Se ci facciamo irretire nella ragnatela delle interpretazioni più o meno capziose di leggi, convenzioni internazionali generali ed europee, accordi bilaterali tra Stati, è impossibile venirne fuori. Tocchiamo con mano una verità che i giuristi conoscono bene: si moltiplicano le norme, per di più in modo scoordinato e occasionale, e si confondono le acque, le acque in cui non solo i migranti perdono o rischiano la vita, ma anche quelle in cui opera il governo e spesso sguazzano i politicanti che speculano su quelle vite. In questa ragnatela, ciascuno cerca i punti d’ appoggio del proprio punto di vista e il diritto diventa un pretesto.
I termini di principio – accoglimento e respingimento dei migranti – sono chiarissimi. Una è la soluzione dei problemi se li si guarda a partire dal dovere di soccorso delle persone esposte al pericolo in mare; un’ altra, opposta, se si assume come punto di partenza il potere di gestione sovrana delle frontiere dello Stato. Il primo punto di vista è quello dell’ apertura in nome della solidarietà; il secondo, quello della chiusura in nome dell’identità. Umanità o nazionalità; società aperta o società chiusa; generosità o egoismo; prima gli esseri umani o prima gli italiani.
La disputa sui migranti è il momento in cui si misura nel modo più chiaro e tragico la portata pratica del “sovranismo”. Sono in ballo vite umane e non solo interessi e rapporti economici. La storia della sovranità nei secoli passati non ha portato affatto al pacifico e felice isolamento dei popoli, ma alle guerre tra Stati che hanno costellato la storia europea degli ultimi secoli. Il sovranismo attuale, quella storia, rischia di rinverdirla, pur quando, dopo la Seconda guerra mondiale, era sembrato che l’ internazionalismo e i diritti umani avrebbero potuto voltare quella pagina tragica. È un andazzo di politici ignoranti citare il “Manifesto di Ventotene” di Spinelli, Rossi e Colorni.
Ebbene, se ne legga l’ inizio e si troverà la requisitoria più serrata contro il sovranismo, in ogni tempo incubatore di guerre. La questione dei migranti non è che un capitolo d’ una storia che ha sullo sfondo questa cupa minaccia. Tra queste, che sono veramente due opposte visioni del mondo, non c’ è modo di stipulare accordi. Per orientarsi, è però necessario che si mettano in luce tutti i possibili lati della questione. Così i solidaristi, al di là della loro scelta di valore e proprio per poterla difendere, dovrebbero assumersi l’onere di chiarire le conseguenze della loro posizione, conseguenze che non possono non influire sul modo di vivere delle comunità di accoglienza.
La stessa cosa per i sovranisti, i quali dovrebbero spiegare quanto realistica sia la politica ch’ essi auspicano e chiarire le conseguenze, tanto sulle vite dei migranti quanto sulla vita degli autoctoni, in termini di vite sacrificate e d’ imbarbarimento delle relazioni sociali. Forse, così ci si renderebbe più consapevoli e si riuscirebbe a sottrarre la discussione alla sprovvedutezza e al fanatismo. Ma, certo, non riuscirebbe a comporre la distanza tra l’ uno e l’ altro punto di partenza, l’ uno di destra e l’ altro di sinistra: distinzione che mostra qui la sua perdurante attualità.
Proprio per uscire dall’ impasse esiste il diritto. Se tutti si fosse d’ accordo, non ce ne sarebbe bisogno. Il diritto nasce dal conflitto e segna la prevalenza di un punto di vista sugli altri e, una volta posto, dovrebbe essere proprio il diritto a rappresentare l’unico punto di vista autorizzato (almeno fino a che non siano messi in campo superiori ragioni di coscienza che giustificano la disobbedienza civile).
Ora, solidarismo e sovranismo, secondo il diritto che è venuto a formarsi nei secoli, non sono affatto equivalenti rispetto alla protezione di coloro che versano in stato di necessità e le popolazioni civili vittime della violenza degli uomini, come è la guerra, o delle forze della natura, come sono quelle del mare. Il solidarismo ha dalla sua parte solenni dichiarazioni e prescrizioni internazionali e costituzionali. Del resto, l’ art. 2 della Costituzione prescrive la solidarietà come dovere e non parla affatto di “esigenze sovraniste”.
La controprova del carattere arbitrario delle politiche di chiusura sovraniste sta nelle procedure adottate e nelle giustificazioni addotte per sostenere…Continua su libertaegiustizia