E’ una storia lunga, e incredibilmente basata su corsi e ricorsi, che comincia nel periodo del secondo Governo Berlusconi, addirittura nel 2005. Luigi Crespi venne arrestato per bancarotta fraudolenta: era stato il sondaggista di fiducia di Berlusconi per molti anni, e l’artefice dell’idea del “contratto con gli italiani”, copiato dalla campagna per i repubblicani del 1999 negli Stati Uniti. La bancarotta riguardava una sua società a cui erano estranee Mediaset e ovviamente la Rai, ma indagando in quella inchiesta i magistrati vengono a conoscenza di documenti e intercettazioni che riguardano altro, molto altro.
Il nome che per primo esce fuori è quello di Debora Bergamini: ex assistente di Berlusconi, sarà assunta come vice direttore marketing alla Rai subito dopo la vittoria elettorale del 2002 e nel giro di pochi mesi imposta nei consigli di amministrazione di Rai Net e Rai Trade e poi alla direzione Marketing, al tempo uno dei posti di maggiore potere in Rai.
Tra il 21 e il 22 novembre del 2007 si viene a sapere nei cosiddetti “brogliacci” di conversazioni ascoltate dagli inquirenti che ci fossero i contatti tra Bergamini e Mauro Crippa, dirigente di Mediaset, e di come i due si confrontassero e concordassero reciprocamente i palinsesti. Si leggeva di come in occasione della morte di Karol Wojtyla Bergamini fosse preoccupata per un forte astensionismo dei cattolici alle immediatamente successive elezioni amministrative. Di come, in occasione dei risultati di quelle elezioni stravinte dal centrosinistra, Bergamini e l’allora direttore generale della RAI, Flavio Cattaneo, avessero dato istruzioni di fare “più confusione possibile per camuffare la loro portata”. Di varie telefonate tra Bergamini e il suo vice Carlo Nardello con i direttori di Rai 1, Del Noce, e i loro omologhi in Mediaset e Canale 5. Di come Bergamini e Clemente Mimun, all’epoca direttore del Tg1, parlassero della necessità di “fare gioco di squadra” con Mediaset allo scopo di favorire il presidente del Consiglio. Poi ci sono gli incontri di Nardello a Rai Trade con uno strano faccendiere, Walter Lavitola, poi coinvolto in numerose vicende giudiziarie ed anche arrestato.
Le notizie ormai rimbalzano su tutti i giornali e Repubblica conia la terminologia di “struttura Delta” per indicare una sorta di gruppo di potere interno alla Rai che di fatto lavoro per interessi esterni e diversi rispetto a quelli dell’azienda. Si apre una indagine interna e la Bergamini si dimette: sarà poi eletta in Parlamento con Forza Italia. Negli anni successivi lascia la Rai anche Carlo Nardello. Ma qualcuno di quel gruppo, rimasto a lungo silenzioso presidente di Rai Net, torna con il “governo del cambiamento” nella importante posizione di consigliere di amministrazione: Giampaolo Rossi, quello che oggi sostiene che il fascismo non esiste e l’antifascismo è un problema: e lo sostiene da amministratore del servizio pubblico radiotelevisivo.
Quello che sta accadendo in queste ore intorno a Fazio e, più in sordina, contro vari programmi di Rai 3, altro non è che il lavoro massiccio che un gruppo interno all’azienda sta svolgendo contro l’azienda stessa e contro gli stessi principi base della nostra Costituzione: in questo caso le ragioni sono esclusivamente politiche e confermano che questo gruppo di amministratori è al più basso livello di autonomia dai partiti che la storia della Rai ricordi, quasi nell’indifferenza generale. La libertà dei cittadini italiani non è messa in pericolo solo dalle centinaia di siti esclusivamente politici che rilanciano fake news a getto continuo, ma anche, e nonostante tutto di più, da chi vuole cancellare ogni voce diversa nel servizio pubblico, e per molti è diversa anche la voce del partner di governo e non solo dell’opposizione.