di Loredana Colace e Raffaella Della Morte – Le due croniste hanno raccontato con commozione le minacce e le intimidazioni che hanno subito
Si sono abbracciate. Si sono fatte forza, sostenendosi e scambiandosi sguardi, mentre con voce ferma, a tratti rotta per l’emozione, raccontavano pubblicamente le loro drammatiche esperienze di croniste di mafia. Poi si sono abbracciate di nuovo. Marilù Mastrogiovanni, direttrice de Il Tacco d’Italia, e Maria Grazia Mazzola, inviata speciale Tg1, hanno mostrato quanto sia doloroso parlare in pubblico di queste cose e allo stesso tempo quanto sia importante parlarne per rompere l’isolamento e ottenere solidarietà quando si subiscono intimidazioni e minacce a causa di un’attività giornalistica corretta, che ha il solo torto di essere sgradita a qualcuno.
“La solidarietà vince su ogni male e potere illegale”, ha scritto sulla sua bacheca Facebook Mastrogiovanni, pubblicando una foto che ritrae le due giornaliste mentre si abbracciano.
Il 10 maggio 2019, nella Sala della Regina della Camera dei deputati, il loro racconto e il loro abbraccio liberatorio hanno toccato il cuore dei 190 partecipanti al convegno “Molta mafia poche notizie”, organizzato da Ossigeno per l’Informazione, in collaborazione con l’Ordine dei giornalisti del Lazio, con il patrocinio dell’Unesco. L’occasione per parlare di mafia, di notizie oscurate e giornalisti minacciati è stata la celebrazione dell’annuale Giornata Mondiale della Libertà di stampa, indetta dall’ONU.
Marilù Mastrogiovanni e Maria Grazia Mazzola hanno preso la parola nel secondo panel di discussione, dedicato all’informazione sulle mafie e alle difficoltà che incontrano i giornalisti che fanno inchieste.
Mazzola ha raccontato l’aggressione che ha subito a Bari, a febbraio del 2018, da parte di Monica Laera, moglie del boss Lorenzo Caldarola, quando si è avvicinata a lei per rivolgerle delle domande. “Lo Stato liberi i territori dalle mafie, disarmi i mafiosi, perquisisca a tappeto città come Napoli e Bari. É impensabile che giornalisti italiani finiscano sotto scorta perché fanno inchieste sulla mafia”, ha detto. Poi ha ricordato i colleghi assassinati e quelli tutt’oggi minacciati, non solo in Italia. In particolare quelli di Malta e della Slovacchia.
Per affermare la libertà di stampa, il diritto di cronaca, ha aggiunto, oggi “la sfida è sul piano europeo. Abbiamo il dovere di indagare per scoprire tutti i mandanti degli omicidi dei nostri colleghi Daphne Caruana Galizia e Jan Kuciak, quest’ultimo ucciso insieme con Martina Kusnirova. Sono martiri della ricerca della verità”. Parlando del barbaro assassinio di Jan Kuciak, Maria Grazia Mazzola si è commossa “Jan – ha detto – fu pedinato e spiato e fotografato con il teleobiettivo. Quelle le foto furono date ai killer. Vergogna! Vergogna! Io ho ritrovato quelle foto a Bratislava e le ho pubblicate. Ian era un ragazzo meraviglioso, era un collega che andava in giro con i sandali. Proveniva da una famiglia povera. Ha studiato duramente per potere fare giornalismo investigativo nel suo paese. Ho lavorato con le unghie e con i denti per trovare quelle foto. Le ho pubblicate e ho svelato le menzogne dell’ex capo della polizia della Slovacchia sulla ‘ndrangheta nel suo paese”.
Poi Marilù Mastrogiovanni ha raccontato l’attentato subìto per le sue inchieste sulla Sacra Corona unita. Lo ha ricordato con grande emozione, fermandosi un attimo per superare la commozione. L’attentato l’ha costretta ad abbandonare la propria casa e Casarano, la sua città. “Avevo già ottenuto la tutela della polizia quando mi hanno incendiato casa in piena notte, mentre io, mio marito e i miei figli dormivamo”, ha raccontato la giornalista che è recentemente finita sotto processo per una querela da parte di un’azienda raggiunta da un’interdittiva antimafia. Con quella stessa querela, l’azienda di cui aveva scritto Marilù, ha anche chiesto e ottenuto il sequestro del giornale. “A questo punto mi chiedo: da chi devo difendermi io? Di chi devo avere paura? Dei mafiosi o della procura? O di entrambi? Chiediamo che lo Stato sia dalla nostra parte – ha detto in conclusione – dalla parte della verità dei fatti che noi vogliamo difendere. Noi vogliamo difendere i fatti”.
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Da ossigenoinformazione