Ci lascia un grande giornalista, Massimo Bordin

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«Buon giorno agli ascoltatori e benvenuti alla rassegna Stampa e Regime. Scusatemi per il ritardo ma oggi l’analisi dei fatti richiedeva più tempo», così era solito esordire Massimo Bordin, morto ieri a Roma all’età di 67 anni dopo una lunga malattia che non gli ha impedito di andare in diretta sino allo scorso 3 aprile per trasmettere, con la sua voce calda e roca (tra colpi di tosse e schiarite) e dopo alcuni interminabili minuti del tema Requiem di Mozart (sigla scelta dallo stesso Bordin), la sua rassegna stampa sulle frequenze di Radio Radicale.

«Una notizia che non avremmo mai voluto dare», ha detto ieri sera intorno alle 18 Alessio Falconio, il direttore di Radio Radicale dando la notizia della scomparsa del giornalista: «una delle voci più celebri e stimate dell’emittente».

Bordin era un Giornalista con la «G» maiuscola e sin dall’inizio della sua carriera ha accompagnato intere generazioni (comprese quelle che si sintonizzavano sulle frequenze del network solo per ascoltare lui) con le sue analisi. Riflessioni importanti per la società civile, per gli addetti ai lavori, per i politici, per le colleghe e i colleghi giornalisti. Pensieri e commenti che poi giravano tra le Aule parlamentari della politica (dal transatlantico alla buvettedavanti a un caffé) e tra i corridoi delle redazioni giornalistiche.

Bordin, seppure avesse una voce suadente non era sempre morbido, tutt’altro, le sue invettive, sempre eleganti, colte e educate, erano talvolta delle vere e proprie «sferzate» riservate ai furbetti dal colletto bianco, ai lobbisti, alle congiure del malaffare e ai «voltagabbana»; sì anche a quelli del suo stesso partito. Bordin «volava alto» e la sua memoria era sempre ricca di dati, di informazioni, di notizie, che offriva all’affezionato pubblico aiutandolo nella comprensione delle dinamiche politiche, storiche e sociali delle alternate Repubbliche. Insomma, aiutava tutti a decodificare la realtà. Certo, la sua, talvolta, poteva apparire come una visione umorale della realtà, ma la sua logica raccontata con altrettanta capacità dialogica, era sempre puntuale e spesso condivisibile.

Talvolta (e lo avvertiva solo chi conosceva bene le inflessioni della sua voce) faceva trasparire una certa fatica nel dover raccontare, giorno dopo giorno, le proposte in calendario delle iniziative radicali, che amava e valorizzava. Compito che svolgeva anche quando scandagliava le pagine della stampa generalista per cercare appigli radicali, per rendere un po di giustizia ai grandi assenti, ai dimenticati dal regime, i radicali.

Proprio in quei minuti si percepiva quel desiderio – quell’ansia –  in Bordin di voler essere già oltre, di poter finalmente entrare, dopo il compito morale, nel vivo della questione politica che da sempre lo appasionava.

Per circa quarant’anni Bordin ha proposto, attraverso la lettura dei giornali, una visione del mondo diversa, regalando agli ascoltatori una nuova testata giornalistica: la sua, una sorta di quotidiano Bordin. Inesistente nelle edicole ma reale nel suo format di analisi. Era come se s’inventasse ogni giorno un nuovo quotidiano mettendo insieme articoli diversi tra loro, presi un po’ qua e un po’ là, tra le pubblicazioni in edicola (articoli che, tra l’altro, nelle tante rassegne stampa esistenti non si sarebbero mai potuti udire) pescando tra le edizioni di destra, di centro, di sinistra.

La rassegna Stampa e Regime è sempre stata un punto di forza per la storica radio fondata dall’amico e talvolta «rivale» (dialettico), a tratti «nemico» Marco Pannella, con il quale ogni domenica con-divideva la consueta chiacchierata pomeridiana; un appuntamento fisso protrattosi sin oltre la malattia di Marco, un amico che Bordin riprendeva spesso, ma sempre, se Pannella proponeva inesattezze rimproverandolo per gli errori politici commessi nel passato, talvolta smascherando anche i lusinghieri e ingannevoli giri di parole messi in atto dall’istrionico Pannella. Più spesso, invece, Bordin aiutava l’amico mettendo ordine e posizionando appositi segnali nelle strade della memoria del leader: citando nomi, fatti, date, aneddoti che, nel tempo, l’irregolare Pannella –  così lo definì Valter Vecellio nel suo bel libro per Rubettino – perdeva, lentamente, per l’età e per l’entusiasmo, per il carico prezioso che portava con sé fatto di mille ricordi e di altrettante battaglie.

Quella chiacchierata che ogni domenica Radio Radicale proponeva al pubblico, sino alla scomparsa di Pannella, era motivo di stima da parte di molti ascoltatori che apprezzavano la grande lucidità del conduttore e la pazienza che sapeva dimostrare. Bordin litigava spesso con il suo leader e amico, sia per motivi politici che editoriali, talvolta anche umani. Nel 2010, Bordin decise di lasciare la direzione della radio, un’attività iniziata nel 1991; le divergenze e gli attriti tra i due non furono però mai in grado di scalfire il loro rapporto, di intaccarne gli obiettivi che li accomunava e che li ha visti vicini per tanti anni affontare insieme battaglie civili, passioni (compresa quella per il sigaro), e spendere energie per difendere i diritti umani, la laicità e la parità di genere.

Bordin è sempre stato un giornalista autonomo, indipendente, malgrado l’adesione al Partito Radicale la sua l’intelligenza umana e politica, la sua ricerca costante per la verità, la sua precisione, la sua passione per la storia a salvaguardia della memoria, hanno fatto di lui un giornalista credibile, serio, un punto di riferimento per chi amava la riflessione, l’approfondimento. Bordin era, in un certo senso, la memoria storica e politica della nostra Repubblica, non solamente quella delle battaglie radicali. Per questo motivo, il suo essere un prezioso archivio comune, ha reso ancora più dolorosa la sua scomparsa.

Oggi, un altro archivio, quello digitale di Radio Radicale, rischia di essere disperso. Ciò avverrebbe nel caso dovesse essere tolto il finanziamento alla radio, da sempre ricevuto ai sensi di una regolare convenzione siglata tra la radio e il Ministero dello sviluppo economico (Mise).

Innqueste ore centinaia e centinaia di messaggi di cordoglio, anche da parte del mondo politico, sono stati spesi per la morte di Massimo Bordin: la “Voce” di Radio Radicale.

«Chi vuole davvero “onorare” la sua memoria – ha dichiarato ieri il presidente della Federazione nazionale della stampa italiana, Giuseppe Giulietti –, ha ora il dovere di consentire alla sua radio di continuare a vivere e di respingere i tagli decisi dal Governo» e oggi, giovedì 18 aprile, a Roma alle 15,30, nella sede della Fnsi di Corso Vittorio Emmanuele i giornalisti e il loro sindacato si sono riuniti per stare «dalla parte di Radio Radicale nel segno di Massimo Bordin».


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