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Diritti negati, dalla Cina a casa nostra

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di Francesca Fanuele

“Tutto passa, fernisce e se scuorda”, recita un vecchio adagio napoletano.
Ma quando si tratta di uomini e del loro bisogno di “sicurezza”, invece, nulla passa, finisce e si scorda. Perché si può cambiare latitudine, tempo, possono cambiare le persone, la politica, la tecnologia, il mondo insomma. Ma il desiderio e il bisogno di sicurezza per gli uomini resta sempre quello. Cristallizzato e immutato. Ovunque.
E non sono io a dirlo, ma gli scritti. Che a differenza delle parole non volano ma restano.
Era il lontano 1954, infatti, quando veniva pubblicata la versione definitiva della Piramide di Maslow sui “bisogni dell’uomo”. E da quella data, rispetto a questi temi, nulla è cambiato.
Già allora, infatti, e parliamo di ben 65 anni fa, nella  piramide stilizzata dallo psicologo americano Abraham Harold Maslow, famoso proprio per aver messo nero su bianco, mattone su mattone, la gerarchia dei bisogni dell’uomo, la “sicurezza” risulta fondante. Prioritaria. Per ogni essere vivente
Ovvero dopo i “bisogni fisici”, che per ovvi motivi sono i primari, come respirare, mangiare e dormire, al secondo posto delle necessità per ogni uomo c’è il concetto di “sicurezza”. Declinata, certo, in tutte le sue sfumature possibili: sicurezza e stabilità finanziaria, sicurezza nel senso di protezione dai rischi della salute o più semplicemente sicurezza di poter sopravvivere. Ma comunque sicurezza. Quella necessità insita e ancestrale in ogni essere umano che ha permesso e permette la conservazione della specie.
Per la cronaca al terzo posto, subito dopo, c’è il bisogno di “appartenenza sociale”. Che poi, in realtà, ha sempre molto a che fare anche con il concetto di sicurezza.  Perché è quella necessità di sentirsi “parte di un gruppo”. Piccolo o grande, purché sia. Ma questa è un’altra storia.
Tornando al bisogno primario di sicurezza insito nell’uomo, si capisce bene quanto sia dunque attuale il tema scelto quest’anno per la nona edizione di Trame, “Voi che siete sicuri”. Incipit illuminante, seppur nella sua brevità, della poesia di Primo Levi Se questo è un uomo.
Parole, scrive il direttore Gaetano Savatteri, che “servono a capire quanto il bisogno di vivere sicuri sia un’esigenza fondamentale dell’umanità, a condizione che la sicurezza valga per tutti: per chi è forte e per chi è debole, per chi sta fermo e per chi si muove, per chi accoglie e per chi viene accolto”.
Questione non da poco visti i tempi che viviamo. Dove la sicurezza personale sembra non essere più considerata diritto ma un privilegio. O, cosa ancora più grave, un diritto esclusivo concesso solo a pochi invece che a tutti. E in particolare a quei pochi che nella loro storia personale sono stati favoriti dalla sorte.
Perché solo di sorte si tratta, non certamente di merito, quando si viene al mondo in  un paese piuttosto che in un altro. In una città piuttosto che in un’altra. In un quartiere piuttosto che in un altro. E la fortuna, come canta la Bandabardò, non dipende certo dalle nostre qualità o dal nostro impegno, ma “è solo un fatto di geografia”. Come sanno bene le migliaia di persone costrette ogni giorno nel mondo a spostarsi per cercare un lavoro, una casa o semplicemente per salvarsi la pelle. Nati, per caso, in un paese dove i diritti fondamentali per esempio non vengano affatto rispettati.
Direte, in Italia siamo a posto, c’è la Costituzione. Che affronta il tema della sicurezza sociale sulla base dei principi di solidarietà (art. 2) e uguaglianza (art. 3), per garantire l’erogazione di beni e servizi a favore dei cittadini che si trovano in condizioni di bisogno (art. 32 e 38). Vero. Ma, ahimè, la Carta fondamentale non sempre viene “onorata”.
E infatti nel 2019 ci ritroviamo sempre più spesso a dibattere di come i principi di uguaglianza, protezione, sicurezza vengano declinati a seconda dei casi. Mettendo “prima” la sicurezza di alcune categorie di persone a sfavore di altre, “prima” i diritti di alcuni gruppi di persone a discapito di altri.
Con la politica che spesso cavalca per meri interessi elettorali questa guerra tra poveri in nome del diritto.
Ma la questione è controversa e complessa. E non di facile soluzione. Perché poi esistono anche le richieste di sicurezza e le paure dei cittadini che devono essere prese in considerazione e soddisfatte dallo Stato. E la questione non è limitata all’Italia. Ma riguarda tutti i paesi. Anche i più lontani.
Per tutto questo, credo che sarà molto interessante sentire cosa ne pensi della questione dei diritti negati o goduti solo da una parte della popolazione (“voi che vivete sicuri…”) lo scrittore cinese Qiu Xiaolong che a Trame 09 verrà a presentare il suo ultimo lavoro, Il respiro del drago, Marsilio editore.
Lui, che è stato costretto a lasciare il suo paese proprio perché non più tutelato dallo stato. Anzi addirittura perseguitato perché considerato troppo contiguo agli studenti di Tiananmen.
Oggi vive negli Stati Uniti, scrive i suoi romanzi in inglese, e sembra abbia riconquistato una “sua” sicurezza. Scopriremo se è proprio così…

Da mafie


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