La Pasqua “atea” della Legalità, come resurrezione dall’illegalità

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Pasqua, s.f. 1. presso gli Ebrei, la festa con cui si ricordava la liberazione dalla schiavitù dell’Egitto 2. per i Cristiani, festa che commemora la resurrezione di Cristo / – alta, bassa, quando cade tardi, presto / fare, prender –, accostarsi all’Eucarestia nel periodo pasquale, secondo il precetto della Chiesa / – di rose, la Pentecoste / buona – !, augurio che si rivolge a Pasqua / uova di – , quelle tradizionali di cioccolato / contento come una –, molto contento.

Oggi è Pasqua. E anche questa parola può – o almeno, dovrebbe – rientrare in un vocabolario “semiotico mafioso”; un vocabolario che al pari della semiotica, la quale si prefigge lo scopo di studiare i segni, possa ragionare sui vari significati che assumono le parole che potrebbero avere un rapporto espressivo con il pensiero mafioso e con il mondo della criminalità organizzata e dell’antimafia. Perché i vocaboli che usiamo tutti i giorni, altro non sono che segni; a cui diamo significato in baso al contesto in cui vengono utilizzati.

La parola Pasqua potrebbe sembrare il termine più puro del parlar comune, ma assume un significato bello e felice solo se vede l’essere coscienti del proprio contrario: morte. Ecco che allora la Pasqua di resurrezione è la naturale contrapposizione alla morte. Cosa c’è di più vicino al termine morte della parola mafia? E come ci si può liberare della morte, se non sperando nella resurrezione: nella Pasqua?

Lasciamo che la parola assuma il valore del segno, di un significato quasi retorico; e ragioniamo su un particolare significato che il mio ‘vecchio’ Garzanti attribuisce alla Pasqua: …liberazione dalla schiavitù… ma anche (e soprattutto) …resurrezione di Cristo… . È possibile trovare un legame più forte tra schiavitù e morte? Seppur vivi, non rischiamo di essere schiacciati dal peso della paura della morte che incombe su ognuno di noi? Solo l’idea di una resurrezione con Cristo e in Cristo ci permette di pensare oltre la morte. Ecco cosa vuol dire per i Cristiani la parola Pasqua: la resurrezione di Cristo che celebra la liberazione dalla schiavitù della morte. A questo punto siamo pronti a introdurre nel ragionamento la parola mafia, che si contrappone alla parola vita. Possiamo prendere in esame la decisione di abbandonare il pensiero mafioso, la connivenza con la mafia, l’inerzia nei confronti dei sistemi mafiosi. Questo rappresenta una resurrezione dalla mafia: con gli Uomini, negli Uomini, per gli Uomini! Significa tornar a vivere dopo aver visto e riconosciuto la morte.

La Pasqua è la festa per la resurrezione di Cristo, ma dovrebbe essere anche la festa per coloro che hanno deciso di ribellarsi alla mafia e alla sua schiavitù di morte che inevitabilmente la mafia rappresenta.

Ogni persona, ogni società, ogni istituzione dovrebbe aver ben presente che quando si entra in contatto con quella montagna di morte che è la mafia, non si è più gli stessi; si è costretti a cambiare. Perché la mafia È comunicazione, come dicevo poche settimane fa. E la comunicazione è quel comportamento sociale che determina cambiamenti sociali.

La presa di coscienza dell’essere entrati in contatto – a qualsiasi titolo – con la mafia determina la sottomissione al sistema mafioso: o la ribellione allo stesso. La Pasqua è la vittoria sulla mafia, sulla mentalità mafiosa; la Pasqua è il tornare a essere Uomini: vivi! Non più schiavi di quella cultura della morte che è la mafia: a tutti i livelli. In tutte le declinazioni.

Nessun mafioso, o complice di mafioso (anche solo per inerzia!), può dire: le mie mani non sono sporche di sangue. Solo l’essere davvero liberi dalla mafia, dal pensiero che possa esistere un metodo mafioso accettabile, ci permette di comprendere il significato della Pasqua.

Non c’è la possibilità di dichiararsi atei di fronte alla mafia. Dichiararsi miscredenti di fronte alla criminalità organizzata, davanti alle mafie di ogni estrazione geografica, territoriale, sociale, politica significa negare l’esistenza della mafia dinnanzi all’evidenza della pervasività mafiosa. Davanti ai morti ammazzati; davanti a coloro che vengono emarginati perché non vogliono accettare di esser condizionati nel loro lavoro e nel loro vivere, dalla mafia e dai mafiosi e dai loro complici. Davanti alla loro voglia di essere liberi dalla schiavitù; dalla morte sociale a cui costringono le mafie.

Non possiamo dirci Cristiani se non riconosciamo la resurrezione di Cristo; non possiamo dichiararci umani se non ammettiamo la possibilità di liberazione dalla mafia; non possiamo dirci giusti se sosteniamo che la mafia non esiste. Perché negando l’esistenza della mafia dove questa prospera, togliamo la possibilità della resurrezione: della Pasqua di chi è contro la mafia e la morte. E se non ammettiamo la resurrezione dell’Uomo, non possiamo concepire la Pasqua di Cristo.

Per questo motivo: buona Pasqua a tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Perché senza volontà, senza coscienza e conoscenza, non può esserci resurrezione dal sistema mafioso.


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