«Buongiorno agli ascoltatori, ed eccoci all’appuntamento con stampa e regime…»: l’attacco celeberrimo della rassegna stampa di Rado radicale, curata per anni da Massimo Bordin. Del protagonista della radio si sono svolte ieri le esequie laiche presso la Facoltà valdese di teologia di Roma.
Il sentimento diffuso, espresso dai numerosi interventi, era di un profondo cordoglio per la perdita di una persona difficilmente sostituibile. Sia per le qualità politiche, culturali ed umane; sia per l’impronta peculiare data alla programmazione, e in particolare alla lettura mattutina dei giornali.
Grazie a Bordin la rassegna stampa è diventata un vero e proprio format, con un’identificazione immediata data dall’attacco e dalla voce. Rispetto alle pur numerose e spesso serie esperienze omologhe, quella radicale è riuscita a rendere il racconto delle notizie fresche di stampa una sequenza di uno spettacolo mediatico: allusioni ironiche mai volgari, memoria storica, messa in scena teatrale del teatro della politica. Una piece, uno straordinario monologo civile condotto talvolta con punte esagerate o non condivisibili, ma con l’efficacia del prim’attore. Le intemerate contro Marco Travaglio, ad esempio, erano assai gustose, come con signorilità ha riconosciuto “il Fatto” dando a Bordin l’onore elle armi. E pareva di vederli – l’uno e l’altro – impegnati in un’epica lotta tra duellanti che alla fine si stringono la mano mentre il pubblico applaude.
Buongiorno agli ascoltatori, ed eccoci all’appuntamento con stampa e regime…
Una rassegna talvolta aspra e tuttavia educata, permeata di una cifra frutto di uno stile di vita. Come ha ricordato Paolo Mieli il “Corriere della sera” si interessò a Bordin nel 2010, quando quest’ultimo si dimise dalla direzione della radio per dissapori con Pannella. Cortese ma fermo il rifiuto di un “salto” che pure avrebbe sensibilmente migliorato le condizioni economiche di un giornalista innanzitutto militante radicale. Chapeau.
L’utilizzo delle pause, dei toni, dei volumi è ciò che connota la voce. E la radio è soprattutto la voce. Ciò che nella sorella televisiva si incrocia con l’immagine fino a diventarne una componente, nella radio è tutto. Chi ascolta può diventare severissimo verso cantilene, bisticci di parole, inutili prolissità. La voce attribuisce carattere e ritmo al palinsesto, regolandolo in modo preciso quando è appropriata. Possono esserci raucedini o persino colpi di tosse, dentro – però – un flusso riconoscibile ed autorevole. Suoni dell’anima, come recita un felice volume dedicato all’essenza nascosta della voce (Vismara e Pierobon, 2009). «La voce è l’es, la parte femminile inconscia, l’emozione», così scrive l’introduzione.
Massimo Bordin è riuscito a forgiare una miscela pressoché perfetta: testi, contesti, suoni, riferimenti all’enorme antologia politica che padroneggiava. Lo ha giustamente sottolineato Filippo Ceccarelli, a sua volta detentore di un analogo tesoro. Insomma, se radio radicale ha assunto il ruolo importante che tuttora ha molto si deve alla capacità rabdomantica del suo senior, che ormai ci guarderà da lassù in una ritrovata sintonia con Marco Pannella con il quale svolgeva ogni domenica pomeriggio un siparietto indimenticabile, degno di una strana coppia.
Il ricordo rischia di rimanere una appassionata retorica se non si coniuga alla doverosa lotta per la sopravvivenza di un’esperienza unica nel genere. L’attuale direttore Alessio Falconio e l’intera comunità della più famosa radio di talk non possono vedersi “rubare” un’attività che, come il noto settimanale, vanta tanti tentativi di imitazione. Vani.
Per la vita della radio e delle testate colpite ugualmente dal governo basta, del resto, un emendamento. Fatelo almeno per Massimo Bordin. Se avete un’anima.