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Tra pochi giorni l’inizio della dismissione di Radio Radicale. Cosa si può fare e cosa ci stiamo perdendo

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“Processo a Manlio Cerroni e a Francesco Rando per disastro ambientale (discarica di Malagrotta)”, “Processo Cucchi bis”, “Processo a Scaroni più altri per tangenti Eni pagate in Nigeria”: ecco cosa stiamo per perderci dal 21 maggio. Il giorno prima scade la convenzione tra il Ministero dello sviluppo Economico e Radio Radicale e da quel momento molte, troppe, notizie ci saranno precluse, diciamo pure “nascoste”. La corsa contro il tempo intrapresa ormai da molti mesi sta per concludersi. E siamo perdenti. Per ora. Ci sono state molte iniziative per evitare che Radio Radicale smettesse di trasmettere ma finora è stato difficile, anzi inutile sul piano concreto, convincere il Governo almeno ad accordare una proroga del contratto di convenzione per la trasmissione dei lavori parlamentari a questa radio, la quale però fa anche molto altro e, per esempio, è l’unica che sta seguendo processi fondamentali per capire cosa è accaduto in alcune vicende gravissime e specifiche del Paese che, tutte insieme, possono delineare la nostra Storia più recente, anzi contemporanea. Il processo per il disastro di Malagrotta, per esempio, è uno di questi tasselli e nessuno altro ce lo racconterà dopo il 21 maggio, questo è un dato più che certo. E che, da solo, basterebbe a rendere indispensabile mantenere viva  la voce di Radio Radicale, ridotta nella vulgata del Movimento Cinque Stelle ad una “emittente di partito”, quando tutti sappiamo che da venticinque anni svolge un servizio di pubblica utilità sancito in un contratto, prorogato solo perché non c’è stata una nuova gara, che, comunque, non si è pensato neppure di rinnovare. Cosa succederà il 21 maggio? Intanto comincerà la progressiva dismissione. Ci sono fondi utili per pagare gli stipendi di maggio ma non quelli di giugno e, ad ogni modo, non sarà possibile continuare a coprire le spese degli impianti di trasmissione e se si interrompe la trasmissione questo può incidere sulla validità delle concessioni.

La Lega ha depositato intanto un emendamento al cosiddetto decreto-crescita in sostegno di Radio Radicale e con il quale si chiede una proroga di sei mesi della convenzione con il Mise. Il tutto in attesa di effettuare una gara per l’affidamento del servizio, previo il coinvolgimento di Rai Parlamento, ossia il segmento del servizio pubblico che potrebbe effettuare la stessa offerta di Radio Radicale e che da  anni trasmette informazione istituzionale tramite Gr Parlamento. Però la posizione della Lega si scontra con quella dell’alleato di Governo: il sottosegretario all’Editoria Vito Crimi ha ribadito ancora la scorsa settimana che non c’è alcuna volontà di prorogare la convenzione. Tra l’altro questo emendamento si concretizzerà proprio il 21 maggio, primo giorno seguente alla scadenza del contratto. Sul fronte delle trasmissioni parlamentari questa settimana non sarà possibile comprendere le conseguenze della fine del rapporto poiché non ci sono sedute. Si riprende il 28 e da qual momento la radio proseguirà il suo lavoro. Ma per quanti giorni ancora? Sul fronte della solidarietà si susseguono moltissime iniziative, oltre a quelle della stessa Radio Radicale. Sarà sufficiente? Ed è possibile immaginare ora di non poter più ascoltare le dirette parlamentari e quelle di processi che hanno segnato la storia del Paese? Anche questo momento storico di oscurantismo chi lo seguirà in diretta?


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