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Un tempo si chiamava arroganza del potere: l’assurdo caso del collega Scanagatta

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Ubaldo Scanagatta è un collega che non si occupa di mafia o di investigazioni e casi di cronaca nera, è un giornalista che da quasi 50 anni scrive di tennis, sport di cui è uno dei maggiori esperti italiani e che ha praticato con successo (arrivando vicino alla prima categoria del tempo) negli anni giovanili. Premessa necessaria per capire la gravità, proprio dal punto di vista della professione giornalistica e della difesa dell’articolo 21 della costituzione, di quanto accaduto a Scanagatta nei due giorni finali degli internazionali di tennis al Foro Italico di Roma.

Ubaldo ha scritto per decenni su La Nazione, giornale della sua città, di cui ora è collaboratore: pubblica quindi articoli su tutti i giornali del gruppo che come sappiamo sono tre (Nazione, Resto del Carlino e Giorno) e su un giornale on line da lui fondato e diretto, Ubitennis, che fa parte dello stesso network.

Dopo il ritiro di Federer, Scanagatta scrive un pezzo in cui riporta le parole stesse del grande campione svizzero relative alla pessima gestione dei campi al Foro Italico, sottolineando che lui aveva già contestato all’arbitro il fatto che le righe dopo la pioggia di quei giorni non venivano asciugate e questo costituiva un rischio per i giocatori. E infatti Federer è poi scivolato su una riga bagnata e ha deciso di ritirarsi per problemi fisici, suscitando ovviamente una forte delusione nel pubblico.

Arrivando in sala stampa il giorno dopo, Scanagatta viene bloccato e gli viene mostrata la lettera di ritiro dell’accredito per pretesa violazione da parte sua dell’obbligo “di non svolgere attività giornalistica per media diversi da quello che hanno richiesto l’accredito di cui è in possesso”.

Senza accredito viene ovviamente impedito al collega di svolgere la sua attività giornalistica proprio nei giorni decisivi del torneo. Ubaldo, giustamente, rifiuta ogni mediazione che non gli garantisca la possibilità di scrivere per tutte le testate del network. Si mette a fare il suo lavoro dalla sola area dove ormai è entrato, cioè il suo desk in sala stampa. E qui comincia la vicenda più paradossale.

Come scrive lo stesso Scanagatta: Da due a quattro persone, che presumo agenti della sicurezza, si sono avvicendate agli ingressi, guardandomi alle spalle mentre scrivevo al computer, telefonandosi fra loro se appena mi alzavo, se facevo due metri qua o là.  Uno di loro mi ha seguito fino alla vicina toilette.”

Ovviamente il giorno dopo, quello della finale, Scanagatta si compra un biglietto e cerca di lavorare come può senza avere accesso a nessuna delle aree riservate alla stampa. E qui la situazione va oltre il paradossale e diventa veramente inquietante! In mattinata Ubaldo parla della sua situazione con i vertici della Fnsi, dell’Ordine e della Stampa Sportiva, poi cerca di fare egualmente il suo lavoro anche se con la massima difficoltà, perché può muoversi solo come un normale spettatore e non come un giornalista.

Scrive ancora, non smentito, Scanagatta:“Fatto sta che, sebbene a quel punto io fossi un libero cittadino che si era acquistato un ground, come sono arrivato nei pressi della zona stampa, mi sono accorto di essere seguito ovunque. Da due, tre “agenti” con tanto di accredito – non ho chiesto la loro qualifica, quindi non so per quale società, compagnia o corpo lavorassero – e nel tardo pomeriggio anche da quattro “agenti”. Non credo fossero armati. Non mi pareva il caso di filmare con il cellulare, ma una foto a riprova di quel che sto scrivendo ce l’ho. Così come tre testimoni.” E incredibilmente il pedinamento è durato fino alla fine della giornata, a finale finita, e ancora una volta fino alla toilette! Un metodo, ripeto, più che inquietante e forse anche illecito visto che in quel momento Ubaldo Scanagatta era solo un qualsiasi spettatore pagante.

E’ una vicenda che a me sembra opportuno far conoscere ai colleghi perché, al di là del merito della questione dell’accredito e del numero di testate per cui si può scrivere (anche se con una regoletta del genere i giovani non so come possano fare, visto che in questi casi si scrive per almeno cinque o sei testate on line) dimostra come non ci siano più freni nel porre limiti al libero svolgimento dell’attività giornalistica, nessun rispetto per questa professione, nessun rispetto nemmeno per l’articolo 21 della Costituzione, nessun ritegno nell’esercitare quella che 40 anni fa avremmo chiamato arroganza del potere.

Ora ovviamente si apre una vicenda legale e spero un intervento di Ordine e Fnsi: il dubbio che Scanagatta, esercitando il suo sacrosanto diritto di critica, abbia pestato i piedi dell’intoccabile presidente della Fit Binaghi più che altro è una certezza, come lo è il fatto che i due hanno già avuto una vicenda giudiziaria finita con la vittoria di Scanagatta.

 

 

 


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