L’arresto di Julian Assange ha i contorni della tragedia greca. Personalità discussa, cresciuto nel clima ondivago e contraddittorio della Rete, dove il bene e il male spesso si confondono, il suo arresto è sembrato un sopruso. E ne ha innalzato la figura al rango di quella degli eroi sfortunati. E sì, perché Assange, con la struttura da lui fondata WikiLeaks, ha gridato che il Re è Nudo. Ha messo in luce gli atroci delitti delle guerre: dall’Afghanistan all’Iraq. O l’inferno di Guantanamo. Insomma, ha disvelato gli arcani degli oligarchi del mondo. Ha interpretato, insomma, la volontà di sapere contro quella di potere. Il suo lavoro ha fatto del bene all’informazione. Senza dubbio. Non per caso si sono espressi subito a tutela del cronista d’assalto i “Reporters sans frontieres” e la Federazione della stampa, che ha fatto appello all’organizzazione internazionale dei giornalisti perché sia alta la guardia contro ogni restrizione della libertà di espressione.
La tragedia sta nel fatto che, dopo sette anni di soggiorno a Londra presso l’ambasciata dell’Ecuador, quest’ultima ha messo la parola fine alla disponibilità ad ospitare una figura invisa all’imperialismo di sempre, quello statunitense (con gli amorevoli alleati). E sta pure nel rischio che dalla Gran Bretagna il viaggio prosegua – con l’estradizione- verso gli Stati uniti. E lì il presunto spionaggio (?) diventa l’ascensore per il patibolo: il carcere a vita.
C’è da ridere e da piangere, insieme. Assange rischia di pagare la fine dell’innocenza della e nella Rete. Ora non ci sono solo o tanto trasgressioni rispetto al segreto rispetto alle cose pubbliche, bensì veri e propri mercimoni di dati e di identità delle persone. La Rete oggi vive un’altra età, dominata dai colossi Over The Top, gli aggregatori della conoscenza che integrano e superano gli Assange della prima età. Ecco, Cambridge Analytica, le inquietanti presenze contro ogni privacy di Facebook interpellano interventi delle autorità competenti di ben diverso peso.
Eppure Assange diviene il capro espiatorio, perché è l’anello debole e indebolito di una precedente catena del valore.
Amnesty International ci invita alla mobilitazione. Corbyn ha giustamente chiesto al suo paese di negare l’estradizione. E’ fondamentale costruire subito un fronte trasversale per riproporre l’antica – mai doma- contraddizione: la ragione di Stato contro la ragione morale. Ma i maggiorenti dell’Ecuador, della Gran Bretagna o degli Usa apprezzano Kant?