di Pino Salerno
Per la prima volta nella storia la maggioranza degli eurodeputati italiani sarà al di fuori del perimetro Ppe-Pse-liberali-verdi. Matteo Salvini vince le Europee, supera il 34% dei voti, rovescia completamente in un solo anno i rapporti di forza all’interno della maggioranza italiana di governo e schiera il nostro Paese al fianco di Marine Le Pen, primo partito in Francia, sostanzialmente isolando l’Italia dal resto dell’Europa. I sovranisti vincono anche in Gran Bretagna e Ungheria, ma Fpoe e Pvv arretrano in Austria e Olanda. In Svezia, Spagna e Portogallo vincono i socialisti. In Germania, Afd è solo il quarto partito, dopo Merkel, Verdi e Spd. Complessivamente, nonostante l’ampio contributo italiano, i deputati nazionalisti e antieuropeisti saranno meno di duecento su 751. Il 4 marzo 2018 per le politiche il Movimento 5 Stelle ottenne il 32,7% dei voti e la Lega il 17,3%. In un solo anno di governo i rapporti di forza si sono capovolti. I pentastellati, in Europa attualmente alleati di Farage, protagonista della Brexit, porteranno a Strasburgo meno deputati di 5 anni fa, quando ottennero il 21% dei voti. Di Maio, oggi fermo al 16,8%, dimezza i consensi e avrà anche il problema di costruire un gruppo parlamentare europeo: i suoi alleati polacchi, greci, finlandesi ed estoni non entreranno a Strasburgo. Le difficoltà peggioreranno se Farage e i suoi realizzeranno effettivamente la Brexit. Cinque anni fa alle Europee la Lega ebbe appena il 6% dei consensi. Il terremoto è evidente. Le prime conseguenze di questi cambiamenti si vedranno al momento degli accordi per le nomine alla Commissione Ue e alla Bce. Nella legislatura che si conclude quest’anno l’Italia ha avuto la Presidenza della Bce (Draghi), dell’Europarlamento (Tajani) e l’Alto rappresentante per la politica estera (Mogherini). Per Conte, Salvini e Di Maio si apre ora la delicata fase delle trattative con famiglie politiche avversarie. Le elezioni Europee 2019, con un’affluenza ferma al 56,1%, due punti e mezzo in meno rispetto al 2014, hanno dato il passaporto per Strasburgo solo a 5 partiti italiani: Lega (34,4%), Pd-Pse (22,9%), M5s (16,8%), Fi-Ppe (8,7%), Fdi-conservatori e sovranisti (6,4%). L’Italia non avrà eurodeputati nel gruppo liberale dell’Alde né nel gruppo dei Verdi. La lista +Europa non supera lo sbarramento del 4% e si ferma al 3,1%. La lista ‘Europa Verde’ ottiene solo il 2,3%. La Sinistra si ferma all’1,7%. Entra, invece, il partito di Giorgia Meloni che cinque anni fa si fermo’ al 3,7%. Per quanto riguarda il territorio italiano, la Lega si conferma primo partito in tutto il nord e centro Italia, compresi Emilia Romagna, Lazio, Umbria, Marche, Abruzzo e Sardegna. Il Pd mantiene la leadership in Toscana. Il Movimento 5 Stelle prevale nelle restanti regioni meridionali con punte superiori al 30% in Campania e Sicilia. La Lega tocca l’apice in Veneto, sfiorando il 50% dei voti.
