BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

La Chiesa accusa Salvini di “sovranismo feticista”, ma lui si vendica sui naufraghi della Sea Watch, che però vengono fatti sbarcare. E attacca i magistrati

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Di Pino Salerno

Don Spadaro, gesuita, direttore di Civiltà Cattolica: “non è un comizio politico il luogo per fare litanie”

“Ascoltare il nome di Dio e di Maria non deve fare esultare l’animo religioso sempre e comunque. Infatti ‘Non nominare il nome di Dio invano’ ci chiede di non usare il nome di Dio per i propri scopi. La coscienza critica e il discernimento dovrebbe aiutare a capire che non è un comizio politico il luogo per fare litanie (e in nome di valori che col Vangelo di Gesù nulla hanno a che fare)” scrive su Facebook padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica, in riferimento alla manifestazione di ieri del leader della Lega, Matteo Salvini, in Piazza Duomo. “Ciascuno può valutare le intenzioni e farsi la propria opinione. Tuttavia – ha proseguito – è chiaro che l’identitarismo nazionalista e sovranista ha bisogno di fondarsi anche sulla religione per imporsi. Ha trovato questa carta della strumentalizzazione religiosa (in Italia come altrove nel mondo, sia chiaro: non siamo originali in questo!) come adatta e la usa. La coscienza cristiana, a mio avviso, dovrebbe sussultare con sdegno e umiliazione nel vedersi così mercanteggiata e blandita. Si facciano i propri discorsi, ma davanti a Dio bisogna togliersi i sandali”. In precedenza, sempre su Facebook, padre Spadaro aveva osservato: “rosari e crocifissi sono usati come segni dal valore politico, ma in maniera inversa rispetto al passato: se prima si dava a Dio quel che invece sarebbe stato bene restasse nelle mani di Cesare, adesso è Cesare a impugnare e brandire quello che è di Dio”.

Contro i sovranisti europei si scaglia anche la comunità ebraica di Roma. “Pensavamo di aver sconfitto quel male ma dopo 70 anni quel male si è riaffacciato – le parole della presidente, Ruth Dureghello -. Striscioni e manifestazioni che inneggiano a simboli che pensavamo davvero di non rivedere più. Non saremo e non vogliamo essere indifferenti”. “Mentre il capopolo della Lega esibiva il Vangelo, un’altra nave carica di vite umane veniva respinta e le Nazioni Unite ci condannavano per il decreto sicurezza”, le parole dell’editoriale di Famiglia Cristiana, con riferimento alla Sea Watch da due giorni ferma al largo di Lampedusa e al documento dell’Onu contro le norme volute dal ministro dell’Interno. “L’antifona persino smaccata di Salvini pronunciata in quella distesa di bandiere azzurre e tricolori, con i suoi simboli della cristianità utilizzati come amuleti, con quell’uso così feticistico della fede – scrive Famiglia Cristiana -, serve a coprire come una fragile foglia di fico gli effetti del decreto sicurezza, che ha istituito addirittura delle sanzioni per chi soccorre il ‘reato di umanità’ e ha scaricato per strada uomini donne e bambini già inseriti nei programmi di integrazione, rendendoli privi di diritti civili”.

Proprio sabato lo stesso papa Francesco, incontrando la Stampa Estera, aveva avvertito che “il Mediterraneo si sta convertendo in cimitero”. “I viaggi e le tragedie, come quella recente al largo della Tunisia, continuano – gli fa eco Famiglia Cristiana -, secondo l’Unhcr per chi si imbarca un migrante su tre perde la vita, le partenze sono indipendenti dalla politica dei porti”. E da piazza San Giovanni in Laterano, dove Parolin ha incontrato le comunità di migranti in occasione della tradizionale Festa dei Popoli, il cardinale ha invitato a “fare attenzione a non lasciarsi andare all’indifferenza, alla tentazione della non conoscenza e soprattutto la tentazione di volerci rinchiudere nelle nostre sicurezze”. “Anche semplicemente ignorare il nostro vicino – ha sottolineato – è il primo passo per spegnere la carità che è in noi”.

