Nella XXVI Giornata mondiale della libertà di stampa, indetta dalle Nazioni Unite nel 1993, un sit-in in piazza Santi Apostoli a Roma ha voluto richiamare l’attenzione sull’importanza dell’informazione e lanciare un appello contro i tagli e i bavagli che i giornalisti di tutto il mondo subiscono continuamente. L’iniziativa è stata organizzata dalla Federazione nazionale della stampa italiana insieme con Usigrai, Ordine dei giornalisti del Lazio, Associazione Articolo 21, Amnesty International Italia e Rete NoBavaglio. Durante il sit-in si sono succeduti gli interventi di molti giornalisti stranieri, a partire dalla reporter e scrittrice siriana, Asmae Dachan, che ha ricordato come sia importante “dare voce ai colleghi della Siria che non hanno la
possibilita’ di esprimersi. In Siria – ha detto la giornalista – manca la liberta’ di stampa, sono 50 anni che conviviamo con un regime. Dobbiamo ricordare – ha aggiunto – gli oltre 600 colleghi morti negli ultimi 8 anni di guerra, di cui 50 deceduti in stato di detenzione sotto tortura”. Una rappresentante di Amnesty International Italia ha sottolineato che nel 2018, in tutto il mondo, 88 giornalisti sono stati uccisi, 250 imprigionati di cui 130 in Turchia e 61 sono stati sottoposti a sparizione forzata. “In Italia – ha chiarito – le cose non vanno meglio, ci sono oltre 20 giornalisti sotto
scorta”.
Tra gli altri interventi quello del reporter maltese, Manuel Delia, e della ricercatrice turca Fazila Mat. “Nel mio Paese – ha raccontato Fazila – ci sono delle difficoltà quotidiane per i giornalisti. Nove reti televisive su 10 sono in mano al governo e i giornali ancora indipendenti portano
avanti il loro lavoro con molta difficolta’.
Ogni giorno molti colleghi vengono accusati di aver violato una legge, due sono stati condannati all’ergastolo. Sappiamo benissimo – ha concluso – che tutto questo ha il solo scopo di mettere a tacere le voci dell’opposizione”.
Il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti ha ricordato che “oggi è l’occasione per rilanciare ancora una volta l’appello contro i tagli e i bavagli in Europa e in Italia. Quando si tagliano le voci delle differenze, penso a Radio Radicale e alle emittenti locali, all’Avvenire e al Manifesto, si prende una strada al termine della quale sono messe in discussione le liberta’ di tutti i cittadini”. Per Radio Radicale un ultimo appello e’ arrivato dal vice capo
redattore, Roberto Spagnoli, che ha detto : “Il tempo stringe, è importante che si continui a parlare di Radio Radicale e delle altre testate a rischio. Invito tutti alla manifestazione di domenica 5 maggio a piazza Mattei, importante per la vita di Radio Radicale, ma anche per la vita dell’informazione di questo Paese”. Secondo il segretario generale Fnsi, Raffaele Lorusso, l’Italia “sul fronte della libertà dei giornalisti sta facendo tanti passi indietro. Non e’ un belvedere – ha spiegato – la classifica internazionale sulla liberta’ di stampa e nemmeno la relazione del Consiglio d’Europa, diffusa ieri, nella quale la situazione italiana viene attenzionata come quella dell’Ungheria e della Russia. Paesi nei quali viene negata la libertà di informazione. Noi in Italia non ci rassegniamo – ha aggiunto Lorusso – a questo destino e cercheremo di contrastare tutti coloro che ritengono che in questo Paese si possano introdurre tagli delle informazioni a colpi di provvedimenti. Noi non ci rassegniamo a coloro che a parole dicono di contrastare i tanti bavagli che esistono in questo Paese, ma di fatto non fanno nulla in Parlamento. Non è successo niente nella passata legislatura e non sta succedendo niente in questa. Non rinunceremo a portare le nostre proposte al Tavolo aperto con il governo e lo faremo anche con l’iniziativa pubblica del 14 maggio al teatro Adriano, dove si riuniranno il Consiglio nazionale della Fnsi, la conferenza nazionale del cdr e tutti coloro che hanno a cuore – ha concluso Lorusso – la libertà di informazione, senza la quale non c’è democrazia”.
