BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Gli esempi del giornalismo che tengono viva la categoria

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Se il giornalismo ha ancora un ruolo nella società odierna lo si deve anche a chi non teme di apparire impopolare o scomodo e subirne le conseguenze. Anche quando la propria vita subisce delle limitazioni tali da dover rinunciare alla libertà individuale e privata. Come accade a Paolo Borrometi un giornalista che da anni deve essere scortato e tutelato per le continue minacce subite. Chi opera nell’informazione e sceglie di non tacere sull’illegalità, la corruzione, e denunciare l’infiltrazione di organizzazioni criminali e mafiose in tutta Italia, sa quanto diventi difficile trovare solidarietà e sostegno. Ecco perché a Trento il 2 maggio a Trento e il giorno dopo a Roma (3 maggio: Giornata mondiale per la libertà dell’informazione designata dall’Unesco) si è deciso di non tacere e lanciare nuovamente l’appello a difesa di un bene prezioso che la nostra Costituzione ha sancito: la libertà di pensiero e d’informazione. Baluardo insostituibile per garantire una pluralità di voci anche discordanti tra di loro ma garanti di un’informazione libera senza “tagli e bavagli” come ha ribadito con tutta la vis oratoria dimostrata dal presidente della FNSI, Giuseppe Giulietti chiamato a Trento per spiegare il pericolo di una limitazione o censura della stampa. «La parola grazie ha un significato ben preciso e la voglio esprimere anche per ringraziare la città di Trento (la manifestazione che si è svolta a Palazzo Geremia è stata organizzata dal Sindacato regionale giornalisti/ journalisten Gewerkschaft del Trentino Alto Adige – Südtirol) per averci accolto ancora una volta. Un ringraziamento affettuoso anche alla famiglia Megalizzi (tra gli ospiti nella sala di rappresentanza del Comune) per la loro presenza discreta e ‘muta’: è molto complesso rapportarsi con i parenti delle vittime e qui ricordo anche la famiglia di Ilaria Alpi e di Peppino Impastato, di Giulio Regeni. Chi accusa che tutto questo è solo circo mediatico non comprende cosa significhi coltivare la memoria di chi non c’è più! Non è una ricerca del facile consenso e di dimostrazione di se stessi, ma è un impegno a trasmettere valori a quelli che verranno dopo di noi. Andare sui luoghi delle tragedie e delle stragi come a Marzabotto, dove hanno trucidato i fratelli Cervi – ha spiegato Giulietti – significa solo una cosa: o scegli di incontrare il Boia o la Vittima. Due opposti dove non esiste conciliazione, condivisione! Noi siamo dalla parte delle vittime e continuiamo a ricordare Valeria Soresino, Giulio Regeni, Antonio Megalizzi un giovane dall’irresistibile desiderio di conoscere il mondo. Io vengo da una città come Venezia attraversata dai ponti e il nostro impegno è quello di costruire ponti e non dividere». Un discorso mirato a chi cerca di separare e far si che nascano divisioni e trovino sempre il modo di isolare e quanto accade nell’informazione e nella libera espressione anche in Italia: «Chi lede l’immagine non è il cronista che scrive ma è responsabilità delle mafie, del corrotto che si infiltra nelle istituzioni. Le leggi bavaglio se approvate vanno a contagio in tutto il mondo e una testata d’informazione giornalistica è al servizio di una comunità, dei cittadini. Non sono solo i giornalisti ad essere minacciati ma anche altre professioni e segnalo la gravità del silenzio in questa campagna elettorale dove non c’è dibattito sull’informazione e sulla libertà di pensiero. La Corte europea di Strasburgo ha ribadito come sia fondamentale la libertà di stampa. Senza diversità si subisce l’omologazione e come aveva ben capito anche Pier Paolo Pasolini viene a mancare lo spirito critico». Un monito ben preciso e indirizzato da Giulietti anche nei confronti di chi soffre di «egolatria rivolta tutta su se stesso in cui sussiste una centralità del sé; quando, invece, si deve