BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Palagiano, la strage degli innocenti

0 0

di Graziana Carrieri

domenico petruzzelli[1]Si può assistere alla morte della propria madre, del patrigno e del fratellino? Si può dover “fingere di essere morto” per evitare la stessa fine? Si può dover udire la pioggia incessante di proiettili colpire l’auto in cui si sta tornando a casa, vedere accanto a sé corpi inermi? Può un bambino, di soli tre anni ancora da compiere, dover morire a causa di un errore? Si può essere uccisi per sbaglio, perché altri hanno “mirato male” all’obiettivo?
La sera del 17 marzo 2014, sulla statale ionica 106, una famiglia ritorna a casa, a Palagiano, città piegata dalle lotte tra clan, solitamente condotte in silenzio, come una guerra fredda, ma quella volta esplosa in tutta la sua crudeltà. Il piccolo corpo di Domenico è stato freddato da infiniti colpi di proiettili, solo perché in quella stessa auto, una Daewoo Matiz rossa, era seduto in braccio al compagno della madre, Carla Maria Fornari, Cosimo Orlando, vero obiettivo dell’agguato.
Domenico Petruzzelli, figlio dell’omonimo padre, di cui la madre era rimasta vedova, dato che era stato anch’egli ucciso in un agguato sempre di matrice mafiosa, solo tre anni prima, quella sera, un lunedì, aspettava solo di poter entrare nel proprio lettino per dormire, dopo la giornata passata a Taranto. Un’auto, invece, aveva iniziato a speronare la Matiz rossa contro un guardrail: sembrava un semplice incedente stradale ma tale non era; e Carla Fornari se ne era resa conto quasi subito ma già troppo tardi. Era iniziata la tempesta di proiettili, incessante, che colpiva la donna, poi colui che era realmente nel mirino del killer e anche chi non doveva essere coinvolto, non avendo alcuna colpa.
Quella sera, sulla statale ionica, si erano salvati solo i bambini seduti nei posti di dietro, altri due figli di Carla Maria, che senza capire cosa stesse accadendo, per difendersi dal mostro fuori che nel frattempo era anche sceso dall’auto, si erano nascosti, cercando di “mimetizzarsi” tra i corpi fermi immobili in auto. E con l’innocenza tipica della loro età, non avendo mai visto la morte così da vicino, pensavano che la mamma fosse semplicemente svenuta, ma che sarebbe stata pronta a proteggerli non appena sveglia.
E così, la brutalità e le colpe degli adulti sono stati scontati dagli innocenti. Questioni di affari mafiosi, si dirà. Regolamento di conti. E Domenico? Aveva ancora da sognare e da vivere. Aveva solo tre anni. E non aveva alcuna colpa. E morendo così, per mera volontà di qualcun altro, Domenico è diventato il figlio di tutti noi.

Da mafie


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21