Nel corso della presentazione della Fondazione Antonio Megalizzi Luana Moresco è intervenuta con un discorso, che riportiamo integralmente, a nome di tutta la famiglia Megalizzi per ringraziare del sostegno offerto al fine di tramandare la memoria di Antonio e del suo impegno nel credere in un’Europa unita.
La Fondazione è stata presentata nel Palazzo della Provincia di Trento il 7 luglio 2019. Nata su iniziativa della sua famiglia, il padre Domenico, la madre Annamaria, la sorella Federica e la fidanzata di Antonio, Luana Moresco, avrà il compito di organizzare e favorire la formazione dedita alla ricerca e studio su temi legati all’Europa e nel settore dell’informazione giornalistica. La Fondazione vede il sostegno e il contributo della Provincia di Trento, Comune di Trento, della Federazione nazionale della stampa, del Sindacato e Ordine dei giornalisti del Trentino Alto Adige, Usigrai, Rai, Università di Trento, Articolo 21, RadUni. La Fondazione, seguendo esclusivamente le direttive della famiglia Megalizzi, si metterà a disposizione di chi aderirà per collaborare al fine di sviluppare progetti di attualità e rilevanza sociale e favorire una maggiore conoscenza nelle scuole.
«Grazie di essere qui, a condividere con noi un momento così importante. Vorremmo ringraziare innanzitutto le tante persone, enti ed istituzioni che ci sono stati vicini in questi mesi così difficili, aiutandoci a concretizzare un progetto importante; un progetto che ricordi la straordinaria persona di Antonio tramite una Fondazione a suo nome che, nel tempo a venire, porterà avanti i suoi obiettivi, e parte di quelli che erano i suoi sogni. Grazie dunque per l’interessamento, per il supporto ed in tanti casi per l’affetto: nulla di tutto questo era scontato.Antonio era un comunicatore. Un artigiano della parola. Un incubatore di idee, che credeva nell’importanza di essere informati e di informare. Fin da piccolo era sempre stato affascinato dalla potenza della radio e dalla forza della scrittura. Aveva una dote, tutta sua: sapeva coniugare la precisione del linguaggio con una punta di sagace ironia (a volte di sarcasmo). Ma tutto questo accadeva sempre dando il giusto valore ad ogni singola parola, nel rispetto di fonti e fatti, affinché tutto conservasse un giusto equilibrio. Non era fazioso: lui parteggiava solo per quella che intimamente riteneva essere la verità.
Nel suo lavoro ha sempre seguito un filo conduttore: la voglia di stimolare il senso civico e la capacità critica di ognuna delle persone con le quali si confrontava. Che accadesse di persona, attraverso i social, oppure in onda alla radio, amava raccontare il mondo, e cercava di arrivare a tutti. Negli ultimi anni aveva scelto di raccontare l’Unione Europea, per renderla comprensibile senza mai banalizzarla. Un compito difficile, che a lui piaceva così tanto da ritenere il suo lavoro quotidiano persino meglio di una vacanza. Abbiamo perso un figlio, un fratello, un amico, un compagno fuori dal comune. Per questo per noi è così importante ricordare il suo lavoro e cercare di dare, per quanto sia possibile, un senso a qualcosa di insensato, creando un’entità che possa tenere viva la sua memoria. La Fondazione Antonio Megalizzi vuole portare il suo messaggio nelle scuole, nelle università, nei punti di incontro in tutta Italia per confrontarsi, nel rispetto del pluralismo, sulla nostra attualità, per fornire ai giovani gli strumenti per distinguere la realtà dalle false notizie, per raccontare a tutti l’Unione Europea, per promuovere l’informazione e il giornalismo.
Sappiamo di esserci posti un obiettivo ambizioso. Parlare di giornalismo, di mondo radiofonico, di Europa, non è semplice. Ma Antonio era ambizioso, e questa Fondazione che porta il suo nome non potrebbe essere da meno, nel tentativo di restituirgli almeno in piccola parte quell’opportunità che gli è stata portata via così ingiustamente. Sappiamo che non riusciremo a fare tutto questo con la stessa vitalità, ironia ed eleganza di Antonio, ma ci proveremo. Lui ci avrebbe spronato a fare sempre di più e sempre meglio. Forse avrebbe trovato qualche frase ad effetto. Forse ci avrebbe corretto qualche aggettivo. Ma sappiamo che di certo avrebbe sorriso, che avrebbe sdrammatizzato, e che sarebbe profondamente orgoglioso di questo percorso che oggi iniziamo nel suo nome, e nel suo ricordo. Vi ringraziamo se vorrete fare parte di questo percorso assieme a noi».