Il 2 Maggio 2019 a Trento si celebra la Giornata nazionale della libertà di stampa. La scelta di assegnare alla città di Trento il ruolo di capitale italiana per manifestare contro ogni tipo di censura e promuovere la buona informazione e il diritto costituzionale dei cittadini a essere correttamente informati. Con un giorno di anticipo, rispetto alla data del 3 maggio fissata dalle Nazioni Unite, si celebra la Giornata internazionale della libertà di stampa. A organizzare la manifestazione nazionale la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, i Sindacati dei giornalisti del Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e del Veneto, insieme ad Articolo 21 e all’Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa (Obct). La scelta di Trento, la città di Antonio Megalizzi il giovane aspirante giornalista ucciso lo scorso dicembre durante un attentato terroristico a Strasburgo, non è casuale: segue il filo rosso del XXVIII congresso FNSI che si è tenuto a Levico attorno al tema “L’informazione non è un algoritmo” e il Protocollo sulla cultura dell’informazione, siglato dal Sindacato e Ordine dei giornalisti con la Provincia di Trento per contrastare, con corsi di formazione nella scuole trentine, il dilagare delle fake news e del linguaggio dell’odio.
Programma
Introduzione di Rocco Cerone, segretario del Sindacato giornalisti Trentino Alto Adige che coordinerà i lavori, a cui seguirà il saluto del presidente dell’Ordine regionale Mauro Keller. Al tavolo dei relatori, il presidente di Articolo 21 Paolo Borrometi (uno dei 22 giornalisti italiani sotto scorta), la segretaria di Sindacato Giornalisti Veneto Monica Andolfatto finita nel mirino dei casalesi, il presidente dell’Assostampa Friuli Venezia Giulia, Carlo Muscatello e il presidente della Federazione Nazionale della Stampa, Giuseppe Giulietti che rilanceranno la campagna “No tagli, no bavagli”. Hanno aderito alla manifestazione e saranno presenti anche i segretari del Sindacato Unitario dei Giornalisti della Campania Claudio Silvestri e dell’Associazione Stampa Subalpina Stefano Tallia, nonché Roberta De Maddi, Nicola Chiarini, Lucia Ravbar, Nicole Corritore, di Articolo 21 di Campania, Veneto e Trentino.
Le testimonianze della ricercatrice turca di OBCT Fazila Mat e della giornalista siriana Asmae Dachan, daranno respiro internazionale all’evento. Nel corso della mattinata sarà proiettato uno stralcio del reportage ”Turchia, la più grande prigione dei giornalisti” alla presenza dell’autrice Antonella Napoli, giornalista e scrittrice che ha seguito i processi a decine di operatori dell’informazione turchi. La presenza di Donato Ungaro giornalista e Marcella Nonni in rappresentanza del Teatro delle Albe di Ravenna. Compagnia teatrale che ha prodotto gli spettacoli “Va pensiero” e “Saluti da Brescello” liberamente ispirati alle vicende accadute al giornalista impegnato nella professione a favore della libertà di stampa e pensiero. Interverranno per un saluto istituzionale il Sindaco Alessandro Andreatta e l’assessore provinciale Mattia Gottardi.
Co-Scienze — 31/12/2018 14:45
Il silenzio, il ricordo, le parole e la radio per ricordare Antonio Megalizzi
roberto.rinaldi
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RUMOR(S)CENA – CAPODANNO IN MEMORIA DI ANTONIO MEGALIZZI – ROVERETO – Questa sera a Rovereto in piazza Rosmini Radio 80 foreveryoung, emittente radiofonica di cui faceva parte anche Antonio Megalizzi nei ruoli di giornalista, speaker e direttore artistico, dedica il Capodanno e l’arrivo del 2019 al giovane vittima dell’attentato di Strasburgo. Sul palco i giovani che lavorano nelle radio e gli amici del giovane scomparso. Gli eventi organizzati dal titolo “Capodanno in piazza” verranno trasmessi in diretta radio e video sulla pagina facebook dell’emittente. A Strasburgo è stato dedicato un “minuto di rumore” per ricordare le vittime e il programma di RAI Radio 3 “Tutta la città ne parla questa mattina (31 dicembre)“ ha trasmesso un estratto di un’intervista di Antonio Megalizzi ad Antonio Tajani presidente del Parlamento europeo, trasmessa dalla radio Europhonica . Strasburgo “città che sceglie di contrastare i populismi e desidera promuovere un’integrazione interculturale seria per un’Europa unita contro ogni forma di violenza” .
