Mutaverso Teatro e il lavoro del suo direttore artistico Vincenzo Albano, storicamente può essere comparabile a quel periodo di fermento e audacia, che a Salerno non si riscontrava dalla breve parentesi che va dagli anni 1973 al 1976, quando in città veniva organizzato il festival Nuove Tendenze diretto da Giuseppe Bartolucci. Vincenzo Albano è un organizzatore indipendente formatosi come assistente di Maurizio Scaparro, tra Roma e Firenze, scegliendo poi di ritornare a Salerno, dove ha anche collaborato all’Università degli Studi di Salerno con Antonia Lezza, docente di letteratura teatrale italiana. Nel suo curriculum artistico c’è traccia anche di un passato come attore, ruolo che verrà successivamente lasciato per dedicarsi a tempo pieno all’organizzazione teatrale.
Per farlo ha iniziato a viaggiare in tutta Italia con l’ intento di visionare gli spettacoli e concertare titoli, scelte e date programmate, insieme ad altri operatori campani (TAN, Nest, Officina San Leucio). Così facendo ha dialogato con loro per unire le forze e consentire ad artisti, anche molto lontani, di poter svolgere delle tournée per la prima volta in Campania. È accaduto nel 2018 con Marta Cuscunà (e prima ancora nel 2017 con Cuocolo/Bosetti) visti a Salerno e per la prima volta in Campania con “La semplicità ingannata“, spettacolo della sua trilogia sulle “resistenze femminili”, in prima regionale in città considerata “arretrata” culturalmente rispetto a Napoli, non lontana eppure molto distante perché considerata “differente”.
A Salerno sono stati invitati da Erre Teatro (l’associazione che gestisce la rassegna) “La merda” di Cristian Ceresoli (vincitore all’Edinburgh Fringe Festival), “Acqua di Colonia” di Frosini/Timpano; Carullo/Minasi. Nel 2018 in prima regionale Roberto Latini con “Il cantico dei cantici“, i Sotterraneo per la prima volta in Campania. Bahamut Teatro il cui regista Leonardo Manzan ha vinto il bando indetto dalla Biennale di Venezia per la produzione di uno suo spettacolo. I Dispensa/Barzotti vincitori della Direction Under 30 a Gualtieri ( provincia di Reggio Emilia), un gruppo caratterizzato da un linguaggio sicuramente non tradizionale con il loro teatro-immagine- muto. È assodato come Vincenzo Albano con la sua rassegna stia cercando di “mutare-verso” e far conoscere linguaggi “altri” che altrimenti non si potrebbero vedere, non solo a Salerno, ma in tutta la Campania.
Nel 2013 ha curato anche le monografie dedicate alla drammaturgia contemporanea del sud Italia (Tino Campanello, Spiro Scimone, Carlo Gallo) e di recente nel 2018, a Salerno durante il periodo delle vacanze natalizie, in una chiesa sconsacrata, ha permesso di far incontrare per la prima volta i talenti salernitani della nuova scena nazionale, che per scelta o necessità, vivevano lontani dalla propria città d’origine. “Itaca – la bottega dei ritorni”, il laboratorio a cura di Maurizio Lupinelli (attore e regista “residente” ad Armunia a Castiglioncello dove si svolge ogni anno il festival Inequilibrio). Qui la redazione di Scene Contemporanee, di cui fanno parte anche redattori e critici che vivono e lavorano in altre città, ma sono nati a Salerno, tra cui Renata Savo, ha raccontato l’esperienza attraverso un diario.
Nonostante questo Erre Teatro riceva attestati di stima e fiducia, consenso anche dalle istituzioni locali, a tutt’oggi non dispone di uno spazio stabile, uno spazio “off”, che di fatto manca in una Salerno oltretutto cresciuta dal punto di vista urbanistico in cui opera anche un associazionismo culturale molto attivo dal punto di vista della domanda e della propedeutica teatrale.
