Dario Ianes (Università di Trento) tira le somme: “Più che in altri anni, il sostegno è stato assegnato a docenti senza competenza. E anche i corsi non risolvono, entra pure chi non è abilitato. Per troppi il sostegno è ancora una scorciatoia per arrivare alla cattedra”. Propositi per il prossimo anno: “Investire sulla scuola media, dove i problemi sono maggiori”
ROMA – Si chiude un anno “andato male, almeno per l’inclusione scolastica”. E’ l’ultimo giorno di scuola, in buona parte delle regioni italiane: ed è tempo di bilanci, ma anche di buoni propositi per l’anno che verrà. Tra i “temi caldi” dell’anno che si chiude, c’è stato certamente quello dell’inclusione, oggetto anche di un decreto attuativo della “Buona Scuola”, che proprio nelle ultime settimane è arrivato in porto. Ma “dal punto di vista della vita reale, il 2018/2019 non è stato un anno positivo”. afferma Dario Ianes, interpellato da Redattore Sociale per dare un ‘voto’ al lavoro fatto in tema d’inclusione. Perché? “Sopratutto perché, quest’anno più che negli anni passati, le scuole hanno dovuto assegnare il posto di sostegno anche a chi non aveva alcun titolo, specializzazione o competenza. Ce lo riferivano anche gli studenti che nei giorni scorsi hanno sostenuto le prove di ammissione al corso di sostegno dell’Università di Trento: alcuni ci raccontavano di aver avuto il posto di sostegno in una condizione di massima precarietà, dal punto di vista lavorativo ma anche della formazione. Un ragazzo laureato in Architettura, per esempio, ha fatto sostegno alle scuole medie”.
Ma cos’è che non funziona? E perché gli insegnanti di sostegno sono così difficili da trovare? È un difetto cronico del nostro sistema – spiega Ianes – di cui ora il ministro si è accorto, tanto che ha promesso di formare 40 mila insegnanti specializzati in tre anni. Tra giugno e luglio partiranno i corsi per i primi 14 mila. Ma non si risolverà la questione, perché il problema è un altro: i corsi, per le secondarie di primo e secondo grado. sono aperti a tutti, non sono richiesti requisiti o competenze specifiche sul sostegno: entra anche chi non è abilitato. Così accade che tanti vedano il sostegno come una scorciatoia per entrare di ruolo e passare, dopo cinque anni, sulla cattedra comune. Di qui anche la grande richiesta: tanto per fare un esempio, al Suor Orsola di Napoli si sono presentati 10 mila candidati per mille posti!”.,
Diversa e migliore la situazione nella scuola dell’infanzia e primaria, dove “serve invece la specializzazione e quindi è garantita almeno una competenza di base”. In definitiva, “il problema di specializzare gli insegnanti sostegno è enorme – spiega Ianes – Questi corsi tentano di affrontarlo, ma almeno la prima tornata difficilmente migliorerà la situazione, se non si troverà il modo per arrestare questo deflusso continuo sulla cattedra normale. Bisogna rivoluzionare il sistema”. Separare le carriere, come chiedono alcuni? “Non credo che funzionerebbe: pochi sceglierebbero il sosteno a vita. E comunque si creerebbe una sorta di ‘corpo speciale’, che legittimerebbe, incrementandolo, il meccanismo di delega dell’inclusione all’insegnante di sostegno, già radicato e diffuso”.
La questione, insomma, resta aperta e irrisolta, ma “il proposito per il prossimo anno è di concentrarsi soprattutto sulla scuola secondaria di primo grado, garantendo competenze e specializzazione agli insegnanti di sostegno, così come già si fa nella primaria e nella scuola dell’infanzia. Intervenire sulla scuola media è fondamentale – conclude Ianes – perché è qui che l’inclusione è più carente. Ed è qui, durante quei tre anni, che i ragazzi attraversano una fase di transizione particolarmente delicata”. (cl)