Toninelli gli toglie le deleghe. Si scatena la guerra tra Lega e M5S, tra chi è più giustizialista
Di Beppe Pisa
Trentamila euro dal professore Paolo Arata al sottosegretario ai Trasporti, il leghista Armando Siri, per introdurre un emendamento al Documento di programmazione economica e finanziaria: l’accusa emerge nell’inchiesta che si snoda tra Palermo, Trapani e Roma che vede i due tra gli indagati per corruzione. L’emendamento – che tuttavia non è mai passato – avrebbe dovuto fare “retroagire” l’attivazione dei finanziamenti stanziati per alcuni progetti legati alle energie rinnovabili, alla data di costituzione di una delle società di Vito Nicastri, di Alcamo (Trapani), da un anno agli arresti domiciliari, ma che anche da casa – e nonostante sia stato raggiunto da una maxi confisca da un miliardo di euro – avrebbe continuato, tramite un familiare, a manovrare per fare affari. La parte palermitana e trapanese dell’indagine ipotizza anche l’aggravante dell’agevolazione di Cosa nostra, non formulata nei confronti del sottosegretario. Nicastri, per effetto della nuova indagine, si è visto aggravare la misura cautelare che lo teneva ai domiciliari per concorso esterno in associazione mafiosa e fittizia intestazione di beni, ed è stato riportato in carcere. Perquisizioni sono scattate simultaneamente a Palermo, negli uffici dell’assessorato regionale all’Energia, e a Roma, oltre che nell’abitazione e nelle pertinenze dello stesso Nicastri, indicato anni fa dal Financial Times come il “signore del vento” e ritenuto un prestanome del superlatitante Matteo Messina Denaro, che sarebbe suo socio occulto. A consegnare il denaro a Siri sarebbe stato Paolo Arata, professore universitario, estensore del programma sull’energia della Lega e in affari, per i pm, con Vito Nicastri. Siri, che non sapeva dei rapporti tra Arata e Nicastri, avrebbe ricevuto il denaro nella casa romana del professore che sarebbe stato un suo grande sponsor nella politica. Il sottosegretario è indagato per corruzione dalla procura di Roma che ha ricevuto il fascicolo dalla procura del capoluogo siciliano. L’indagine palermitana ha preso il via un anno e mezzo fa ed è coordinata dall’aggiunto Paolo Guido e dal sostituto Gianluca De Leo. Secondo l’ipotesi investigativa, Arata sarebbe stato uno dei personaggi che avrebbero avuto contatti e fatto da tramite con Siri. Il sistema riguardava le procedure e le autorizzazioni per gli impianti di biogas, mini eolico e fotovoltaico. A settembre – quando emerge un presunto episodio di corruzione che vede coinvolto Paolo Arata e il sottosegretario Siri – l’indagine si sdoppia e i magistrati palermitani inviano il fascicolo ai colleghi della procura di Roma guidata da Giuseppe Pignatone; questo filone di indagine è coordinato dall’aggiunto romano Paolo Ielo.
