Pochi i politici che, negli ultimi mesi, hanno parlato di mafie, di criminalità organizzata in generale, della esigenza di individuare nuove strategie per una forte azione di contrasto.
Molti, invece, quelli che si sono “sbracciati” sul tema dell’immigrazione via mare, come fosse la vera emergenza criminale da affrontare nel Paese.
Molti anche quelli che si son dati da fare per far approvare in Parlamento la legge che amplia le situazioni di legittima difesa, contribuendo, così, a rafforzare quel sistema della sicurezza fai da te che si è andato diffondendo negli ultimi anni con la nascita, in diverse città e con il beneplacito delle autorità di pubblica sicurezza nazionali e provinciali, di gruppi di vicinato et similia per aumentare il controllo urbano.
A fronte della sostanziale assenza di una strategia nazionale antimafia della politica ed in attesa che l’attuale Commissione parlamentare Antimafia indichi al Governo qualche priorità sul tema (sul punto suggerirei una attenta lettura di quanto scritto nella relazione conclusiva del febbraio 2018 della precedente Commissione presieduta da Rosi Bindi), Libera ed altre poche istituzioni continuano con la loro battaglia culturale per una adeguata e diffusa conoscenza delle varie mafie e per cercare di far crescere quegli anticorpi sociali di cui si avverte un gran bisogno.
Una delle interessanti iniziative di questi giorni è dell’Università di Parma che proprio il 3 aprile (in concomitanza con la prima missione della Commissione Antimafia a Bologna, Modena e Reggio Emilia) da l’avvio al corso “Conoscere per riconoscere:le mafie in Emilia e nel Nord Italia”, prendendo spunto dal maxiprocesso Aemilia contro la mafia calabrese che vi si è insediata.
Un’iniziativa sicuramente apprezzabile, ma ci aspetteremmo di più sul piano della repressione a livello internazionale, perché da anni la ‘ndrangheta si è infiltrata in quasi tutti i paesi dell’UE, come si può rilevare leggendo gli atti delle varie inchieste giudiziarie (su tutte quelle relative a Crimine, Crimine 2, Solare).
Così, in Germania, alle sei “locali” di Revensburg, Engen, Rielasingen e Singen, Stoccarda e Francoforte che contano oltre 200 ‘ndrine e circa duemila affiliati, si aggiungono significative presenze a Krefeld della cosca Strangio di San Luca, di quella Ursino di Gioiosa Jonica ad Hannover, dei Carelli di Corigliano Calabro a Francoforte, Norimberga, Ludwisburg e Mulheim, dei Nirta Strangio e Mammoliti di San Luca a Detmold, Monaco, Neunkirchen e Saarbrucken, della cosca Ruga di Monasterace a Tubinga, di quella dei Morabito di Africo a Colonia, dei Megna di Papanice a Dusseldorf, dei Mazzaferro di Marina di Gioiosa Jonica a Manheim. Tutti in “affari” nel riciclaggio, nel commercio, nel traffico di cocaina, nelle estorsioni e nell’usura.
Situazione non entusiasmante neanche a Londra con le cosche di Aracri di Crotone e Fazzani di Rosarno, a Dublino con i Trimboli di Plati, a Lisbona con i Pelle-Vottari-Romeo-Giorgi di San Luca e a Setubal con i De Stefano di Reggio Calabria.
Presenze silenziose anche in Svizzera con tre “locali” a Zurigo, Fraufeld e Mossendorf, mentre a Lugano si spartiscono gli “affari” i Ferrazzo di Mesoraca e i Fazzari di Rosarno, a Ginevra operano i Piromalli di Gioia Tauro e i Bellocco di Rosarno e a Visp i Gallicianò e i Rodà.
Se in Belgio e Olanda ormai le cosche sono di “casa” (a Bruxelles i Bellocco di Rosarno, a Charleroi i Sità di Mammola, ad Amsterdan e Diemen i Nirta-Strangio ed altre cosche reggine), in Romania cercano spazi di manovra i clan Alvaro (a Bucarest) e Valle (a Dej), mentre i De Stefano di Reggio Calabria hanno trovato buone “opportunità” in Montenegro.
“Ospitale” anche la vicina Francia dove la mafia calabrese ha attivato da alcuni anni ben quattro “locali” a Tolone, Clermont Ferrand, Menton e Nizza (con presenze a Cap d’Antibes, Marsiglia, Pegonas, Montecarlo) e in Spagna con le cosche Marando-Sergi di Platì e Morabito-Bruzzaniti di Africo a Madrid, con Maesano-Paviglianiti a Palma di Maiorca, i Piromalli-Molè di Gioia Tauro a Barcellona, i Trimboli-Marando-Barbaro a Malaga e la cosca Cicero di Belvedere Marittimo ad Algeciras.
In Slovacchia, infine, è ben nota la vicenda dell’omicidio del giornalista Jan Kuciack, assassinato poco più di un anno fa, insieme alla sua fidanzata, mentre stava facendo un’inchiesta proprio sulla presenza della mafia calabrese nella capitale.
Innanzi ad un quadro di tal genere le indagini penali per individuare, indagare e rinviare a giudizio i mafiosi esigono un’azione coordinata e concertata negli Stati membri, con tempi rapidi che possono essere assicurati solo istituendo una DIA e una DNA (Direzione Nazionale Antimafia) europee.
Sempre che si voglia, realmente, cercare di arginare la potenza criminale delle mafie. E sul punto continuo ad avere molti dubbi.