Salvini perde colpi. E rischia di arrivare “spompato” alle europee.
Non tanto per la vicenda Siri, benché centrata su favori e soldi; né per la sparizione dei 49 milioni di finanziamento al partito e le rate eterne con cui di fatto è stata condonata; ma perché oltre alla lotta xenofoba alle minoranze e alle tasse non c’è niente di consistente. Così la sua proposta politica appare sempre più come una bolla di consenso, che regge finché non si scontra con l’ago della realtà. E a poco vale la ricetta di forzare i limiti di finanza pubblica, perché il debito pubblico non è una macchina fabbrica-soldi facili, ma un atto di appropriazione indebita di ricchezza generazionale, sottratta dai vecchi ai giovani. Che domani si troveranno sulle spalle i debiti dei padri, come noi oggi siamo oppressi da quelli nati dalla gestione smodata della prima repubblica.
La rivolta delle lenzuola si propaga. E mette in forse il superamento della soglia psicologica del 30% alle europee per la Lega. I salviniani contano i giorni che mancano alle urne come i fondisti spompati i chilometri che mancano al traguardo. Perché vedono che continuano a perdere consenso. Forse il 26 Maggio non sarà un trionfo.
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