C’è una frase, pronunciata da Francesco domenica mattina a Rabat durante il suo incontro con il clero locale, che riassume il senso di questo suo viaggio profondamente mediterraneo ed euro-africano: “Ringrazio Dio per quello che avete fatto come discepoli di Gesù qui in Marocco, trovando ogni giorno nel dialogo, nella collaborazione e nell’amicizia gli strumenti per seminare futuro e speranza. Così smascherate e riuscite a mettere in evidenza tutti i tentativi di usare le differenze e l’ignoranza per seminare paura, odio e conflitto. Perché sappiamo che la paura e l’odio, alimentati e manipolati, destabilizzano e lasciano spiritualmente indifese le nostre comunità”. Poi tornando in Italia è tornando sulla paura, anticamera delle dittature. Per questo ha chiesto di , invece di tenerli teoricamente chiusi.
La minaccia globale costituita dalla chiusura dei porti, dei cuori, dei confini, Francesco l’ha riassunta nella consapevolezza di dove rimandiamo i fuggiaschi: nelle prigioni clandestine, gestite dai trafficanti, che torturano e schiavizzano. Il suo discorso si è rivolto all’Europa, a tutta l’Europa, quell’Europa che non sa fare altro che chiudersi alle vittime di conflitti combattuti, come nello Yemen, che armi comprati dall’Europa. Ecco come l’intervento nei conflitti è possibile.
A tutto questo Bergoglio ha offerto una risposta di poche ore ma di grandissimo valore non soltanto per il Marocco; un viaggio che nella prima giornata lo ha condotto prima dalle autorità politiche e dai rappresentanti della società simile, poi nella scuola di formazione di predicatori e predicatrici dell’Islam, poi nel centro di Caritas di assistenza e aiuto ai migranti. Incontrare autorità, corpo diplomatico e società civile è una bella novità, come è una novità di enorme portata la scelta di visitare la scuola per predicatori e predicatrici, che è un po’ la novità, la risposta globale del Marocco moderno ai predicatori dell’islam arcaico; se i primi si formano grazie ai petrodollari nell’oscurantismo i secondi si formano nell’ermeneutica grazie al Marocco. Sarebbe interessante se oltre al papa anche qualcuna delle nostre autorità civili si chiedesse dove si formano gli imam. Sarebbe interessante anche se si domandassero come si diventa imam in Italia, ma per ora sarebbe un bel passo in avanti se si chiedessero dove si formano gli imam. Non se lo chiede nessuno qui, per fortuna evidentemente se lo chiede il vescovo di Roma, che ha visto la scuola dove i francesi mandano a formarsi molti dei loro imam. E noi? “La politica italiana non la capisco” ha detto Bergoglio a chi cercava di portarlo su questo terreno minato del confronto italiano, ma non ha lesinato i consigli che potrebbero servire anche a noi. Non solo sui migranti, ma sull’impegno mediterraneo, sulla necessità di una politica che trasformi in atto e non in enunciazione polemica l’esistenza di un diritto a non emigrare. Certo che quel diritto esiste, ma per esercitarlo occorre poter vivere, in pace, con dell’acqua corrente e potabile, e possibilmente anche altro. E allora un partenariato con i vicini diventa una scelta importante, forse prioritaria. Ecco perché dire che chi costruirà muri ne resterà prigioniero equivale a dire una profonda verità e il primo papa del sud del mondo non può accettare che si costruisca il nuovo bipolarismo spezzando il mediterraneo e rendendolo una cortina di ferro lungo la quale i fuggiaschi vengono uccisi oggi come ieri venivano uccisi quelli che tentavano di attraversare il muro di Berlino. Questa cortina di ferro inoltre cercherebbe di usare le religioni come nemiche, come riferimenti avversi ed ostili l’una all’altra, e questo renderebbe il nuovo bipolarismo ancora più grave di quello ieri, in esso le religioni sostituirebbero le ideologie. “Andiamo al secolo scorso, alla caduta della Repubblica di Weimar, questo lo ripeto tanto. La Germania aveva necessità di un’uscita e, con promesse e paure, è andato avanti Hitler, conosciamo il risultato. Impariamo dalla storia, questo non è nuovo: seminare paura è fare una raccolta di crudeltà, di chiusure e anche di sterilità. Pensate all’inverno demografico dell’Europa. Anche noi che abitiamo in Italia: sotto zero.”