Vincenzo Albano in questa intervista spiega il bilancio della stagione appena conclusa e anticipa il suo pensiero programmatico per il futuro.
Mutaverso Teatro, quarta edizione della Stagione salernitana. Nove appuntamenti, sei prime regionali, cinque ospitalità uniche in Campania da dicembre ad aprile. Tra queste, “Farsi silenzio” di e con Marco Cacciola, “La buona educazione” della Piccola Compagnia Dammacco, “Docile” dei Menoventi. Vincenzo Albano come vede il bilancio finale?
«È andata bene. Considerando gli strumenti a disposizione, i risultati mi appaiono sempre miracolosi. Molti meccanismi sono poi consolidati e piccole abitudini rasserenano il mio lavoro e quello degli artisti ospiti. Credo si percepisca e che la qualità degli incontri, umani prima ancora che professionali, non sia da poco. Detto ciò, penso decisamente sia stata un’edizione “di non ritorno”. Un passo avanti è necessario, anche esponendomi di più».
Il logo di Mutaverso Teatro continua a rappresentare un pipistrello a testa in giù, simile ad un cartoon. Qual è il significato della Stagione all’interno del contesto cittadino? Da dove è partito per mutare-verso, e dove sta andando?
«Per mia scelta, il logo della stagione di Mutaverso Teatro è rimasto uguale negli anni senza recare mai titoli o sottotitoli. Non escludo piccoli cambiamenti e ci sto già pensando. L’idea e la realizzazione grafica di Cinzia Muscolino, non solo ha generato una singolare empatia, ma comunica in modo fortemente riconoscibile il mio percorso da operatore culturale. Oggi ancor di più, in un momento molto delicato per Mutaverso Teatro, e in generale della mia carriera di organizzatore, senza dubbio tra le esperienze plurali della mia città, credo fortemente alla forza delle identità e alle loro potenziali analogie progettuali. Mi tengo in questo senso lontano da collaborazioni evanescenti, se non addirittura incompatibili artisticamente. È una scelta consapevole, non sempre accomodante, fisiologica, ma del resto proprio dalle scelte sono partito, percorrendo poi tappe obbligate per chiunque decida di intraprendere un mestiere: da qualche parte daranno i loro frutti».
Terminata la rassegna a cosa si sta dedicando ora?
«È in essere una collaborazione con il Festival Salerno Letteratura. Sono molto contento dell’attenzione e dello spazio accordatomi e attendo di poterne comunicare il contenuto. Per adesso mi limito a dire che la proposta accolta in definitiva dalla direzione artistica rispecchia fortemente l’identità del progetto culturale di Erre Teatro e il senso che la sottende. Parallelamente, sto lavorando all’edizione 2019 di Teatri in Blu a Cetara, che anticipo inizierà il 30 giugno e andrà avanti fino al 9 agosto. È un progetto cui tengo molto, anche perché unisce in modo alchemico il teatro e il mio amore per il mare. Pur avendo potenzialità ancora inespresse ritengo sia unico e molto suggestivo, senza contare il ruolo che ricopre la bellezza del borgo in ogni suo aspetto. Nell’edizione di quest’anno proverò a coinvolgere di più anche la sua “terraferma”, unitamente agli spettacoli in mare sulla tonnara “Maria Antonietta”(imbarcazione per la pesca dei tonni nel Mediterraneo, ndr) che ne contraddistinguono ovviamente il concept. Entro il 9 agosto vorrei poi avere chiaro anche la stagione Mutaverso Teatro 2020, la quinta. Considerando la sopravvivenza con cui è costretta a fare sempre i conti, provo il desiderio di festeggiare l’occasione provando ad avvicinarmi di più alla fisionomia che immagino per essa. Mi interessano spettacoli visti lo scorso inverno e altri in programma nei festival estivi».
Qual è il pubblico di Mutaverso Teatro, oggi? Ha adottato particolari strategie di audience development?
