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Cannes 2019. “Il traditore”: dal Maxiprocesso all’omicidio Pecorelli, l’Italia attraverso le confessioni di Buscetta in un film  opportuno

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CANNES – A Tommaso Buscetta avevano già ammazzato  un fratello e due figli,  quando decise di collaborare con la giustizia. Il suo referente era Giovanni Falcone.  Buscetta, chiamato  “Boss dei Due Mondi”, nel 1984 era stato estradato dal Brasile e una volta rientrato aveva trovato una guerra sanguinosa per il controllo della droga, scatenata da Riina e dal clan dei Corleonesi. Le sue rivelazioni su Cosa Nostra portarono al maxi-processo nel 1986: 475 imputati, oltre 200 avvocati radunati a Palermo in un’aula bunker. Lo racconta nel suo film in concorso a Cannes 72 Marco Bellocchio, in un’opera alla cui base c’è l’analisi dei fatti, l’approfondimento dei materiali d’epoca,  di stampa e carte processuali, per rendere  autentico il   “traditore” di Cosa Nostra, ovvero Tommaso Buscetta, che mai traditore volle riconoscersi e accusò gli eccessi  da macellaio di Riina come causa della distruzione della cupola.

Durante le assise assistiamo stupefatti a quello che è la bassezza umana. Dopo la morte di Giovanni Falcone, che Tommaso Buscetta dice di aver stimato e amato, il collaboratore di giustizia puntò il dito contro le connivenze stato-mafia, accusando Salvo Lima e Giulio Andreotti, diventando un testimone chiave nel processo per associazione mafiosa e per l’omicidio Pecorelli. Quanto attenga all’uomo che fu veramente Buscetta – nel film, pur entrato da  bambino nel clan mafioso e pur avendo alle spalle degli omicidi,  non è esente da dubbi di coscienza –  è impossibile saperlo, ma la fiction, parlata in siciliano strettissimo, ce lo rende verosimile e ci aiuta a capire meglio quello che è stato un periodo storico e, purtroppo, un dramma italiano non ancora chiarito. Un film necessario e ben fatto, quello di Marco Bellocchio, supportato da un intero cast all’altezza. Spiccano Luigi Lo Cascio e, ovviamente, Pierfrancesco Favino in un ruolo, quello del protagonista, che è forse il suo migliore.  Auspicabile e giusto sarebbe – non lo sostengo per sciocco campanilismo – che “Il traditore”  venisse insignito di un riconoscimento dalla giuria di  Cannes.


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