“Le forze della repressione a nudo”: “Peterloo” di Mike Leigh

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Drawing out their sabers, they slashed through the crowd

Men woman and children, all screaming out loud

(Steeley Span, Peterloo the day)

A che serve un Parlamento se non rappresenta la sua gente?

Le donne indossano il vestito bianco della domenica (e delle Female Reforme Society) e hanno fiori nei capelli per andare incontro al massacro. Portano con loro i bambini. Gli uomini le seguono sorridendo. Intere famigliole cominciano ad arrivare dai“rotten boroughs”, piccoli villaggi rurali e dai centri più lontani. Tutti – sessantamila persone – sfuggiti per un giorno al lavoro massacrante dei filatoi di tutto il Lancashire. Sventolano bandiere e stendardi: a St. Peter’s Fields, Manchester, è una giornata luminosa, quasi felice: è il 16 agosto 1819. Ma sarà un mattino di violenza e di sangue.

 Mike Leigh con “Peterloo” racconta uno degli eventi più tragici di tutta la storia inglese: l’eccidio perpetrato nei confronti di pacifici manifestanti da esercito e polizia. Alcuni anni fa un sondaggio del quotidiano “The Guardian”, pose il massacro diPeterloo tra i maggiori eventi della storia radicale britannica secondo solo ai Dibattiti di Putney (durante la Rivoluzione). Ma il film di Leigh dedica solo una minima parte, nel finale del film, alla narrazione della strage. Le sue intenzioni sono altre:soffermarsi a chiarire ed analizzare i fatti che portano a quel giorno funesto. E lo fa con l’attenzione, con la dedizione di chi sceglie il rigore storico rispetto alla facile estetica della violenza. Non vuole trasformare quell’evento cruciale in un kolossal hollywoodiano e ipertecnologico, con l’uso spericolato delle inquadrature e delle scene di massa: sceglie di raccontarci quel giorno “dal basso”: la miseria delle classi subalterne, le affollate assemblee popolari, la spocchia dei borghesi e dei proprietari,l’arroganza della Giustizia e del Governo. In questa scelta di campo consiste la grandezza di Mike Leigh che, memore della straordinaria lezione registica di “Turner” si sofferma su descrizioni minuziose degli ambienti – le fabbriche, le povere case degli operai, le stanze fredde delle riunioni politiche – e di tutti i protagonisti, anche attraverso accurate indicazioni gli attori e alle comparse.

E lo fa riportando la narrazione al 1815. La sequenza iniziale del film vale infatti una dichiarazione di poetica: è il mesto ritorno a casa dalla follia della guerra e di uno dei suoi giorni più terribili: Waterloo. Joseph, un trombettiere, è sconvolto,pur sopravvissuto, sembra proprio uno “scemo di guerra”, terrorizzato dallo “shell shock”, dalla morte, dalla carneficina. Mentre Joseph si avvia verso casa, l’altra faccia della medaglia, quella istituzionale del Parlamento celebra l’eroe Wellington – su richiesta del Primo Ministro – con un premio sbalorditivo in sterline.  Quattro anni dopo la vittoria, però le tensioni sociali in Inghilterra sono altissime: una terribile crisi agricola e il conseguente aumento dei prezzi gettano alla fame la maggior parte della popolazione, e della “working class” specialmente, vessata pure dalle famigerate Corn Law, le leggi che vietano l’importazione di derrate alimentari: grano e mais soprattutto. Quando Joseph arriva finalmente nella sua Manchester, nulla è cambiato: industrie tessili ovunque, ovunque sfruttamento e miseria, una giustizia inflessibile esercitata con disprezzo nei confronti dei più deboli. E’ in questo clima che matura la richiesta per una riforma costituzionale per una presenza nella House of Commons “ che possa esprimere – dice il Riformista John Saxton, giornalista del “Manchester Observer” – noi stessi in tutte le questioni locali e di interesse nazionale”.

Nel 1819, nel Lancashire rappresentato da due membri del Parlamento il voto era appannaggio esclusivo dei maschi proprietari di terreni con un valore molto alto: in pratica solo il 2% della popolazione ne aveva diritto. Ma Saxton non è solo in questa battaglia civile: accanto a lui la moglie, presidente della Femal Reforme Society, altri colleghi e tutto il nutrito gruppo dei Radicali e dei Riformisti guidati da Henry Hunt, un proprietario terriero, pioniere del radicalismo della classe operaia,che avrebbe esercitato la sua influenza sul successivo movimento cartista.  Nel frattempo, tra spie e delatori, lo stesso Ministero degli Interni intercetta la posta dei riformisti e si prepara alla repressione inviando nel Nothern District il generale Sir George Byng, veterano delle campagne di Wellington e, sollecitato dalle locali forze dell’ordine, dai giudici e dai proprietari, gli Ussari, un Reggimento Reale di Fanteria e la Cavalleria volontaria di Manchester & Salford. La situazione precipita: quando il Principe Reggente, figlio di Re Giorgio III, viene contestato in pubblico, per paura di ulteriori disordini viene addirittura sospeso l’habeas corpus. A questo punto i riformisti di Manchester invitano Henry Hunt al grande raduno che stanno organizzando a St. Peter’s Fields: ma mentre Hunt parla arriva la cavalleria con le spade sguainate, poi è la volta dell’attacco degli Ussari. E’ un massacro. Joseph il trombettiere è colpito a morte.

Il popolo che era riuscito a sconfiggere le armate di Napoleone a Waterloo vienesacrificato e paga con la miseria e la morte, la paura del “colera strisciante della rivoluzione”: il funerale solitario di Joseph chiude in un cerchio di dolore tutto il film. “Quello che vediamo in Peterloo – ha dichiarato Leigh – sono le forze della repressione messe a nudo.” “Peterloo” è un’opera corale, un affresco intenso e accorato che non solo sottolinea il ruolo essenziale della stampa dell’epoca – il Leeds Mercury, il Liverpool Mercury, il Times – (fu James Wroe, redattore del Manchester Observer a coniare il termine “Peterloo” con l’evidente riferimento alla celebre battaglia) ma che permette di gettare anche uno sguardo sul presente:“Ciò che non potevamo sapere nel 2014, quando abbiamo iniziato a lavorare al progetto – ha dichiarato il regista – è che ci saremmo ritrovati quotidianamente a pensare che la storia che stavamo raccontando aveva una grande attinenza con il presente. Non sapevamo ancora di trovarci in un Paese che stava per sprofondarsi con le sue stesse mani nel disastro più assurdo che si possa immaginare: la Brexit.”


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