Il Brasile, attraverso il suo ministero degli esteri Itamaraty, ha una lunga e consolidata tradizione internazionale equilibrata e di accurato livello diplomatico, anche con esecutivi di orientamento differente. Il governo del presidente Jair Bolsonaro, iniziato il 1° gennaio 2019 dopo un percorso elettorale agitato e poco chiaro, ha invece promosso una politica estera influenzata da elementi ideologici e aggressiva, continuando ed esasperando un indirizzo che si era già manifestato nei due anni precedenti, durante il governo Temer, insediatosi nell’agosto 2016 dopo la deposizione anticostituzionale di Dilma Rousseff.
Le prime settimane di Bolsonaro hanno visto una serie di contatti ufficiali in cui la diplomazia è stata bruscamente offesa:in Paraguay il presidente ha elogiato la dittatura di Alfredo Stroessner, in Cile quella di Augusto Pinochet, negli Usa ha appoggiato le posizioni più rozze e si è fatto fotografare accanto a Steve Bannon in un pranzo formale presso l’ambasciatore. A Brasilia ha ricevuto l’autoproclamato “presidente” venezuelano Juan Guaidó, ha attivato tentativi, poi sospesi, di ingresso non autorizzato di cosiddetti aiuti umanitari in Venezuela, verso il cui governo legittimo esprime minacce bellicistiche. Infine esprime critiche verso la Cina, suo partner nel Brics, mentre opera per smantellare le reti di integrazione regionali.
In questo contesto si collocano anche i rapporti con Israele, o forse sarebbe più esatto dire con Netanyahu.
Già il 12 maggio 2016 in una cerimonia dall’evidente significato simbolico e dall’altrettanto chiaro contenuto offensivo per credenti di varie fedi e spiritualità, si era fatto amministrare, sotto l’attento occhio dei mass media, il battesimo nelle acque del Giordano dal pastore dell’Assemblea di Dio (e politico assai discusso anche dalla magistratura) Everado Dias Pereira. Nel corso della campagna elettorale, e nei mesi precedenti alla stessa, i contatti di Bolsonaro con settori dello stato di Israele erano evidenti, anche se non sempre del tutto comprensibili. Egli, inoltre, inserì nel suo programma presidenziale il trasferimento dell’ambasciata brasiliana a Gerusalemme, ipotesi poi non realizzata per opposizioni nel suo stesso governo. Infatti, durante il viaggio in Israele, fra gli accordi sottoscritti è stata inserita solo l’attivazione a Gerusalemme di un ufficio commerciale.
Altri accordi hanno riguardato l’agricoltura del semiarido, la pesca e collaborazioni tecnico-scientifico-culturali. Il viaggio in Israele ha avuto momenti non facili: la visita al Muro occidentale insieme a Netanyahu o le dichiarazioni irripetibili del figlio Edoardo sui social riguardo a organizzazioni palestinesi. Va ricordato che in altre occasioni visite ufficiali di presidenti brasiliani in Israele avevano mantenuto comportamenti formali e dichiarazioni distensive nei confronti di tutti gli attori del complesso e affollato scenario mediorientale.
Come dunque interpretare un cambiamento così brusco? Dal punto di vista della sostanza il governo presieduto da Bolsonaro, che rappresenta l’estrema destra del Brasile, intende spostare la politica estera da posizioni di multilateralismo e dialogo che hanno, con accentuazioni differenti, caratterizzato diversi lustri a un avvicinamento subalterno a indirizzi di parti dell’establishmentstatunitense e di altri paesi. Questo spiega l’inutile impegno relativo a Gerusalemme.
Dal punto di vista del contesto interno e sul piano simbolico, probabilmente la sovraesposizione nel rapporto con Israele risponde anche a una pressione dei dirigenti politici evangelicali ai quali Bolsonaro deve non poco della sua elezione.
Infine forse si può cogliere una convergenza di interesse politico personale di due leader che necessitano di visibilità: Netanyahu era presente all’insediamento di Bolsonaro il 1 gennaio, quest’ultimo è a fianco di “Bibi” alla vigilia di elezioni non facili.
Certo questa scelta danneggia direttamente il Brasile che vede messo in discussione lo scambio commerciale molto importante con i paesi arabi e minaccia il mondo nel suo complesso trasformando un paese come il Brasile da tempo impegnato nella distensione e nel dialogo in un attore di un certo peso che rinfocola le tensioni in un pianeta già in fiamme.