alla possibilità di apertura della procedura di infrazione quasi riguardasse altri. “Incontro positivo e proficuo” hanno detto a conclusione.

Torniamo a  Moody’s. L’Italia dovrà cedere? Il pronostico della agenzia  è che Roma sarà piegata, prima ancora che dall’Europa, dalla pressione dei mercati finanziari, che minaccia già di farsi insopportabile. Un sentimento negativo degli investitori, spiega l’agenzia, può tradursi in una crescita sempre minore della ricchezza nazionale (il Pil), in un indebolimento del sistema bancario, in una “erosione della forza fiscale”. Condizioni che difficilmente un Paese può sopportare tutte insieme. La Corte dei Conti conferma: “Senza calo del debito non c’è crescita. Bocciati Reddito di cittadinanza e Quota 100”. E sottolinea che “il piano di rientro dal debito  che metterà a punto il governo deve essere credibile”. Poi  pensa  che  all’Italia verrà chiesto per il rientro dal debito “un piano di medio termine”. La Banca centrale europea, sempre Draghi, dal canto suo afferma che “manterrà i tassi di interesse agli attuali minimi”.

Veniamo al giorno dopo. Viene ricordato dai media italiani, e non solo, quella frase pronunciata in italiano da Pierre Moscovici, “la mia porta è aperta”. È la voce dei socialisti, notano alcuni commentatori, “la parte dialogante” della Commissione europea. Nel corso della campagna elettorale non hanno mancato di avanzare critiche alla politica dell’austerity. Ma, notano alcuni osservatori da Bruxelles quando i commissari si sono riuniti a Palazzo Berlaymont, già “visitato” da Conte e Tria a novembre durante la manovra di Bilancio, una revisione mai mantenuta, l’isolamento dell’Italia era palpabile.  E la Commissione ha deciso, anche se in scadenza a fine ottobre. Ha raccomandato in base all’articolo 126.3 del trattato sul funzionamento dell’Ue, l’apertura di una procedura di infrazione sul debito, ventilata già a novembre dell’anno scorso, rimandata sulla scorta di un accordo poi raggiunto con Roma, di fatto tenuta in caldo per dopo le europee. La procedura  potrebbe scattare già all’Ecofin, la riunione dei ministri finanziari, del 9 luglio prossimo e sarebbe la prima in tutta la storia dell’eurozona. Non si comprende di cosa dovrebbero andar fieri i gialloverdi che scaraventano l’Italia in un burrone senza fondo. Non solo. Il rischio di isolamento si riflette su ogni atto compiuto dal governo. Anche la richiesta di  avere un posto di rilievo nelle nomine dei vertici Ue sembra svanire nel vuoto. Si fa notare a Bruxelles che il voto delle elezioni europee ha reso possibile una maggioranza tra Popolari, socialisti, liberali. Sovranisti isolati in un  sogno eversivo dal voto popolare. Si dà per certo, a Bruxelles e lo scrivono anche quotidiani italiani, che la prossima Commissione non ribalterà le linee anche se non potrà non tener conto delle condizioni politiche che si stanno creando. Lo stesso Juncker non a caso nel corso  della campagna elettorale ha riconosciuto che la linea della austerity non aveva dato i risultati sperati. Una sorta di autocritica che le forze di sinistra devono far valere combattendo contro le campagne sgangherate dei sovranisti, la peggiore destra che ristagna in Europa. Non è un caso che Dombrovskis, Moscovici, si congratulano con la Spagna di Sanchez, chi usa la procedura di infrazione che era stata aperta. Graziata anche la Francia avendo rispettato “due criteri del debito e del deficit”. Il deficit ha superato il tetto del 3%, 3,1 scrivono alcuni quotidiani italiani, parlando di due pesi e due misure, ma solo per il 2019. Graziati anche Belgio e Cipro. La Ue in sostanza  chiede a Roma una legge di stabilità di oltre 30 miliardi di euro per il 2020, insieme al rafforzamento della lotta contro il lavoro nero e l’evasione fiscale, riorientamento degli investimenti verso la ricerca, innovazione e qualità delle infrastrutture, ridurre la durata dei processi e ristrutturare le banche medie-piccole: sono le 5 raccomandazioni sfornate oggi. Martedì il Comitato economico e finanziario dell’Ue sfornerà il parere sulla base delle raccomandazioni della Commissione (per l’Italia sarà presente il direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera). Quindi entro due settimane al massimo, a Palazzo Berlaymont prepareranno un’altra raccomandazione in tre capitoli, per specificare che tipo di procedura chiedono agli Stati membri per l’Italia, quanto lunga, 5 o 10 anni, a quali condizioni. mediatico.

Richiami e raccomandazioni di Bruxelles ai paesi europei

Alla Germania  ancora un richiamo perché deve ridurre un surplus di bilancio che resta superiore ai limiti di tolleranza fissati per gli squilibri macroeconomici e che pesa anche sulle spalle dei sui partner. Bruxelles ha  raccomandato a Estonia, Lettonia, Danimarca, Bulgaria, Malta e Svezia di lottare contro la pratica del riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite. Ha poi assicurato che “combatterà la pianificazione fiscale aggressiva” portata avanti da Olanda, Ungheria, Irlanda, Malta, Lussemburgo e Cipro. La Grecia ha fatto notevoli progressi ed è tornata a finanziarsi sui mercati, ma ora rischia di derapare dal percorso virtuoso a causa del pacchetto di misure annunciate il mese scorso. Ungheria e Romania attuano politiche espansive senza approfittare della congiuntura favorevole per risanare le finanze pubbliche, come previsto dalle regole Ue, e dovrebbero essere soggetti ancora quest’anno e il prossimo alla procedura per ‘deviazione significativa’. Ci sono poi il Belgio e Cipro. Il primo ha evitato la procedura grazie a un deficit nominale che compensa il saldo strutturale. E Nicosia, dove il deficit nel 2018 ha toccato il 4,8%, si è salvata grazie alle eccedenze di bilancio previste per il 2019 e il 2020.

Da jobsnews

 


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