La recente approvazione del Senato delle modifiche all’art. 416 ter c.p. relativo allo “scambio elettorale politico-mafioso” sembra non tenere conto della verifica storica che l’aggravamento delle pene non ha mai scoraggiato i criminali dal perseguire nelle loro condotte illecite.
Il clima pre-elettorale che contraddistingue lo spirito e il contenuto del dibattito politico ormai da molti mesi sembra aver fatto dimenticare la lezione dell’illuminista Cesare Beccaria, l’autore di “Dei delitti e delle pene”.
La legge del 2014 sul voto di scambio politico-mafioso, a detta dei magistrati, funzionava ed è stata applicata con efficacia. Col nuovo testo di legge approvato dal Senato che per i proponenti cancella le storture (?) della precedente, a detta di esperti invece si sono introdotti molti elementi di dubbia efficacia e di incostituzionalità.
Chi sono i soggetti appartenenti alle associazioni mafiose? Tecnicamente solo quelli che hanno subito una condanna definitiva o anche quelli che hanno subito una misura patrimoniale preventiva o quelli definiti tali da vox populi.
Alla legge del 2014, sul voto di scambio, in cambio dell’erogazione o promessa di lavoro o di altra utilità è stata aggiunta anche la disponibilità (del politico) a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione mafiosa. La pena per questa fattispecie è quella stabilita dal primo comma dell’art. 416 bis, con questa aggiunta: “Se colui che ha accettato la promessa di voti è eletto si applica una pena raddoppiata” disattendendo così il dettato costituzionale della proporzionalità delle pene per reati gravi ma differenti.
Rimane insoluto un altro quesito, cioè la difficoltà di confermare la tassatività della norma penale, che presenta un alto probabile di incostituzionalità.
Ogni qualvolta l’antimafia è stata usata come arma per fare propaganda politica o per affermare che la propria antimafia è l’unica vera e che “la mafia fa schifo” abbiamo visto crollare carriere politiche, mediatici campioni dell’antimafia finire in galera, mentre la mafia, quella vera, sempre capace di adeguarsi ai tempi nuovi, è diventata sempre più invisibile e opaca, mantenendo la propria presenza nella società, nell’economia, nella politica, sparando di meno ma corrompendo di più.
Le mafie scompariranno quando non avranno più appoggi dalla mala politica e dalla mala economia.
Inoltre la lotta antimafia delle forze politiche e sociali deve dispiegarsi nella prevenzione politico-culturale e nella rottura di ogni legame con le aree grigie, gli intermediari e i mafiosi.
La legge Rognoni-La Torre, prima legge antimafia, genitrice della legislazione antimafia, in questi trentasette anni ha dato gli strumenti efficacissimi alla giustizia per la repressione. Tocca alla Politica il compito non di raddoppiare le pene, ma di prevenire il reato prima che sia consumato, a iniziare dal voto di scambio.
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