“Mi chiamo Chiara, ho 17 anni e non ho un futuro”, è questa una delle frasi pronunciate dagli studenti umbri nella mattinata di venerdì 24 maggio a Spoleto. Insieme alle classi dei licei locali, ternani e del folignate, sono intervenuti in un’insolita quanto necessaria manifestazione, nella quale ha partecipato in qualità di cittadino anche il Sindaco Umberto De Augustinis. Lo “sciopero” per il clima, scevro del sostegno politico, è stato indetto dando seguito ai cortei messi in atto il 15 marzo scorso in oltre 123 Paesi per rispondere al grido di Greta Thunberg. Una ragazza come loro, motivata da un reale senso di (re)azione per la salvaguardia del pianeta. A supporto della piazza e della responsabilità civica, c’eravamo io e Vanessa Pallucchi, Presidente Nazionale Scuola e Formazione di Legambiente. Riporto di seguito parte del mio discorso in favore della causa.
Parlare di clima, o meglio, di tutela ambientale per me significa porre l’accento su diverse tematiche tra loro interconnesse e che, pur non essendo esaustive, vorrei brevemente elencare:
1) la cultura che va dalle buone pratiche quotidiane, alla raccolta differenziata, fino all’educazione e al buon senso di non gettare a terra o in mare carte, bottiglie di plastica, gomme da masticare, sigarette, nel migliore dei casi, etc.;
2) l’osservazione metereologica passata e presente, dalla quale possiamo scoprire ad esempio che la temperatura, quindi il riscaldamento globale, è cresciuta di circa un grado negli ultimi 150 anni e questo significa che, indipendentemente dal profitto non ci è più possibile non tener conto dell’impatto e del conseguente danno ambientale che si sta provocando;
3) tenere conto di dossier e informative sul tema, come il rapporto annuale pubblicato proprio da Legambiente sulle ecomafie che riguarda cioè tutte le azioni repressive messe in atto dallo Stato e le ordinanze di misura cautelare emesse nei confronti di chi ha avuto un comportamento lesivo nei confronti dell’ambiente (come l’inquinamento delle acque, dell’aria, dell’ecosistema, della flora e della fauna, della biodiversità, ma anche il disastro ambientale causato dall’abusivismo, e chiunque ovviamente cagioni negli altri lesioni o morte), tutto ciò rientra nella legge 68/2015 la quale introduceva nel codice penale a partire dall’articolo 452 bis e seguenti disposizioni relative ai reati ambientali. Come si leggeva nell’ultimo rapporto di Legambiente, questa norma, è stata applicata in Umbria ben 47 volte, a riprova dell’esistenza sul territorio di un crescente fenomeno criminale, più specificatamente mafioso, e corruttivo. Inoltre, il settore dei rifiuti su scala nazionale è quello dove si concentrava la percentuale maggiore di illeciti e che arrivava a sfiorare il 24%.
Pensare al traffico di rifiuti tossici nocivi mi rimanda inevitabilmente ad uno dei depistaggi di Stato più eclatanti che riguardano il nostro Paese e cioè quello relativo all’uccisione di due giornalisti che nel 1994 in Somalia, a Mogadiscio, stavano appunto indagando… sto parlando di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin su cui la Giustizia deve ancora rendere onore.
4) Siccome informazione è consapevolezza, ciò per me significa anche tenere sotto controllo chi, nonostante evidenze scientifiche di pericolosità, continui a sfidare l’ambiente. Mi riferisco alla rete adriatica, o meglio appenninica. Il progetto che la Snam ha intrapreso nel 2004 con l’obiettivo strategico di far passare un metanodotto di 687 km, completamente interrato che attraversa 3 parchi nazionali e 21 aree protette, dal Salento fino alla periferia bolognese per permettere all’Italia di diventare “hub europeo del gas”. Peccato che a questa visione si contrappongano tuttora tre delle regioni coinvolte, Marche, Abruzzo e Umbria, comitati di cittadini, due provincie e cinque comuni, che rimproverano alla Snam di non aver tenuto sufficiente conto del rischio sismico, idrogeologico, sanitario e faunistico dei territori;
5) Infine, rivolgere la propria cura difendendo l’ambiente da chi si ostina ad alterarne negativamente i suoi aspetti e i suoi contenuti qualitativi e quantitativi. Come ad esempio accade nell’industria dei cibi animali e più specificatamente nel complesso bovino mondiale. Non posso non citare a tal proposito, e nel rispetto della memoria, lo straordinario contributo che il professor Bernardino Ragni, partendo proprio da Spoleto, ha dato alla regione e alla materia stessa: la Wildlife Economy (che prevede, in sintesi, di ricercare fonti alimentari sostenibili e alternative che non abbiano un alto costo ambientale, come i bovini, e che coincidono con la fauna selvatica che potrà poi essere utilizzata nel filone alimentare, venatorio e naturalistico che si traduce in ecoturismo).
Tutto ciò per dire: basta veramente poco, gli strumenti ce li abbiamo, non dobbiamo permettere che il futuro ci venga strappato dalle mani!