«La fisionomia del pubblico è abbastanza eterogenea, anche se continuo a registrare assenze recidive a mio avviso ingiustificabili, tra studenti, allievi, attori e maestri. E quest’ultimi li potrei citare con le virgolette. Non voglio polemizzare ma segnalo un elemento che rilevo anche per orientare diversamente sinergie e collaborazioni, dove possibile, nel territorio in cui opero. Impossibile prescinderne. Il problema tuttavia non è questo, ma è il rapporto fiduciario che nel tempo si è creato con buona parte degli spettatori, un vincolo umano che tende a precedere la proposta culturale in sé e che mi responsabilizza oltremodo nelle scelte e negli azzardi, proprio per non “tradirlo”. È un aspetto fondamentale di questo particolare algoritmo, che va oltre i numeri e che ha radici in una strategia di audience developmet molto artigianale e mai, per fortuna, tramontata: il “porta a porta”. Questo è ciò che all’inizio mi potevo permettere e pratico ancora assieme alle collaborazioni affiancatesi in itinere. Una gestione che continuerei comunque a fare in presenza di economie da poter investire in tal senso. Il prossimo passo è la realizzazione, ad esempio, del sito web».
Cosa vorrebbe migliorare di Mutaverso Teatro e quali condizioni occorrerebbero per essere in grado di realizzare quei miglioramenti?
«Il discorso non è migliorare, ma rendere trasversale la proposta, come spesso ho dichiarato. Nella pratica dell’associazione manca un segmento sulla formazione propedeutica, che possa fungere anche da forza volitiva a supporto delle attività e della Stagione, senza contare che proprio all’interno del programma di Mutaverso Teatro mancano laboratori di formazione qualificata e incontri con gli artisti. Vorrei poter programmare interventi performativi urbani, riprendere i progetti monografici di qualche anno fa adattandoli ad hoc, ipotizzare poi una proposta “kids”, ma anche poetica, musicale, letteraria. Vorrei, insomma, arricchire i connotati dell’offerta e renderla, se non permanente, almeno non così episodica.
Ero consapevole che un certo percorso mi avrebbe esposto a sforzi emotivi enormi, a investimenti personali, a rinunce, ma ho scelto di percorrerlo a testa bassa, rispondendo in maniera propositiva alle negazioni, senza mai urlare, portando risultati miracolosi con mezzi totalmente insufficienti e muovendomi come un acrobata – assieme a Stefania Tirone – tra diversissimi ruoli e ambiti, cucina compresa. Fin quando sarà possibile tenere in piedi tutto questo? Quanto durerà ancora il volontariato? Se mi chiede delle condizioni non posso che parlare di economie e i conti si fanno presto, oltre a essere trasparenti. Per la realizzazione della Stagione 2019 ho in delibera comunale un contributo di 10.000 euro, che è pari al debito accumulato nel 2018, quando per la terza Stagione, portata ugualmente a termine, non ho avuto alcun contributo (a parte l’Auditorium). Per fortuna, per le attività dello scorso anno, la Regione Campania ha erogato una quota per Erre Teatro di 2.600 euro, che al netto dell’onorario per la pratica della consulente porta il mio debito a circa 8000 euro, che sto ancora saldando attingendo dagli incassi derivanti dallo sbigliettamento e da guadagni miei personali provenienti da altre collaborazioni, sempre come operatore culturale: il mio vero lavoro e non un hobby. Non c’è un solo artista o fornitore che vanta crediti nei miei confronti. Questa è la realtà dei fatti e non una lamentela. La marginalità da superare affinché Mutaverso cresca e diventi competitivo e appetibile anche per eventuali sponsorizzazioni private. Credo molto in un virtuoso meccanismo pubblico-privato e nel concetto di impresa culturale.
La realizzazione non dandola per scontata, sarebbe quella di una nuova attenzione politica nel solco di ciò che è stato realizzato e una casa da “abitare” non solo per otto giorni l’anno. Mi preme ricordare anche che riapre il Teatro Ghirelli dopo anni di chiusura. Forse la soluzione si potrebbe trovare…».
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