Ormai ci siamo quasi assuefatti alle continue notizie di cronaca di femminicidi atroci e inspiegabili tra le mura domestiche. Cosa succede nella mente di un uomo quando arriva a commettere atti incontrollabili di estrema violenza sulla donna che ama? E come si spiega se colui che agisce è un uomo comune, tranquillo, non aggressivo, apparentemente ‘normale’?
Sono le questioni di partenza per il monologo Lo stronzo di Andrea Lupo, selezionato al Premio In-Box 2018 e presentato a Roma lo scorso 6 aprile, presso lo Spazio Diamante. Direttore artistico del Teatro delle Temperie, Lupo – attore, regista e autore, segnalato al Premio Ubu 2000, vincitore del Roma Fringe Festival 2017 –, attraverso un lungo percorso di ricerca e documentazione, ci propone un viaggio massacrante in cui smaschera e fa a pezzi gli stereotipi della virilità – parole, pensieri, atteggiamenti – che occultano il germe delle violenze di genere.
È la storia di Luca e Lilli, una coppia normale. Un amore, una vita: vent’anni insieme. Il tempo dell’azione è il giorno dell’anniversario: dieci anni di fidanzamento; dieci anni di matrimonio. Luca ha prenotato al “ristorantino” che piace tanto a Lilli…
Al centro del palcoscenico, un’enorme porta a vetri, sproporzionata, quale simbolo dell’incomunicabilità, del gaptra maschile e femminile. Sul lato sinistro è situato un cubo squadrato: l’angolo della riflessione, della confessione; una lente d’ingrandimento, una zoomata su se stesso e gli altri. La struttura dello spettacolo è a quadri/stazioni, una via crucis, intervallata da stacchetti musicali martellanti di suoni elettronici e inserti di effetti luce che animano, per qualche istante, ciò che sta al di là delle vetrate della porta gigante.
Elegante, con la giacca che gli ha regalato Lilli, pronto per uscire a festeggiare l’evento speciale, con un marcato accento veneto (mona è il ripetuto intercalare) Luca/Lupo irrompe sulla scena…
“Lilli, apri questa porta!… Non è successo niente!… Ho solo alzato un po’ la voce… Di cosa hai paura?“. Non si sa cosa sia realmente successo. Forse le solite liti per futili motivi, che hanno portato Lilli a chiudersi dietro la porta. L’occhio cade sulle mani di Luca che si aprono, si chiudono, si stringono, si sbattono… ma non contro la porta, che mai cercherà di aprire.
Attraverso continui flashback Luca, seduto sul cubo-confessionale, ricuce la storia riferendoci anche delle persone a lui care. Ci presenta il nonno Davide che si vanta delle sue grandi mani “con le dita come rami di ulivo, tutte storte e la pelle come la corteccia della quercia“… “Devi usare le mani… Gli uomini seri sanno fare tutto con le mani… e non si arrendono mai“. Poi diceva che “con le ragazze bisogna essere decisi, però bisogna andarci piano, perché le femmine non si toccano neanche con un fiore”. Ma appena si sedeva a tavola, durante i pranzi domenicali, diventava una bestia, cominciava a bestemmiare, non gli andava bene niente e se la prendeva sempre con la nonna, “femmina mona”… Si calmava dopo il dolce, offrendo il suo amaro digestivo, fatto con le sue mani…“Bevi, mona, che così diventi un uomo!”.
Poi parla di suo padre Sergio, ragioniere capo di una grande azienda al centro città. Morto qualche anno prima, mentre era seduto sul divano a guardare il suo film preferito, La vita è una cosa meravigliosa di Frank Capra, che avevano visto insieme un centinaio di volte. Sua madre, bellissima, amava leggere le biografie e le autobiografie di chiunque… Era matta per le vite degli altri… Impazzita per quella dell’ex ginnasta rumena Nadia Comăceci, perché anche lei, da ragazza, era un’atleta e aveva rischiato di andare alle Olimpiadi, se non fosse rimasta incinta di lui. Suo padre la trattava come una regina, una madonna… Non litigavano mai… Dal fratello Mirko, capisce che, nonostante le apparenze, i genitori si stavano separando. Luca non sente mai suo fratello che “ha mandato tutta la sua vita a puttane… e si è messo a fare la vida loca… cambia fidanzata ogni anno… va in giro per il mondo tra feste mondane e balorde“.
