Avevano in mano le penne a 4 colori che gli avevo regalato sulla nave arancione che li aveva salvati. Io ho una fissazione per le penne a 4 colori e ne porto sempre con me una piccola scorta.
È stato così che ho ritrovato quei 4 bambini con in tasca 3 penne a 4 colori (ne avevo solo 3 quell’ottobre del 2016 quando mi sono imbarcata per la prima volta su una nave umanitaria. Avevo già fatto 5 missioni su navi militari: ma i militari ad un certo punto hanno smesso di portare giornalisti in zona SAR. Senza una spiegazione. Così come senza una spiegazione hanno smesso di parlare con noi e di mandarci i comunicati delle operazioni di ricerca e soccorso. Così siamo saliti a bordo delle ONG per fare il nostro lavoro: documentare le migrazioni forzate dall’Africa attraverso il Mediterraneo Centrale.
Mariham, Jacob, Youssuf e Hassan viaggiavano da soli su un gommone intercettato dalla nave umanitaria Aquarius nel 2016. Il più grande aveva 12 anni. Si dicevano fratelli ma a quanto pare solo due lo erano. Gli altri non erano fratelli di sangue ma di viaggio. Mariham aveva solo 2 anni e mezzo e aveva conquistato tutti con la sua energia e voglia di vivere. Quando i soccorritori della ong l’hanno presa aveva solo una maglietta “rossa” e le mutandine. A bordo le hanno messo un pannolino e così è scesa da quella nave prima di essere accolta in una comunità per bimbi stranieri senza genitori. Ho saputo che la Croce Rossa ha trovato e riconsegnato Mariham alla sua famiglia. Con loro c’erano anche Alice, 9 anni e Mary, 11 con i loro genitori. Ricordo Mary perché appena presa a bordo, non si reggeva in piedi mentre Alice sembrava molto più forte. Le regalai il mio elastico di gomma che teneva vanitosa al polso.
Ahmed ha imparato a mandare i baci volanti sulla stessa nave l’anno dopo: con lui furono portati a bordo da diverse imbarcazioni altri 100 bambini insieme a 400 adulti di diverse nazionalità. Impossibile tenerli tutti a bada durante la traversata verso la Sicilia. Ogni tanto mi toccava prenderne uno che si intrufolava nella zona degli adulti maschi e lo riportavo alla mamma nella shelter room.
Maria non la dimenticherò mai con i suoi sette giorni di vita con le 4 tutine addosso fradicie di acqua di mare, feci e pipì. La mamma era svenuta per gli stenti e mi fu messa in braccio da un uomo che – salito a bordo della Sea Watch3 nel 2018 – non si reggeva più sulle sue gambe. Sabrina invece era in braccio alla mamma che a bordo la allattava amorevolmente.
Henry l’ ho incontrato sempre sulla Sea Watch3 quest’anno mentre imparava a muovere i primi passi a poppa della nave interdetta per giorni all’ingresso a Malta dove poi verranno accolti.
Nella missione dell’aprile 2018 il comandante della Sea Watch3 si chiamava Pia Klemp, prima era al comando della nave Iuventa della ong tedesca Jugen Rettet, unica nave ufficialmente sotto sequestro a Trapani e lei tra poco sotto processo per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Rischia fino a 20 anni di carcere. Eravamo sul ponte di comando in zona SAR alle prese con un gommone dal quale 94 persone si lanciavano a mare vedendo arrivare una motovedetta libica e gridando “No Libia”. È lì che mi ha detto: “Ci dicono che siamo in combutta con i trafficanti. Ma come gli viene in mente? Io che trovo i trafficanti ributtanti! La verità è che noi siamo lo specchietto per le allodole per nascondere il fallimento delle politiche migratorie dei paesi europei”.
Carola Rakete, come Pia Klemp, rischia fino a 20 anni di carcere. Hanno sbagliato? Jacob, Jerome, Mohamed, Youssuf, Maria, Alice, Mariham, Sabrina e tutti gli altri sopravvissuti grazie a loro, ringraziano.