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Giornalista ferito: l’Ucsi esprime solidarietà al collega e condanna l’episodio

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L’Unione Cattolica della Stampa Italiana esprime la più ferma condanna per il grave episodio avvenuto a Genova, dove un giornalista della redazione genovese di Repubblica, Stefano Origone, è rimasto ferito durante gli scontri che hanno accompagnato la manifestazione di Casapound (vedi qui).

Colpito più volte con manganello e calci durante le cariche della polizia, Origone è arrivato in ospedale con le impronte delle suole Vibram degli anfibi degli agenti impresse sulla schiena, i segni del manganello sui fianchi, una costola fratturata, due dita della mano sinistra rotte, trauma cranico per le manganellate in testa ed ecchimosi su tutto il corpo. Il video, molto crudo, che documenta quanto avvenuto è ora al vaglio di quanti dovranno accertarne le responsabilità, e che già premettono che non ci saranno sconti. Il giornalista ha riferito la percezione di essere vittima di “follia, rabbia indescrivibile, furore irrefrenabile”, nonostante dicesse, a sua difesa, “sono un giornalista”.

A lui va la nostra piena solidarietà, mentre la nostra gratitudine profonda va al vice questore Giampiero Bove, che conoscendo personalmente Origone si è buttato sul suo corpo proteggendolo con il casco e urlando ai colleghi: “Fermatevi, fermatevi, cosa state facendo, è un giornalista, fermatevi”. Nella divisa da lui indossata abbiamo visto il volto autentico dello stato e delle forze dell’ordine che i giornalisti, come i cittadini, non possono che sentire dalla loro parte.

A questo punto aprono molte domande le parole del giornalista ferito: “come automi, gli agenti hanno smesso e se ne sono andati. Come se il loro furore fosse stato spento, con un clic.” E vengono in mente, sempre a Genova, la scuola Diaz durante il g8 del 2001, e Bolzaneto, poi definita “la caserma delle torture”.

E ci diciamo che dentro le divise, come per strada a raccontare la cronaca, e dietro le tastiere dei computer a elaborare le notizie, non dovrebbero mai esserci degli automi. Perché nelle situazioni incerte, e perfino nelle stagioni incerte della storia, sono le persone, a volte le singole persone a marcare le dovute differenze.


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