Accendo Radio radicale e trovo una sorpresa. Paolo Mieli, ex direttore del ‘Corriere della Sera’ e de ‘La Stampa’ sciorina la rassegna stampa di Radio radicale a ‘Stampa e regime’. Mi viene subito in mente Massimo Bordin, elegante giornalista di razza, spentosi a metà aprile, per anni splendido protagonista ogni mattina all’alba di ‘Stampa e regime’.
Lo stile è molto diverso. Bordin, con una voce roca, era incisivo, diretto, ironico nel leggere e nel commentare gli articoli dei giornali. Mieli ha una voce avvolgente, calda, aulica, puntigliosa. I due colleghi, però, hanno un punto in comune: forniscono all’ascoltatore un quadro preciso della giornata politica e danno delle chiavi di lettura degli articoli, evidenziando anche i diversi elementi sommersi.
Giovedì 2 maggio Paolo Mieli si è esibito per un’ora e mezza al microfono di Radio radicale in una straordinaria “messa cantata” di notizie. Ha volteggiato tra pezzi di esteri, politica, economia, cronaca e soprattutto cultura. Non è stato facile perché il Primo maggio, festa dei lavoratori, i giornalisti della carta stampata non hanno lavorato, così mancavano i quotidiani all’appuntamento. Mieli ha rimediato e ha attinto a piene mani a settimanali, mensili, inserti dei quotidiani di qualche giorno prima.
Ad ogni illustrazione di articolo, immancabilmente segue la chiave di lettura politica. Sui cruenti scontri in Venezuela tra Guaidò e Maduro sottolinea lo scarso seguito popolare del primo e il grande consenso del secondo. Indica le rispettive “tifoserie”: gli Usa e Salvini in favore di Guaidò, la Russia e Di Maio per Maduro. Commento: ancora una volta il governo italiano è spaccato, il segretario della Lega si trova accanto al leader della rivolta e a Trump mentre il capo politico del M5S parteggia per l’allievo di Chavez e per Putin. E’ uno strano scambio delle parti durante la campagna elettorale per le europee del 26 maggio. Di solito Salvini è un fan di Putin e Di Maio di Trump, ma le inclinazioni terzomondiste e chaviste dei cinquestelle devono aver pesato sulla scelta.
Il taglio tutto politico dato da Mieli alle notizie si ripete nella visita di Sergio Mattarella a Parigi, dopo il devastante incendio che ha semidistrutto la cattedrale di Notre Dame. Mette a fuoco l’incontro (in quel momento solo annunciato) del presidente della Repubblica italiana con Emmanuel Macron, in una fase nella quale i rapporti tra i due paesi sono pessimi per i continui scontri tra il capo di Stato francese e Salvini (ma anche i rapporti con Di Maio non solo elegiaci).
Lo scontro è furente tra l’europeista Macron e i due vice presidenti del Consiglio sovranisti italiani, anche se tra le due colonne populiste del governo Conte è finita la vecchia intesa e battagliano scambiandosi colpi pesanti. Mattarella può cercare di ristabilire una salda amicizia tra Italia e Francia, avverte Mieli, anche per arrivare a
«una azione comune» tra le due nazioni europee per porre fine alla pericolosissima guerra civile scoppiata in Libia tra il generale Haftar (sostenuto da Parigi) e il premier al Sarraj (appoggiato da Roma).
La cultura è un tema forte per Mieli. Cita un articolo del ‘Corriere della Sera’ sul complottismo: distingue tra le vere congiure come quella che uccise Giulio Cesare nel 44 avanti Cristo e quelle false diffusesi dal 1700, tipo le tesi della massoneria ispiratrice della Rivoluzione francese del 1789. I falsi complotti politici spopolano soprattutto su Internet. Di qui l’invito di Mieli a diffidare «delle tante chiacchiere» esplose sul web . Indica l’importanza «del patrimonio di credibilità» dei giornali nei quali è norma e prassi costante verificare notizie e fonti. I quotidiani sono in forte crisi ma, in genere, continuano a fornire l’unica informazione affidabile.
Parla anche dei radicali. Cita due articoli di ‘Panorama’ critici su due storiche battaglie del partito fondato da Pannella: un pezzo è ostile alla legalizzazione della Cannabis e l’altro è contro l’eutanasia. L’ex direttore ritiene che non sia una coincidenza: «Penso che seguiranno altri articoli critici». Nota con un inciso felpato e pungente: «Non mi risulta che, finora, qualche radicale abbia riposto!».
Radio Radicale sempre di più corre in salita. Tre anni fa è morto Marco Pannella, il suo guru e indomabile animatore. All’inizio del 2019 il sottosegretario all’Editoria Vito Crimi ha annunciato la chiusura del rubinetto dei fondi statali per la funzione di servizio pubblico svolta dall’emittente (un brutto colpo che potrebbe portare alla chiusura). A metà aprile si è spento Massimo Bordin, anima di “Stampa e regime”. Radio Radicale cerca di reagire: continuano le dirette e le differite sui dibattiti nelle commissioni e nelle aule di Camera e Senato, dal 29 aprile al 4 maggio conta sul lavoro di Paolo Mieli per la rassegna stampa.
L’ex direttore del ‘Corsera’ e de ‘La Stampa’ è un fine intellettuale a metà strada tra giornalismo e libri di storia. Ha una vocazione ad elaborare scenari politici realistici pesando idee, programmi e rapporti di forza: è una capacità tipica di un segretario dei partiti di massa della Prima repubblica.