E tra le réclame di sprazzi di vita ‘normale’, al baretto dove lavora… offerte rosa, caffettini, cicchettini, Spritz Campari, bionde… puttanone da bar… mueve la cintura… Luca ci racconta della ‘sua’ Lilli, la madre delle sue bambine Franceschina e Susy, la donna della sua vita che è “una vera femmina” e per la quale prova da sempre un amore “speciale”…
Si sono incontrati la prima volta in chiesa, quando lui era capo scout in parrocchia… Un colpo di fulmine! Una saetta dritta in testa! Dice che era la più bella ragazza che avesse mai visto in vita sua, “con due occhi brillanti, sempre accesi come delle braci ardenti, la bocca sempre rossa, anche senza rossetto… un culo a forma di cuore… magnetico speciale”. Non poteva farsi scappare una ragazza così… Poesie, canzoni, serenate, dediche, juke-box, fiori… E prima della fine dell’estate, si è deciso, ricordando i consigli del nonno Davide… L’ha presa per mano… L’ha portata dietro la chiesa, dove c’è un giardinetto, ha preso coraggio e l’ha baciata… Lei l’ha abbracciato stretto, stretto… brividi… roba speciale… la sua pelle emanava profumo di biscotto e di spezie… Da quel bacio sono stati sempre insieme, inseparabili… due mele in uno stesso pomo… l’esempio di tutti, fatti l’una per l’altra… Ogni tanto una litigata… come quella durante la serata di karaoke in parrocchia… ma hanno fatto subito pace. Il loro sogno… una casa in collina, isolata in mezzo al bosco… un caminetto acceso… quattro figli… e poi in giro per il mondo… Ricorda la prima volta… in Grecia… in spiaggia, di notte… silenzio… mare calmo… cielo nero stellato… pianti, risa… l’amore sugli scogli…
Tutto eclissato… Luca adesso è bloccato davanti alla porta a supplicarla, a convincerla, a farla “semplice”, a chiederle scusa, a giustificarsi perché lei sa che “lui è fatto così”… Ma Lilli non ci sta più, non vuole più cascarci, perché non cambierebbe niente…
Giunti all’ultima stazione, Luca è esasperato e delira…
“Io e te ci amiamo, cazzo! È semplice, Lilli! Io ti amo tanto, è semplice… Se devo cambiare, dimmelo tu, cosa devo fare? Che cosa fa di un uomo un uomo?“…
Lilli non dà nessuna risposta… un muro/porta chiusa…
“Non dici un cazzo… Non sai che cazzo dire!“…
Le sue mani… si agitano sempre di più… e la sua mente abbatte la porta… la stringe… la soffoca nel silenzio… il tempo di un respiro…
“Lo vedi cosa combino quando faccio l’uomo… lo vedi cosa mi fai fare… cosa mi hai fatto fare?! È colpa tua!”…
La musica incalza… Lo spettatore commosso, stordito, rimane inchiodato alla sedia, trattenendo le lacrime soffocate di rabbia, da quel grido finale di disperazione… Le vetrate della porta divengono croce e si tingono di rosso sangue. Di Lilli resta solo una scarpetta rossa… che Andrea poggia sul cubo, in bella mostra, ai saluti finali.
Applausi.
LO STRONZO
selezionato come semifinalista al Premio In-Box 2018
di e con Andrea Lupo
produzione Teatro delle Temperie
aiuto regia Giovanni Cordì
elementi di scena Matteo Soltanto realizzati nel laboratorio E.R.T.
suoni e musiche originali D.A.A.D.
foto di scena Roberto Cerè