Il processo contro Concita De Gregorio (assistita da Ossigeno) e Marc Travaglio è in corso dal 2008. Prossima udienza a novembre 2019
Si è tenuta giovedì 23 maggio 2019 la terza udienza del processo d’appello per diffamazione a mezzo stampa in cui sono imputati Marco Travaglio (difeso dall’Avv. Giuseppe Macciotta) e Concita De Gregorio (difesa dall’Avv. Andrea Di Pietro), instaurato su querela della società Mediaset S.p.A.
Il processo è direttamente seguito da Ossigeno per l’Informazione che, tramite il suo Ufficio di Assistenza Legale, ha preso in carico le spese legali dell’ex direttrice de l’Unità, abbandonata a se stessa, insieme ai suoi redattori, dalla società editrice che è fallita in corso di causa.
Concita De Gregorio e Marco Travaglio sono ancora formalmente imputati, anche se pienamente assolti in primo grado, rispettivamente del reato di omesso controllo e diffamazione a mezzo stampa nei confronti di Mediaset. In particolare l’ex direttrice de l’Unità risponde di aver omesso il controllo necessario ad evitare che venisse commesso il reato di diffamazione contestato a Marco Travaglio, il quale, con l’articolo a sua firma dell’8 ottobre 2008, pubblicato su “l’Unità” con il titolo “Mi dispiace confermo tutto”, avrebbe offeso la reputazione di Mediaset S.p.A. con la seguente affermazione: “…Mediaset avrebbe occultato negli anni seguenti centinaia di miliardi di fondi neri su 64 società off-shore”.
Il processo è stato rinviato all’8 novembre 2019 in quanto è imminente la decisione della Consulta sulla questione relativa all’illegittimità costituzionale dell’art. 576 del codice di procedura penale secondo il quale la parte civile – che normalmente è il soggetto offeso dal reato che chiede i danni – può impugnare ai soli effetti civili le sentenze di assoluzione degli imputati. Questa sentenza della Consulta è molto attesa dal mondo dell’informazione. Se infatti dichiarerà la norma incostituzionale, in futuro i querelanti che avessero in animo di proporre appelli strumentali o temerari in sede penale non potranno più. L’unico strumento che rimarrà a chi dovesse trovare inaccettabile la sentenza assolutoria dell’imputato sarà l’appello in sede civile, meno agevole perchè più costoso e con maggiore alea, in quanto comunque si partirebbe da una sentenza assolutoria, definitiva e vincolante nel merito, di cui il giudice civile deve tenere conto.
ASP