Scatta il sequestro della Sea Watch ferma da due giorni al largo di Lampedusa e i 47 migranti a bordo vengono fatti sbarcare

La svolta arriva nonostante il no ripetuto per tutto il giorno da Matteo Salvini, e ribadito con forza dopo il sequestro: “Sono pronto a denunciare per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina chiunque sia disponibile a far sbarcare gli immigrati irregolari su una nave fuorilegge. Questo vale anche per organi dello Stato: se questo procuratore autorizza lo sbarco, io vado fino in fondo”. Il riferimento è al procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio: il blocco dell’imbarcazione, infatti, è finalizzato a fare i necessari accertamenti e a verificare se la condotta del comandante della nave abbia violato la legge. Ma porta con sé anche lo sbarco dei migranti che “messi in salvo saranno affidati a personale della Questura di Agrigento per la identificazione e per i necessari atti di polizia giudiziaria” ha detto Patronaggio. Ma l’ira del ministro dell’Interno colpisce anche l’Alto commissariato per i diritti umani dell’Onu che in una lettera al ministro degli Esteri aveva criticato le sue direttive anti-migranti e chiesto di non approvare il decreto sicurezza bis: “un organismo internazionale che costa miliardi di euro ai contribuenti, che ha come membri Corea del Nord e Turchia, regimi totalitari, e viene a fare la morale sui diritti umani all’Italia, a Salvini, per il decreto sicurezza. Fa ridere, è da ‘Scherzi a parte’”. A sbloccare la situazione della Sea Watch è stata l’ultima comunicazione del comandante Arturo Centore, che a Guardia Costiera e Gdf ha fatto sapere che se entro le 21 non avesse ottenuto l’autorizzazione allo sbarco, avrebbe tolto l’ancora e sarebbe entrato in porto di sua iniziativa. “I naufraghi – ha spiegato la portavoce di Sea Watch Giorgia Linardi – hanno chiesto di indossare i giubbetti salvagente e hanno detto di volersi buttare in acqua per disperazione”. A quel punto si è preferito intervenire e i finanzieri sono saliti a bordo della nave, per un’attività di polizia giudiziaria d’iniziativa finalizzata al sequestro. “La nave è a disposizione degli inquirenti che hanno disposto un sequestro probatorio per verificare se c’è un reato da contestare” conferma Linardi, che poi ironizza sui ‘no’ di Salvini: “Ancora una volta si è dimostrato che i porti dell’Italia non sono chiusi”. Una conclusione che al Viminale non è piaciuta affatto tanto che, è la convinzione, l’intervento della Gdf sarebbe stato fatto d’intesa con i pm proprio per “tenere fuori” il ministero e aggirare il divieto di sbarco di Salvini. “C’è stata un’accelerazione d’intesa tra tutti che ha di fatto spogliato il Viminale delle sue competenze” dicono gli uomini del ministro. E a chi gli chiede se in quest’intesa un ruolo l’abbiano avuto il premier Conte e il leader M5s Di Maio, rispondono così: “quello che si nota è lo straordinario silenzio di entrambi, che erano stati invece così prodighi di dichiarazioni in questi giorni”. Così, quando il sequestro della nave diventa ufficiale, dal Viminale partono due bordate, dopo che già in mattinata Salvini – riferendosi all’inchiesta di Catania in cui è indagato proprio per un precedente sbarco della Sea Watch – aveva preso di mira i magistrati. La prima frecciata è proprio per i pm: “la Sea Watch è una nave fuorilegge e il ministro Salvini si aspetta provvedimenti nei confronti del comandante della nave, la magistratura faccia come crede ma il Viminale continua e continuerà a negare lo sbarco”, dicono dal ministero. L’altra è tutta per gli alleati di governo. La vicenda della Sea Watch, fa dire Salvini ai suoi, “conferma l’urgenza di approvare il decreto sicurezza bis già nel Cdm di domani, per rafforzare gli strumenti del governo per combattere i trafficanti di uomini e chi fa affari con loro”. Lui è ancora piu’ diretto: “spero che nessuno voglia perdere altro tempo”.

Al termine di questa ennesima faticosa giornata politica, a pochi giorni dal voto, in cui è accaduto di tutto e si è detto di tutto, durante la quale è scoppiato un gigantesco conflitto tra istituzioni e poteri dello Stato, con la magistratura sottoposta a critiche gratuite e ignobili da parte del ministro dell’Interno, che ne ha minato l’autonomia e l’indipendenza, in cui la Chiesa ha usato parole fortissime per definire lo sconcio dell’uso politico dei simboli religiosi, ci si chiede dove sia il nostro presidente della Repubblica Mattarella. Forse una sua parola, in queste ore così drammatiche per l’Italia, sarebbero quanto meno opportune.

Da jobsnews

 


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