BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

La Fotografia in cella, quando con le polaroid arrivava la polverina

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Ne mandavano in busta, incollate con baci, e croci per firma. Erano pose sul letto, al balcone e sul davanzale fiorito. Ritratti di famiglia all’ora di pranzo con tavola imbandita, ricca di tanto e di tutto, con calici pieni e bottiglie, anche, sempre, piene. Tutti in piedi. In gruppo.Tutti seduti con un posto vuoto, quello che avrebbe occupato chi sta in carcere. Ritratti di neonati prima, bambini e poi ragazzi che ne testimoniano crescita e somiglianza. Fotografie particolari. In posa d’attesa e d’amore che attende. In corpetto e foto di nudo di donna. Ritratto in primo piano.Occhi dolci, provocanti,  tanto truccati e accesi di desiderio. Li tenevano così, appesi, a far da veglia al muro della cella. Li tengono ancora oggi, in carcere, appesi al muro, sotto il materasso, sotto il cuscino, nel taschino del pigiama, i ritratti delle donne, compagne, mogli o fidanzate. Non più nudi. Nudi non ne arrivano più da quando i secondini, come venivano chiamati gli agenti di polizia penitenziaria, aprivano le buste per controllare che le foto non contenessero altro. Con le polaroid, insieme alla donna del cuore nuda, desiderata e desiderabile, arrivava, tempo fa, anche la polverina bianca. Non si sa quanto venisse pagato al fotografo il segreto dello scatto proibito, fu accertato, però, che nell’intercapedine della polaroid veniva inserita droga. Fu così che iniziarono controlli specifici nelle buste e verifiche accurate sulle fotografie scattate con la polaroid. La polaroid, ebbe successo fra i detenuti. Dava sicurezza sull’unicità dello scatto, non duplicabile, proteggeva, in un certo senso, la gelosia per la donna ritratta e nel contempo, solo, la polaroid ne riusciva a violare l’impenetrabilità del carcere con la consegna certa della droga. Dopo gli accurati controlli, i detenuti all’unisono, diedero parola di non far ritrarre più le loro donne nude. S’era scoperto l’inganno con il dilettevole. Le fotografie in carcere hanno un significato particolare. Raccontano del mondo esterno. Fanno toccare con gli occhi uomini e cose lontane. Avvicinano cuori. Accorciano distanze. Allontanano cattivi pensieri. Smorzano gelosie. Accendono le speranze. Illuminano la notte della detenzione. Squarciano la caverna dell’attesa del fine pena.


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