80 anni dalla Liberazione, verso il 25 aprile 2025

Columbine vent’anni dopo 

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Me la ricordo come se fosse ieri la tragedia di Columbine, il liceo americano del Colorado in cui due studenti entarono e compirono una strage nella quale rimasero uccisi dodici ragazzi e un insegnante.
Era il 20 aprile 1999 e tra i motivi del folle gesto di Eric Harris e Dylan Klebold, suicidatisi dopo aver compiuto la mattanza, c’era, a quanto pare, un brutale senso di rivalsa per gli atti di bullismo subiti.
Follia, emarginazione sociale, ferocia indotta da condizioni psicologiche tutt’altro che ottimali, abbandono: ci si è interrogati per anni su quali siano state le cause scatenanti di tanta, inaudita violenza; fatto sta che, vent’anni e diverse stragi dopo, l’America ancora non è riuscita a fare i conti con se stessa e con la propria barbarie, con l’uso indiscriminato delle armi che la caratterizza, con l’assurdità di consentire a tutti di acquistare fucili e mitragliatrici di quelle che vengono utilizzate sui fronti di guerra, con il secondo emendamento della sua Costituzione e con l’eterno mito della frontiera e dei cow boy che si sta trasformando in una trappola mortale.
Vent’anni dopo Columbine ci rendiamo amaramente conto che nemmeno lo splendido documentario di Michaeal Moore è riuscito a scalfire l’ottusità di quanti ancora credono che un Paese armato fino ai denti sia più libero e sicuro, nonostante studi, analisi e la straziante evidenza dimostrino l’opposto.
Vent’anni dopo Columbine, nel bel mezzo della stagione trumpista dei muri, dei dazi e dell’occhio costantemente strizzato ai pistoleri, avvertiamo un senso di paura, d’incertezza e di disperazione, per quanto la nouvelle vague democratica di Sanders e della Ocasio-Cortez ci lasci ben sperare per il futuro.
Ma la diffusione delle armi, il loro uso indiscriminato e le faide, le mattanze e gli abissi che ne conseguono sono qui a ribadirci quanto la prima potenza del mondo debba cambiare se non vuole smarrire anche l’anima, dopo aver assistito impotente all’avanzata cinese e all’avvento di un multipolarismo che non è ancora riuscita ad accettare e metabolizzare.

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