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Floriana Bulfon: così ho visto da vicino il vero volto dei Casamonica

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Parlare del libro sul clan Casamonica nel cuore di Roma alla Feltrinelli di piazza Colonna, in quello scorcio bello della città che si è lasciata invadere e sopraffare in modo violento da una “banda di straccioni e ladri di polli”, ché tali sono stati considerati i membri di una delle più violente e potenti organizzazioni criminali del Paese. Un errore gravissimo e prolungato che ha impedito per anni di guardare in faccia la realtà. Oggi pomeriggio viene presentato il libro di Floriana Bulfon, giornalista coraggiosa e maniacale nella ricerca della verità, che  ci ha “costretto” ad aprire gli occhi. E il suo non è soltanto il racconto di una feroce rete criminale ma più racconti, più storie unite da un filo conduttore che solleva il velo su una svista capitale, ovvero aver considerato i Casamonica degli sporchi zingari di periferia, con collari d’oro troppo vistosi, Ferrari, orecchino ma tutto sommato emarginati, lontani da ciò che si considerava “necessario” per parlare di clan vero e proprio. Questo errore Roma lo ha pagato caro.

Quando è scattata la molla definitiva per scrivere “Casamonica. La storia segreta”? E perché? In fondo avevi fatto molti reportage sul clan

“Diciamo che questo libro è il frutto di dieci anni di lavoro. Poi, se vuoi, a maggio scorso con la storia del Roxy Bar è scattata quella che possiamo chiamare la molla definitiva. Quell’episodio è stato molto importante anche per la reazione che ha avuto il quartiere, l’intera città, le associazioni. Mi son detta: adesso devo rimettere insieme tutti i pezzi del mosaico e così ho cercato di ricostruire cosa è accaduto a Roma”

Cosa?

“L’ascesa del clan Casamonica è coincisa con il declino di Roma, due mutazioni che hanno viaggiato in modo simmetrico e più aumentava la loro tracotanza più Roma andava giù, i quartieri si facevano città e loro erano sempre più potenti, visibili”

Quello che ha cambiato per sempre la percezione di quella famiglia è stato il funerale di Vittorio Casamonica, una vera e propria prova di forza e di prepotenza sulla città e lo Stato, no?

“Sì, lì è stato impossibile non vedere, non capire. Però anche in quel caso c’è da dire dell’altro: i rom sono abituati a quel tipo di funerali in pompa magna, l’elemento che cambia tutto è la musica del film ‘Il padrino’, un messaggio chiarissimo”

Tu nel libro hai sfatato definitivamente un tabù: questi non sono ladri di polli e sfasciacarrozze

“No, anzi loro hanno tutte, ma proprio tutte, le caratteristiche di un’organizzazione di stampo mafioso. Hanno tanti soldi, amicizie importanti, trattano direttamente con i cartelli colombiani della droga e con la ndrangheta, controllano militarmente il territorio. Cos’altro dovevano avere per essere considerati mafiosi? Hanno imposto un modello e il terrore nei quartieri. Lì c’è gente che ha paura e che pur di salvarsi si fa schiava per tutta la vita, cioè paga per sopravvivere nei pezzi di città dove comandano loro e solo loro”.

Sei probabilmente l’unica giornalista che li ha osservati da vicino, quasi un’infiltrata. Come hai fatto?

“Diciamo che io per dieci anni sono stata in mezzo a loro, ho vissuto dove vivano loro, ho visto i bar che frequentavano, quando andavano nei negozi a prendere ciò che volevano senza pagare, ho visto gli occhi delle persone che subivano questo stato di cose. Non si può dire che lo accettassero ma era un sistema ed era lì, ineluttabile”.

Nonostante tutto questo, per arrivare ad “accettare” la parola mafia sul piano formale si è dovuti arrivare al 2018
“Certo, perché poi sono cambiate molte cose negli ultimi anni, compreso il metodo di valutazione dei Casamonica, i quali però non avevano mai nascosto la loro identità né il metodo che utilizzavano; semplicemente c’è stata una sottovalutazione”.

Tu descrivi una brutta Roma, una Roma perduta quasi

“Questo libro è il mio atto d’amore verso Roma, la città che mi ha accolto, dove lavoro e vivo anche se non sono romana. Era necessario raccontare l’ascesa del clan che ha determinato (ed è coincisa) con il declino di Roma”


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