A Calolziocorte in provincia di Lecco le notizie del Comune arrivano sulla chat di Telegram, è attivo un numero verde dedicato esclusivamente alle segnalazioni dei guasti ai lampioni cittadini, ma soprattutto sono state introdotte le “zone rosse e le zone blu” per gli immigrati. Un Apartheid nostrano di cui sinceramente non si sentiva la necessità ma questa è la realtà. Quindi spieghiamo per bene la disposizione pubblica: nel raggio di 150 metri dalla stazione e dalle scuole sussiste il divieto assoluto di aprire – futuri – centri di accoglienza (zone rosse), mentre accanto a biblioteca e oratorio (zone blu) gli eventuali immeritati possono essere accolti a patto però che venga prima rilasciata regolare autorizzazione dal Comune. Il regolamento è chiaro, secondo il sindaco leghista Marco Ghezzi questa scelta è addirittura “ uno strumento per integrare”. Le zone bi-color per la verità non te le aspetteresti in una cittadina (13mila abitanti) nata come comune della provincia di Bergamo ma che nel 1992 ha scelto di passare sulla sponda di Lecco; un paese addirittura dotato della doppia pronuncia del nome: in dialetto bergamasco Calòls e in quello lecchese Calòlz.
Ma lasciando la storia di Calolziocorte e tornando alla cronaca, secondo il primo cittadino (di professione giornalista) la creazione delle nove zone rosse e delle cinque blu “non è impedire l’apertura dei centri, ma regolamentarli”.
Una notizia a margine: al momento non si registrano situazioni problematiche e soprattutto non ci sono centri di accoglienza, soltanto una cooperativa con meno di 20 richiedenti asilo.