Per Nicola Zingaretti il risultato per il Pd è positivo. Il segretario dem si presenta poco dopo l’una in sala stampa a Nazareno. Aspetta che sia finita la conferenza stampa di Matteo Salvini per venire a dire che, da stasera in poi, la sfida sarà proprio con il leader della Lega. I 5 stelle affondano e il Pd, dice, ”torna protagonista di un nuovo bipolarismo” tra centrodestra e centrosinistra. ”Questa è la novità politica” che consegna il voto delle europee. ”Siamo molto soddisfatti”, scandisce Zingaretti mentre le proiezioni danno i dem ben sopra il 20 per cento. Obiettivo raggiunto. ”La scelta delle lista unitaria è stata una scelta vincente”, rivendica. E quella è la strada su cui andare avanti: ”Useremo la forza di questo risultato per costruire un Piano per l’Italia, per costruire l’alternativa a Salvini e arrivare pronti alle politiche”. Quando? Tra i dem la valutazione diffusa è che si potrebbe votare già entro l’anno. Riflette Andrea Orlando, vice di Zingaretti: ”Oggi Conte è ancora più debole, il suo ruolo di arbitro è venuto assolutamente meno, ora Salvini è il capo. Non se questo porterà al voto anticipato ma un governo che già non esiste più da alcuni mesi, da stasera è ancora più fragile”.
Nicola Fratoianni, segretario nazionale di Sinistra Italiana, non nasconde l’amarezza per un risultato molto al di sotto delle aspettative per la lista La Sinistra, che raggiunge meno del 2 per cento, superata dalla lista Verde Europa, attorno al 2,3% e da +Più Europa al 3,3%. “Le europee segnano per la sinistra un dato negativo, molto al di sotto delle attese. Si allunga un’ombra nera sul Paese e sull’Europa. I risultati della Lega e delle destre sono preoccupanti. Un grazie di cuore a tutti/e coloro che ci hanno sostenuto e ci sostengono” afferma Fratoianni, intervistato da la 7.
Com’è andata in Europa
Non c’è stato il ribaltamento del quadro politico al Parlamento europeo come sognava il variegato fronte nazionalpopulista e di destra estrema, nonostante la vittoria di Salvini in Italia, Le Pen in Francia, di Orban in Ungheria e di Farage nel Regno Unito. Questo fronte non è in grado di formare una maggioranza: i tre gruppi in cui si articola arrivano a 172 seggi su 751. Né sono in grado di ostacolare la formazione di una maggioranza, molto ampia, di eurodeputati pro-Ue che può contare su 506 voti. Per eleggere il presidente della Commissione europea occorre una maggioranza di 376 voti. Il Partito popolare (Ppe), il partito con più seggi, e il Partito socialista europeo (S&D) perdono per la prima volta la maggioranza dell’Aula se conteggiati insieme perdendo il privilegio della ‘diarchia’ nella guida parlamentare. Netta avanzata di liberali (Alde) e Verdi (grazie all’effetto-Greta) che costituiscono parte integrante del fronte pro-Ue. Queste le indicazioni di fondo che emergono dal voto. Tuttavia, gli effetti politici dell’avanzata dei ‘sovranisti’ si faranno sentire molto presto nelle relazioni tra i governi, al Consiglio europeo.
Rispetto al 2014, il Ppe ha perso 38 seggi scendendo a quota 179 e i Socialisti&Democratici (così si chiama da vari anni il gruppo del Pse) ne hanno persi 37 piazzandosi a quota 150. Un posizionamento insufficiente a garantirsi ancora la lunghissima stagione di duopolio nel ‘dare le carte’ istituzionali, ora soppiantata dal necessario allargamento ai liberali dell’Alde e ai Verdi. La perdita di centralità dei due classici partiti politici europei, fenomeno che si riscontra da tempo in diversi Paesi, si approfondisce trasferendosi anche a livello europeo. Tuttavia per la sola maggioranza dei seggi, necessaria per eleggere il presidente della Commissione, sarebbero sufficienti Ppe, Pse e uno dei due partiti. I liberali dell’Alde, al quale si affiancano gli eletti in Francia con Republique en Marche di Macron, guadagnano 39 seggi arrivando in totale a 107. E’ il terzo gruppo parlamentare. Poi i Verdi che passano da 52 a 70 seggi: +18 seggi. La netta affermazione di liberali e Verdi costituisce una delle novità di fondo di questo voto che rende possibile una nuova fase politica di dialogo più largo tra le forze pro-Ue per quanto concerne le scelte istituzionali.