mutare in collettività del noi, del lavoro orchestrale, di fare squadra». Della necessità di impegnarsi e realizzarla la “squadra” ne ha parlato anche Paolo Borrometi in un giorno dove sono state ricordati i tanti colleghi esteri in carcere, minacciati e “imbavagliati” per aver raccontato fatti di cronaca scomodi al potere. «Dobbiamo fare squadra perché è l’unico modo che abbiamo per difendere la nostra Libertà. Rivolgo un appello all’Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) affinché intervengano sui quei sindaci, come quello di Noto, che continua vergognosamente a dire che le inchieste giornalistiche servono a “gettare fango sulla propria città”. Così facendo si sta dalla parte del carnefice e non della vittima. Inchieste giornalistiche comprovate da fatti realmente accaduti. Ci sono dichiarazioni che cercano di impedire il lavoro del giornalista; penso ad esempio anche ai Comuni sciolti per mafia come Sicli, Pachino, Vittoria». Paolo Borrometi ha chiesto alle coscienze civili del nostro Paese di reagire e non solo con gesti di solidarietà ma con azioni concrete a partire dal segnalare ogni illegalità. Il sindaco di Noto ha annunciato di voler querelare Borrometi per “immagine lesiva della città di Noto”. Gli ha risposto Giuseppe Giulietti: «al sindaco non piacciono le inchieste? Noi le ripubblicheremo sui nostri siti». I primi a sostenere le inchieste “scomode” devono farlo i giornalisti chiamati ad una responsabilità dove il dovere di informare è prioritario. L’appello di Borrometi si fa carico di non smettere mai nel denunciare la corruzione e di non voltarsi mai dall’altra parte. Ci sono zone d’ombra che vanno “illuminate” – come ripete sempre anche Giuseppe Giulietti -, e i media devono sentirla come priorità assoluta. È paradossale e profondamente ingiusto dover vivere sotto scorta per aver denunciato reati commessi da chi, invece, non ha limitazioni della sua libertà e può continuare a gestire la sua vita senza rinunciare ai propri diritti. La Giornata di mobilitazione a Trento e poi a Roma aveva come mandato di sensibilizzare sia la politica affinché non destituisca i “corpi intermedi” dell’informazione e impedisca la possibilità di presidiare i territori con l’impegno dei cronisti, (ci sono provincie in cui la chiusura dei quotidiani impedirà di fatto la possibilità di raccontare cosa accade tra amministratori e interessi economici lucrativi anche illegali) – , e l’urgenza di salvaguardare il lavoro effettivo di molte piccole realtà come le cooperative, gli editori minori e le voci di comunità di confine come quelle linguistiche. Carlo Muscatello presidente dell’Assostampa del Friuli Venezia Giulia nonché responsabile nazionale per la formazione della FNSI si farà carico di organizzare eventi formativi per la professione a carattere etico deontologico: una cultura dell’informazione trasversale e capace di contrastare la sempre più dilagante disinformazione che imperversa sui social dove si preferisce seminare odio e diffamare. Un modo per inquinare il pensiero di chi poi deve leggere e formarsi un’opinione individuale scevra di condizionamenti ideologici. A Trento ha partecipato anche Donato Ungaro (giornalista a cui è stata tolta la possibilità di svolgere il proprio lavoro), accompagnato da Marcella Nonni del Teatro delle Albe di Ravenna. La sua storia personale è diventata fonte di ispirazione per uno spettacolo teatrale dal titolo “Va pensiero”, portavoce di un messaggio etico di estrema importanza: la cultura e la legalità sono aspetto speculari di un’identica azione; rivolta a sancire sempre il valore di una gestione del bene comune, senza mai cedere a compromessi che possano determinare il pericolo di subire un danno economico morale e sociale irreversibile alla comunità. La stampa e il lettore; il Teatro e lo spettatore: diritti e doveri di essere informati e di informare con obiettività e onestà intellettuale.


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