In queste drammatiche elezioni israeliane, il vero sconfitto non è il moderato Benny Gantz, non certo un fulgido esempio di progressismo ma comunque una persona perbene e senza dubbio migliore del suo avversario, bensì lo Stato di Israele nel suo complesso. L’ennesima vittoria dell’eterno Netanyahu, re in declino di una Nazione in guerra con se stessa e ormai politicamente allo sbando, costituisce, infatti, una tragedia per il Medio Oriente e un ulteriore motivo di preoccupazione per i già fragili equilibri globali.
La quinta presidenza di re Bibi si preannuncia, senz’altro, come la peggiore, la più guerrafondaia e anche la più pericolosa, in quanto caratterizzata dalla paura di un monarca ormai giunto al capolinea, di un uomo di scarso valore la cui pochezza sta affiorando fino a renderlo fragile, di un gestore del potere che non ha nulla a che spartire con la tenacia, la passione, l’entusiasmo, il coraggio e l’intraprendenza necessarie per prendersi cura di una realtà tanto complessa e controversa.
A Netanyahu manca tutto qusto. Sarebbe assurdo anche solo metterlo a confronto con Rabin ma è triste constatare come non possieda neanche un po’ della saggezza di Barak e come sia riuscito a porsi in contrasto pure con un uomo di destra come il presidente della Repubblica Rivlin, palesemente in dissenso con il suo estremismo, con la sua follia espansionistica e con il suo cercare costantemente lo scontro, al punto da rendere impossibile ogni forma di dialogo con i palestinesi.
Netanyahu è tutto ciò che un politico non dovrebbe mai essere: irresponsabile, impulsivo, irruente, convinto di essere onnipotente e di poter piegare chiunque alla sua volontà, esprimendo una vision del mondo basata unicamente sulla violenza e sulla sopraffazione.
Ha prevalso, suscitando peraltro diverse perplessità in merito alla sua elezione, e adesso consumerà la sua ennesima vendetta, a scapito del suo popolo, del buonsenso, della realtà e di ogni prospettiva di rilancio, fino a quando la verità storica non travolgerà la sua boria, spazzando via una figura che potrebbe superare Ben Gurion per la durata del mandato ma lascerà dietro di sé un’eredità di macerie, divisioni e ingiustizie.
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