Ci ha lasciato a setantanni, dopo aver vissuto almeno due vite, Niki Lauda, l’austriaco della Formula 1, il pilota per eccellenza, capace di regalare gioie incredibili ai sostenitori della Rossa di Maranello e di iscrivere il proprio nome nella leggenda dell’automobilismo.
Un addio triste, come del resto tutti gli addii, annunciato, straziante; una condanna a morte di cui molto si è parlato e molto ancora si parlerà, vissuta con riserbo e sofferenza dal diretto interessato, senza mai cedere alla tentazione di spetacolarizzare o di rendere pubblico il proprio calvario.
Non sorprende, considerando che parliamo della stessa
persona che il 1° agosto del ’76, sul circuito tedesco del Nürburgring, vide la morte in faccia, riuscendo a scampare per miracolo, e per la bravura dei soccorritori (tra cui l’italiano Arturo Merzario), al rogo della sua vettura.
Tornò poco dopo, si rimise al volante e riprese a battagliare, con il volto sfregiato dall’incidente ma una combattività, se possibile, accresciuta dalla sfiorata tragedia, a dimostrazione di una tempra da lottatore che non lo ha abbandonato neanche nei momenti più difficili.
Non era certo simpatico, men che meno accomodante: aveva il carattere tremendo proprio di quasi tutti coloro che hanno un carattere ed era per questo stimato e rispettato, benché fosse difficile amarlo. Aveva, tuttavia, un suo indiscutibile fascino, dovuto al talento, alla grinta, al coraggio sfrontato con cui affrontava ogni sfida, al suo eclettismo e alla sua profonda competenza, nel mondo dei motori e non solo.
Aveva anche una discreta passione per la vita, forse perché l’aveva sempre affrontata di petto, rischiando spesso di perderla e accettando le conseguenze peggiori del suo difficile mestiere. Mai prevedibile, mai banale, sempre in primo piano, protagonista anche con il silenzio e la con l’assenza, Lauda si notava e si noterà comunque. Sapeva, infatti, di essere un numero uno e rifuggiva la falsa modestia, ritenendola un’insopportabile forma di ipocrisia.
Se ne è andato questa notte e già ne avvertiamo la mancanza, se non altro perché quel suo volto simile a un cratere lunare, con tutte le rughe e i segni di un’esistenza vissuta senza mai risparmiarsi, ci lasciava intendere plasticamente la fatica compiuta dall’uomo per andare avanti. Anche se ricco, famoso e osannato; anzi, Lauda, con la sua scontroso grazia, era un emblema della solitudine delle classi dominanti e di quanto esse non siano per nulla al riparo dalla falce del destino.