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Il patto sporco scaturito dal sangue

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Lunedì 29 aprile 2019 si è aperto a Palermo il processo d’appello sulla Trattativa Stato-mafia. Quella che nessuno credeva plausibile. Quella che, come accadde con il maxiprocesso e contro il pool antimafia di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, suscitò nei colleghi del Palazzo di Giustizia sgomento, quasi fastidio. <<So bene che questo processo passerà alla storia come il processo sulla Trattativa. Ma né i mafiosi, né gli uomini di Stato erano imputati per aver trattato. Il reato contestato, infatti, era “la violenza o minaccia a corpo politico dello Stato”, articoli 338 e 339 del nostro codice penale. In particolare, a quattro diversi governi che si sono succeduti fra il 1992 e il 1994: governo Andreotti, governo Amato, governo Ciampi e governo Berlusconi>> spiega il pubblico ministero Nino Di Matteo al giornalista Saverio Lodato nel libro edito da Chiarelettere Il patto sporco che, insieme ai colleghi Francesco Del Bene, Vittorio Teresi e Roberto Tartaglia (con inizialmente Antonio Ingroia), guidò proprio in quel processo. In aprile i giudici della seconda Corte d’Assise di Palermo, presidente Alfredo Montalto e a latere Stefania Brambille, depositarono le 5252 pagine di motivazioni per la sentenza di primo grado. Pene esemplari, come i pm avevano richiesto.

Con il coraggio propulsore di chi è ormai abituato ad esserci per la giustizia e per la verità nonostante l’isolamento di una vita da troppo tempo blindata, Nino Di Matteo in questo libro racconta cosa significò vivere e lavorare durante gli anni delle stragi, parallelamente contrastato sia da chi in Cosa nostra manovrava pedine per arricchirsi sia da chi al di fuori stringeva accordi di sostanza illecita <<sottobanco, riservati e segreti>>. Il processo passato alla storia come quello sulla Trattativa riguardava proprio le decisioni prese a monte da Totò Riina, dopo la sentenza del maxi passata in giudicato, con i carabinieri del Ros (Mori, Subranni, De Donno) che facilitarono quel dialogo reso possibile da politici attenti come Vito Ciancimino e Marcello Dell’Utri. C’è molto altro in questo libro, l’indizio lasciato a terra vicino al corpo esangue di un magistrato ucciso o di un innocente colpito a morte. Stato e mafia, <<un gioco di specchi>>.

Dopo la sentenza del maxi Riina intuì che bisognava correre ai ripari, se necessario a suon di bombe: la guerra avrebbe portato alla pace, pensò il boss. <<Riina aveva chiesto l’abolizione dell’ergastolo, la chiusura delle supercarceri dell’Asinara e di Pianosa, l’ammorbidimento del carcere duro, la modifica della legge Rognoni-La Torre sul sequestro e la confisca dei patrimoni mafiosi, una nuova legislazione sul pentitismo e, la speranza di sempre, la revisione, attraverso una sentenza della Corte di Strasburgo degli ergastoli del maxi>> ricorda Di Matteo. Non ricevendo particolari risposte Riina allertò i boia e tradusse le richieste prima in minacce e poi in azione terroristica con le bombe a Roma, Firenze e Milano. Quando lo Stato intervenne tra il 1993 e il 1996 arrestandolo e catturando poi i Graviano, Bagarella e Brusca, Provenzano poté proseguire gli affari con una strategia di sommersione, aiutando chi prima aveva tradito a rimanere in silenzio.

L’importanza dell’indagine, del dettaglio, della presa di coscienza. Il patto sporco scaturisce dal sangue e dalla fiducia mal riposta in un uno Stato troppo a lungo miope, che ha <<avuto bisogno delle parole dei giudici per cominciare finalmente a capire>>.  Comprendere quel che Di Matteo, prima sostituto procuratore della Repubblica a Caltanissetta e a Palermo e oggi sostituto procuratore alla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, aveva sicuramente iniziato a riconoscere già durante gli anni di tirocinio e che gli fu sempre più familiare quando ricoprì le cariche di quei suoi due punti di riferimento saltati in aria nelle stragi di Capaci e via d’Amelio. Lui, proprio come Falcone, nonostante il rischio annunciato e il tritolo a lui destinato dalla Calabria (come rivelò il pentito Vito Galatolo) ma non trovato <<voleva che l’opinione pubblica non fosse tenuta all’oscuro di quanto stava accadendo>> e di quanto poi veramente è accaduto.

Nino Di Matteo e Saverio Lodato, Il patto sporco. Il processo Stato-mafia nel racconto di un suo protagonista, Edizione Chiarelettere 2018, pagg. 207, euro 16.


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