Ma è il silenzio del pensiero e delle emozioni, dopo il clamore (anche) mediatico, l’arma più efficace per alleviare il dolore di chi ha perso un figlio, un amico e un collega: Antonio Megalizzi vittima di un atto criminale a Strasburgo. Si sono spese migliaia di parole scritte e ascoltate in voce nel raccontare la breve vita di un giovane appassionato del suo lavoro di cronista (ma non solo) radiofonico, intento a creare una rete europea di diffusione tra lingue e culture attraverso lo strumento a lui più congeniale. Sotto un’unica bandiera: quella dell’Europa, indossata da giovani ragazze in duomo, studentesse universitarie, per affermare come l’Europa sia un valore da difendere e non da rifiutare e smembrare in tante forme di populismo e sovranismo. Era questo l’ideale di Antonio e lavorava per unire attraverso le radio, tutte le lingue europee. Un aggregatore sociale convinto che l’inclusione culturale e politica ma anche umana (senza rischiare di essere manipolato da ideologie fin troppo enfatizzate anche dai media e dalle dichiarazioni di molti politici). La sofferenza della perdita di una vita non può mai avere una giustificazione e chi l’ha subita, come i genitori e la famiglia di Antonio, è stata gestita con un’esemplare sobrietà e discrezione a cui va tutto il rispetto di una società abituata a rendere pubblica ogni emozione, enfatizzandole in maniera morbosa, eccessiva, suscitando reazioni scomposte.
La morte di Antonio ha fatto riflettere su come sia labile il confine tra dovere di cronaca ed enfatizzazione mediatica che si riversava anche su una retorica infarcita di ideologie distanti; se non fuorvianti dalla realtà e dai sentimenti sinceri di chi ha vissuto in prima persona il lutto. I genitori, la sorella, la fidanzata, i suoi compagni di studio, i colleghi delle radio come Andrea Fioravanti, il quale durante le esequie solenni in duomo, per celebrare il funerale, ha pronunciato parole che esprimono meglio di chiunque altro chi era veramente Antonio Megalizzi.
Antonio Megalizzi
«Antonio sarebbe il primo a stemperare la tensione, a dirci di buttar via il foglio e di improvvisare perché il bello della radio è l’adrenalina della diretta. Lo farebbe con la sua elegante ironia e una voce cosi irriverente ma affabile da mettere a proprio agio chiunque. Ci sono persone che possono dire di conoscere Antonio da anni, decenni. Con noi ha condiviso tre anni della sua vita. Tre anni fatti di viaggi dell’ultimo minuto su qualsiasi mezzo in giro per l’Europa, corse nei corridoi del Parlamento Europeo a caccia di dichiarazioni, audio registrati in posti improbabili, discussioni appassionate su Whatsapp su come raccontare l’Unione europea e riunioni interminabili. Ma anche tante risate, battute e confidenze. Sono solo tre anni, ma abbiamo creato con lui un rapporto fortissimo anche abitando tutti in città diverse. Ci siamo riusciti perché stavamo costruendo insieme un sogno. Se Europhonica fosse una metafora facile, sarebbe un don Chisciotte che va contro i mulini a vento dell’indifferenza nei confronti delle istituzioni europee. Per farvi capire, Antonio non solo era il primo a guidare la carica contro i mulini, ma aveva trovato i cavalli, studiato il percorso e venduto i diritti della storia a Cervantes. Perché Antonio aveva mille idee imprenditoriali al giorno su come raccontare l’Unione europea. Aveva un approccio democraticamente pop e una dote naturale: spiegare in modo semplice la materia più difficile del mondo: l’Europa e le sue istituzioni. Lo faceva anche smontando con pazienza meticolosa tutte le bufale e i miti negativi che circolano in rete. Perché Antonio pensava che il suo fosse il lavoro più bello del mondo e desiderava farlo per sempre. Basta leggere l’hashtag che accompagna le sue foto: “My job is better than your vacation”.
Il mio lavoro è meglio della tua vacanza. “Sogno ancora di arrivare in alto e non penso mai che possa essere troppo” – ci scriveva – l’unica domanda che mi faccio è: “quanto poco mi sono impegnato oggi perché accada?”. E ancora: “Ho una vita assurda. Inizio a lavorare alle 6.30 e torno a casa alle 21. Però Europhonica è il progetto che vorrei mi desse da vivere. Ce la dobbiamo fare.”
Antonio era così, non aveva mai tempo perchè viveva tanto. Le sue frasi non erano mai pronunciate a caso: “Le parole mi danno da vivere, quindi do loro il giusto peso”, ci diceva. Il suo motore era la sana ambizione: “Sono felice, ma perchè non posso ambire ad essere più felice?”. Antonio non sarà mai per noi una figurina, un’immagine cristallizzata irraggiungibile. Continua a vivere dentro di noi, nei nostri ricordi e nel nostro operato. Porteremo avanti il suo sogno, il nostro sogno, che per anni abbiamo inseguito contando solo sulla nostra passione. Con Antonio abbiamo perso un altro amico. Il nostro travolgente, instancabile ed eccentrico Bartek che ci ha ospitato questi tre anni ogni volta che andavamo a Strasburgo. In questo momento ci piace immaginare da qualche parte Bartek che trascina Antonio in uno dei suoi interminabili tour culturali pieni di aneddoti. Bartek direbbe mescolando francese, inglese e italiano: “C’è un mio amico che conosce un posto da dove si vede benissimo la diretta di Europhonica a Strasburgo”. E Antonio risponderebbe: “Non ci credo, anche qui un altro tour”, ma poi accetterebbe con un sorriso. E si allontanerebbero discutendo di Unione europea, politica e amicizia. Come facevano sempre.» (per gentile concessione della redazione di Europhonica).