Tra Lega e 5 Stelle il distacco si allunga e il guinzaglio si accorcia. Salvini ha detto che non vuole un regolamento di conti , né altre poltrone, ma solo “accelerare sul programma”. Tradotto: se fate quello che vi dico si va avanti, altrimenti sarete voi a rompere e io incasserò i voti anche di chi chiede continuità. Per Di Maio-stai-sereno l’alleanza è diventata scorsoia, ma non può intestarsi una crisi. Anche perché il PD – nonostante il suo progresso – non è ancora pronto per offrirgli un’alternativa, mentre la Meloni scalpita per governare col capitano.
Lo stallo sembra perfetto. Ma c’è un elemento che potrebbe romperlo: la lettera della UE sui conti fuori controllo e la manovra di fine anno piena zeppa di clausole di salvaguardia e buchi nelle entrate, con il rischio di voragini se il carroccio impone la flat tax. Forse solo il dramma di conti rossi e piazze nere potrà risvegliare la sinistra. Che dovrà finire di asserragliarsi nella ZTL per impegnarsi a fare “cose di sinistra” come case popolari e lavoro ai giovani, con un’attenzione all’ambiente vera. Zingaretti il “temporeggiatore” ora deve uscire dal sorriso e definire il nuovo PD con coraggio e ambizione. Tenere tutti dentro andava bene per non soccombere alle europee. Ma chi la votato “salvo intese” chiede più Berlinguer e zero Pomicino. Ultima chiamata: o presto sentiremo Salvini proclamare “L’Italia è il paese che amo”.
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