L’autodifesa del sottosegretario, la Lega che gli fa da scudo, e l’attacco di Salvini ai 5Stelle sulla sindaca di Roma
L’accusa nei confronti del sottosegretario Siri ha scatenato la guerra tra le due componenti del governo. La Lega con Salvini, da una parte, difende Armando Siri, e dall’altra M5S e Di Maio ne chiedono le dimissioni, mentre il titolare del Dicastero dei trasporti, Toninelli, ha già provveduto a togliere le deleghe al sottosegretario. La Lega è compatta nella difesa di Armando Siri. Finché non saranno accertati i fatti, la posizione del partito di Matteo Salvini è quella di respingere in ogni modo la richiesta di dimissioni del leghista da sottosegretario alle Infrastrutture, come preteso dagli alleati di governo M5S dopo la notizia dell’inchiesta per corruzione. Nel partito non vi è alcuna crepa su questo, viene riferito da qualificate fonti governative, che smentiscono categoricamente i rumors di divisioni in seno ai vertici della Lega, messi in circolazione – è l’accusa – da ambienti pentastellati. Lo stesso Siri afferma: “Non ho ragione per dimettermi, non ho fatto niente di male”. Quanto al ritiro delle deleghe da parte del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, a seguito della notizia dell’avviso di garanzia, Siri commenta: “E’ una decisione di Toninelli, attendo fiducioso. Posso dire che mi hanno fatto molto piacere le parole di Matteo Salvini, degli altri esponenti della Lega e di tante, tante persone. In questa roba che sta accadendo mi sento sballottato e devo ancora capire tutto”. Sull’atteggiamento del M5S Siri afferma: “Io cerco di fare il mio lavoro bene e nel rispetto delle regole. Sono tranquillo, non amo queste cose, a me piace parlare di fatti e di progetti concreti. Aspetto di capire bene cosa stia accadendo”. E in attesa del Consiglio dei ministri in trasferta in Calabria, Salvini attacca duramente i 5 Stelle. Siri “ha scoperto di essere indagato questa mattina leggendo i giornali: lo conosco come una persona pulita, specchiata, integra, onesta e mi auguro che le indagini siano veloci veloci, rapide per accertare se altri abbiano sbagliato. Per quanto mi riguarda può tranquillamente rimanere lì a fare il suo lavoro”, ha detto il ministro dell’Interno in una diretta Facebook. “Agli amici dei 5 Stelle – ha continuato – dico che non si è dimessa la Raggi, che è stata indagata per due anni: in Italia si è colpevoli se si viene condannati. Io sono stato indagato diverse volte ma non mi dimetto, altrimenti farei un altro mestiere e non il ministro. So che do e diamo fastidio a qualcuno come Lega, ma abbiamo il dovere di tenere duro. Agli amici dei 5 Stelle dico: avete difeso per due anni la Raggi sotto inchiesta, cortesemente due pesi e due misure quando c’è di mezzo la vita delle persone non mi piacciono”, ha concluso Salvini.
Gli attacchi del M5S contro l’esponente della Lega. Da Morra, Di Battista e soprattutto Di Maio, i fendenti più feroci all’uomo di Salvini
“E’ un fatto gravissimo, una macchia non da governo del cambiamento”. E’ quanto sottolineano fonti di governo M5S soffermandosi sulle indagini a carico del sottosegretario Armando Siri rimarcando la necessità di un passo indietro ora. “Se poi è innocente, il caso rientrera’”, osservano. Le stesse fonti sottolineano che la norma coinvolta nelle indagini sia stata proposta dallo stesso Siri per l’inserimento nel Def, salvo essere stoppata dal M5S. “Un sottosegretario indagato per fatti di corruzione sull’eolico riconducibili, per altro, ad ambienti mafiosi, nel MoVimento 5 Stelle, non durerebbe mezzo secondo. Bisogna essere e apparire onesti. Bisogna essere e apparire il cambiamento. Moralità ed etica sono sempre alla base della fiducia dei cittadini nelle istituzioni” scrive su twitter Carlo Sibilia (M5s), sottosegretario all’Interno. Ma su Siri si abbatte la scure di tre pezzi da novanta del Movimento 5Stelle: il presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra, Alessandro Di Battista, e soprattutto il capo politico Luigi Di Maio. Tutti e tre hanno chiesto le dimissioni del sottosegretario, suscitando del ire della ministra Bongiorno che ha parlato di “giustizialismo M5S a intermittenza”. E se il presidente Morra giudica “inquietanti e gravi” le ipotesi di reato formulate dalle procure, Di Battista sostiene che “nessun governo del cambiamento può tollerare che vi sia un proprio esponente indagato per reati così gravi”. E il più feroce tuttavia appare proprio Di Maio: “Se i fatti sono questo Siri si deve dimettere dal governo. Va bene aspettare il terzo grado di giudizio ma c’è una questione morale e se c’è un sottosegretario coinvolto in un’indagine così grave non è più una questione tecnico-giuridica ma morale e politica. Non so se Salvini concorda con questa mia linea intransigente ma il mio dovere è tutelare il governo. Credo che anche a Salvini convenga tutelare l’immagine della Lega”. Non c’è che dire, si tratta di fendenti durissimi da digerire per un “duro” come il ministro dell’Interno.