Nel suo libro “La svastica sul sole” lo scrittore di fantascienza americano Philips Dick provava ad immaginare come sarebbe stata l’America se i nazisti ed i giapponesi avessero vinto la seconda guerra mondiale. Ci siamo sempre chiesti: come avrebbe immaginato Philips Dick l’Italia se Mussolini ed Hitler avessero vinto la guerra? Certamente nell’Italia con la svastica sul sole non ci sarebbe stata la Repubblica ed una Costituzione democratica fondata sul lavoro e sull’equilibrio dei poteri. Ed è proprio la Costituzione che impedisce che la svastica possa oscurare il nostro sole, malgrado la politica si sia svincolata sempre di più dai valori fondanti della Repubblica. In questo tempo oscuro, fra i principi fondamentali della Costituzione quello più a rischio è il principio dell’unità e indivisibilità della Repubblica, espresso dall’art.5.
Per la verità si tratta di un principio contestato da oltre 20 anni da coloro che si sono inventati il popolo padano ed hanno inscenato la pagliacciata della dichiarazione d’indipendenza della Padania il 15 settembre 1996. Adesso dalla sceneggiata stiamo passando alla scena: sul palcoscenico della politica viene messa in opera la dissoluzione dell’indivisibilità della Repubblica tramite la secessione del Lombardo-Veneto, con l’appendice dell’Emilia Romagna.
Del resto questo è il progetto esplicitato nell’art. 1 dello Statuto della Lega, approvato il 12 ottobre del 2015, che assume come finalità “il conseguimento dell’indipendenza della Padania attraverso metodi democratici ed il suo riconoscimento internazionale quale Repubblica Federale, indipendente e sovrana”.
Il paradosso è che si perviene a questo risultato eversivo utilizzando uno strumento previsto dalla Costituzione, come modificata a seguito della riforma del Titolo quinto, approvata nel 2001.
Il progetto di regionalismo differenziato, infatti, viene presentato come attuazione dell’articolo 116, III comma della Costituzione, il quale prevede che le Regioni possano ottenere “forme e condizioni particolari di autonomia” in una serie di materie, tra cui quelle che rappresentano il cuore dello Stato sociale, come sanità e istruzione. In altre parole ci troviamo in presenza di una proposta di attuazione di una disposizione costituzionale in contrasto con la Costituzione stessa. Come ciò sia potuto accedere è spiegabile con la circostanza che si tratta di una disposizione ambigua, frutto di una modifica della Costituzione che enfatizza oltre il ragionevole le differenze, per cui mal si concilia con l’impianto della Costituzione del 1948, in cui l’unità e l’autonomia rappresentano due facce della stessa medaglia e si rafforzano reciprocamente. “L’articolo 116, comma III della Costituzione – ha scritto Carlo Iannello – è probabilmente la disposizione più lontana dall’impianto originario della Costituzione proprio perché introduce un processo disgregativo, che può sfociare in una disarticolazione dell’ordinamento, finendo paradossalmente per svuotare di senso lo stesso principio di autonomia, che si lega indissolubilmente ai valori sostanziali (eguaglianza, libertà, partecipazione democratica) affermati dal costituente.” In realtà, per quanto sia ambigua la disposizione dell’art. 116, III comma, qui ci troviamo di fronte ad un chiaro abuso dello strumento, utilizzato come un grimaldello per forzare la Costituzione e rovesciare i confini dell’assetto della pur amplissima autonomia regionale, come prevista dalla stessa riforma del Titolo quinto. Infatti, una volta che tutte le materie in cui è prevista una competenza legislativa concorrente fra lo Stato e le Regioni saranno trasferite alla competenza esclusiva del Lombardo-Veneto e una volta che lo Stato si priverà anche della sua competenza esclusiva in materia di norme generali sull’istruzione e di tutela dell’ambiente, si verificherà una rottura dell’unità dell’ordinamento giuridico e dell’eguaglianza dei cittadini nel godimento dei diritti fondamentali, che travolgerà la Repubblica immutandone il volto. Quello del comma III dell’art. 116 è un paradosso, ancora più inquietante del più famoso paradosso del libro Comma 22 di Joseph Heller, che narrava le avventure di un gruppo di piloti statunitensi impiegati per i bombardamenti in Italia durante la seconda guerra mondiale. Questi piloti potevano chiedere l’esenzione dalle missioni di bombardamento solo in caso di pazzia (comma 21), però il comma 22 prevedeva che chi chiedeva l’esonero non poteva essere pazzo.
Con il ricorso all’abuso del comma III (dell’art. 116 Cost), si reintroduce nella vita politica italiana il Comma 22: chi vuole demolire la Costituzione alza il vessillo della sua attuazione. Non resta che chiederci se il pilota che guida l’azione di governo rientri nel Comma 21 o nel Comma 22.