Tra gli ultimi interventi al sit-in quello della giornalista Antonella Napoli, membro dell’Ufficio di presidenza di Articolo 21 e direttore di Focus on Africa, sottoposta a sorveglianza per le minacce ricevute da ambienti neofascisti e islamici, che ha parlato del fermo di alcuni giornalisti in Sudan che stavano seguendo le nuove manifestazioni a Khartoum per chiedere al Consiglio militare che ha preso il potere dopo il colpo di Stato che ha deposto il presidente Bashir, al potere da 30 anni, di lasciare il passo a un governo civile.
Lei stessa, lo scorso gennaio, era stata fermata in Sudan dove era impegnata a raccontare le rivolte che babbo portato alla caduta del regime.
“È importante, si, ricordare chi è caduto – ha affermato Floriana Bulfon, più volte minacciata dal clan Casamonica chiudendo la manifestazione – ma ancora più importante è restare vicini a chi oggi è minacciato perché è questa vicinanza che può permettergli di continuare il proprio lavoro”.
Nel pomeriggio è stata presentata la Carta di Assisi, il primo manifesto internazionale contro i muri mediatici. Al momento della firma, presso la sede della Fnsi a Roma, hanno partecipato l’Imam della Grande Moschea di Roma, Saleh Ramadan Elsayed, la presidente della Comunità Ebraica di Roma, Ruth Dureghello, e il Custode del Sacro Convento di Assisi, padre Mauro Gambetti. Alla presentazione, moderata da Roberto Natale, coordinatore del Comitato scientifico di Articolo 21, sono intervenuti tra gli altri il prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, Paolo Ruffini, il direttore di Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, il direttore della Sala Stampa della Basilica di San Francesco d’Assisi, Padre Enzo Fortunato, il responsabile comunicazione della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, Gian Mario Gillio, il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti, il segretario generale della Società San Paolo, Don Stefano Stimamiglio, e il direttore di Articolo 21, Paolo Borrometi.
“Non è un carta dei giornalisti né una carta deontologica, ma una dichiarazione di fratellanza universale contro il muro dell’odio, che chiama in causa tutti gli operatori di pace”. Così il presidente della Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi), ha definito la Carta di Assisi, il primo manifesto internazionale contro i muri mediatici e l’uso delle parole come pietre che è stato presentato e firmato questa sera nella sede della Fnsi. Il testo, ha ricordato Giulietti, è “frutto di un lunghissimo percorso” e, nel mettere “insieme persone diverse”, vuole essere “un’area di civiltà”. Si tratta, ha spiegato di “una dichiarazione universale, di tutti gli operatori di pace”. “La libertà dell’informazione si fonda sulle differenze”, ha osservato Giulietti per il quale la Carta di Assisi “non è un invito all’autocensura” ma “un piano di azione”. “Dobbiamo – ha detto – uscire dal lamento, dal narcisismo e dal ripiegamento su noi stessi per arrivare ad un’azione comune”. Nel corso dell’incontro, è stato anche presentato il volume “Carta di Assisi. Le parole non sono pietre”, edito da San Paolo, che contiene il decalogo con il commento di autorevoli esponenti del mondo dell’informazione.
La Carta di Assisi avrà un seguito al cortile di Francesco a settembre, ha fatto sapere Giulietti, che poi ha criticato il governo per i provvedimenti sul taglio dei contributi diretti all’editoria e a Radio Radicale: “Non si possono fare leggi per chiudere le voci delle differenze”, ha detto, ricordando che “ci sono molti modi per colpire i cronisti: la mafia, la camorra, gli spari, le aggressioni, lo squadrismo, le querele bavaglio”, ma anche “provvedimenti di legge che chiudano radio – da qui la mia solidarietà a Radio Radicale, ma anche ad Avvenire, al Manifesto e ai giornali diocesani”.
“Questa carta deve diventare il nostro giuramento di Ippocrate”, è l’appello di Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, convinto che la sua “forza è che viene dal basso, dagli operatori della comunicazione”. “Dovremmo tutti sottoscriverla come fosse un giuramento di Ippocrate del mondo contemporaneo”, ha spiegato, per un “uso dello parola come strumento secondo il fine per cui è stata creata, ovvero quello di comunicare, e che non deve dividerci”, come oggi troppo spesso accade. Se così facciamo, ha concluso, “tradiamo il senso stesso del nostro essere umani oltre che dello strumento che usiamo”.
“Il giornalismo costruisce la società, ha aggiunto il direttore della Civiltà Cattolica. “Questo è il punto. Leggendo un quotidiano o un rivista, guardando un servizio televisivo, la domanda che dobbiamo porci è: Quale società ha in mente questa testata? Quale società vuole costruire?”. Secondo Spadaro, “chi alimenta lo scontra tra civiltà protegge interessi inconfessabili”.