«Il tempo a disposizione è ormai esiguo – avvertono i vertici della Fnsi –. In attesa di una riforma strutturale del sistema, è necessaria una moratoria per consentire a Radio Radicale di continuare ad andare in onda e per ripristinare la dotazione del fondo per il pluralismo dell’informazione. In caso contrario, la Radio e anche tante testate che, fino ad oggi, proprio grazie ai contributi pubblici, hanno dato voce a minoranze, territori e comunità saranno costrette a chiudere o a subire gravi ridimensionamenti, anche e soprattutto sul piano occupazionale. È necessario e urgente un provvedimento del Parlamento che impedisca di assestare un colpo mortale al pluralismo dell’informazione».
Numerose le prese di posizione di parlamentari di tutti gli schieramenti dopo le parole di Vito Crimi, al quale ha risposto anche il Comitato di redazione di Radio Radicale. «Abbiamo ascoltato con attenzione l’audizione del sottosegretario all’Editoria in commissione di Vigilanza (come sempre trasmessa in diretta da Radio Radicale). Prendiamo atto che allo stato la volontà del governo resta quella di non rinnovare la convenzione tra il Mise e la nostra emittente», hanno rilevato il giornalisti.
«Per tentare di giustificare questa decisione – ha spiegato il Cdr – il sottosegretario ha descritto una realtà che non corrisponde ai dati oggettivi eludendo le due questioni principali su cui il governo continua a non rispondere: perché porre fine ad un servizio pubblico di interesse generale riconosciuto dall’Agcom e dalla gran parte del mondo politico, accademico, della cultura, dell’informazione e dalla società civile; quale sarà il destino degli oltre cento giornalisti, tecnici, archivisti, amministrativi, dipendenti delle società esterne che perderanno il posto di lavoro».