Il fronte nazionalpopulista/sovranista e di estrema destra si articola in tre gruppi. Il gruppo Conservatori e riformisti (Ecr) è il solo dei tre che perde in realtà voti e seggi: -18 a quota 58. Ne fanno parte il partito al potere in Polonia Diritto e Giustizia, gli euroscettici britannici e Fratelli d’Italia. Europa della libertà e della democrazia (Efdd) di cui fanno parte il Brexit Party di Nigel Farage, l’asso vincente del voto nel Regno Unito, e nel parlamento in scadenza il Movimento 5 Stelle – si vedrà quale sarà la sua collocazione nel nuovo parlamento – guadagna 15 seggi a quota 56. Europa delle nazioni e della libertà, gruppo di cui fanno parte Lega, Rassemblement National di Marine Le Pen e i nazionalisti di destra anti-Ue di Alternative fur Deutschland, guadagna 21 seggi portandosi a quota 58. Il sogno del ribaltamento del profilo politico del parlamento da parte di questo fronte si esaurisce in un incremento di soli 18 voti. Ad un certo punto i deputati britannici se ne andranno, se davvero la Brexit diventerà realtà. Per ora però ci sono e occorre tenerne conto. Il gruppo confederale della Sinistra unitaria/Sinistra verde nordica (Gue/Ngl) perde 14 seggi portandosi a quota 38. Sette i deputati non iscritti (erano 21 nella precedente legislatura), 28 i neoeletti senza appartenenza a un gruppo politico del parlamento uscente (come nel 2014-2019).
Spicca nel nuovo quadro politico europeo la perdita di consensi a Cdu e Spd in Germania: il partito della cancelliera Merkel ottiene il risultato peggiore dal 1949, 28,7%, e la Spd diventa il terzo partito con il 15,6%. Tra i due, i Verdi che si piazzano al 20,7%. Mentre la destra estrema nazionalista Afd è il quarto partito con il 10,8%. In Francia Le Pen al 23,5%, Macron al 22,4% (al primo turno delle presidenziali la prima aveva ottenuto il 21,3%, il secondo il 24%). E naturalmente il voto italiano con il ribaltamento dei consensi tra Lega e M5S. Marine Le Pen ha parlato di ‘gruppo potente’ nel nuovo Parlamento, sulla base della ferrea alleanza con Salvini, tuttavia i numeri non giustificano questa prospettiva. In Ungheria Orban ha il 52,3% dei consensi. In Polonia il partito Diritto e Giustizia al potere ottiene il 43,1%, ma è tallonato dalla Coalizione democratica che ottiene il 38,4% dei consensi: il Paese è di fatto spaccato. Il partito che avrebbe dovuto essere tra gli alleati del M5S, Kukiz’15 ha ottenuto un misero 3,8%, sotto la soglia di sbarramento. In Spagna brillante vittoria socialista con il Psoe di Sanchez che si conferma il primo partito al 32,8% e il partito popolare scende al 20,1% (cinque anni fa la posizione era invertita), Ciudadanos al 12,1%, gli estremisti di destra di Vox al 6,2%. In GreciaNuova Democrazia (Ppe) si porta al 33,2% (primo partito) e Syriza si colloca al 23,8%: in evidente affanno Tsipras ha deciso di tornare alle urne per eleggere un nuovo parlamento nazionale e, intanto, indica che potrebbe entrare nel gruppo Socialisti&Democratici (permettendo ai socialisti di avvicinare le distanze con i popolari). In Olanda va male il partito liberale del premier Mark Rutte al 14,6%, il primo partito è quello laburista con il 19%: entrambi avranno 6 seggi al parlamento europeo. In Austria il partito del cancelliere Kurz riusulta largamente in testa davanti ai socialdemocratici e al partito di estrema destra Fpo, travolto dall’Ibizagate: il Partito del popolo austriaco (Ppe) si attesta al 34,9%, i socialdemocratici al 23,4%, Fpo al 17,2%. I Verdi sono al 14%.