Da qualche tempo pontifica per il Paese un nuovo guru, un laureato in filosofia, già docente a contratto presso l’Università di Verona di “siti web di filosofia” e “laboratorio di informatica filosofica” (!!), tal Luca Morisi, assurto agli onori della cronaca, dapprima come responsabile della comunicazione dell’allora segretario della Lega ed ora consigliere ministeriale strategico della comunicazione del ministro degli Interni (pagato dal Viminale) e che predica “l’esistenzialismo salviniano”. Questo spin doctor, nel giorno di Pasqua, ha pubblicato su facebook la foto del ministro che imbraccia un mitra con sotto la dicitura “si avvicinano le Europee e se ne inventeranno di ogni per fermare il Capitano. Ma noi siamo armati e dotati di elmetto! Avanti tutta”.
Il messaggio del social media manager di Salvini ha innescato una polemica violentissima e Roberto Saviano lo ha qualificato come un’evidente istigazione a delinquere”. Si tratta davvero di un inquietante messaggio: il Salvini, definito il “Capitano” (che richiama il “dux” di nefasta memoria), è il condottiero “armato” che ha uomini “armati e dotati di elmetto” pronti a contrastare chi tenta di fermarlo nella sua avanzata politica. Si trasmette, così, il messaggio che sia lecito disattendere il fondamentale principio giuridico “né cives ad arma ruant” o “ad arma veniant” (“affinché i cittadini non corrano o vengano alle armi”), principio che, unitamente all’altro enunciato da Cicerone: “cedant arma togae” (“cedano le armi al diritto”), sembra essere stato già, in maniera consistente, vulnerato dalla nuova normativa sulla legittima difesa fortemente voluta e imposta dal ministro degli interni.
A ben considerare, la foto del “Capitano” che imbraccia un mitra non è altro che il naturale sviluppo del Salvini giornalmente vestito, arbitrariamente, da poliziotto sicché egli si pone, ormai, non tanto come ministro degli Interni, bensì come ministro di polizia che veglia sulla sicurezza dei cittadini impauriti dalla sua martellante propaganda sul pericolo (immaginario) costituito dagli immigrati, cui si aggiunge una autocelebrazione, non meno intensa, delle proprie azioni, iniziative, interviste e con l’appropriazione sistematica di operazioni positive eseguite da altre autorità (arresto dei Casamonica, demolizione delle ville abusivamente costruite dagli stessi, arresti degli spacciatori nigeriani, arresti di esponenti di clan ‘dranghetisti, ecc.), anche con attacchi e dileggi nei confronti dei magistrati; il tutto con un uso spregiudicato della rete che garantisca al “Capitano” l’egemonia mediatica adagiata sulla potenza dei messaggi del “Capo”.
Non meno pericolosa è la tendenza ad invadere, se non ad usurpare, competenze di altri ministri – in particolare quelle che spettano al ministro delle Infrastrutture (l’evanescente Toninelli) e soprattutto al ministro della Difesa, come è avvenuto quando, dopo aver ribadito che i porti in Italia rimangono “sigillati”, ha diramato, alle forze di sicurezza, carabinieri, guardia di finanza e polizia, una direttiva indirizzata anche al Comando della Marina e, sia pure “per conoscenza” allo Stato Maggiore, i quali si sono visti recapitare la richiesta di vigilare sull’attività nel mar Mediterraneo della nave Jonio al servizio della ONG mediterranea, direttiva che ha determinato la reazione dello Stato Maggiore che ha replicato come le forze armate operino “secondo la prevista linea gerarchica”, riferimento che chiama in causa le prerogative del Capo dello Stato e del Ministro della Difesa.
Salvini – che non ha partecipato alle celebrazioni del 25 aprile – ha dichiarato che ha preferito recarsi a Corleone per “liberare gli italiani dalla mafia”, laddove, in un anno di governo, nessuna iniziativa è stata intrapresa nei confronti di questa e di altre pericolose organizzazioni criminali che – unitamente alla criminalità rumena ed albanese (dedite ai furti nelle abitazioni e agli stupri, reati questi che preoccupano gravemente le famiglie degli italiani) – imperversano su quasi tutto il territorio nazionale e costituiscono il vero pericolo per i cittadini.
Forti sono state le reazioni alla dissociazione del Salvini di partecipare alla celebrazione dell’anniversario della “Liberazione”; tra esse spiccano, per la durezza dei toni, quella dello scrittore Antonio Scurati: “chiunque si dissoci, offende la democrazia” e quella dello scrittore Nicola Lagioia: “chi, a livello istituzionale, non festeggia questa data è un traditore della Patria”.
Ed è in questo varco aperto dai sovranisti che si inseriscono gruppi neofascisti che lo riempiono della loro propaganda revisionista: da Milano a Varese, da Brescia a Roma, da Cosenza a Marsala, nelle strade, nelle piazze, nei cimiteri, nelle curve degli stadi essa si manifesta o, inneggiando al “duce”, con il lugubre rito fascista, al grido scandito tre volte: “presente” con il braccio che si alza tre volte, ovvero striscioni dai titoli: “25 aprile liberiamoci dall’antifascismo”, “25 aprile noi non abbiamo tradito”, “il 25 aprile è superato dalla stori, l’Italia e gli italiani si sono liberati dal veleno antifascista e sono pronti all’attacco finale”; ovvero ancora con una catena di provocazioni da Nord a Sud: svastiche, croci celtiche, lapidi distrutte.
Quando accade tutto questo e quando un partito, sovranista e xenofobo, in poco più di sei mesi raddoppia i propri consensi passando dal 17 al 34% – e correlativamente un altro partito (che faceva dell’onestà e delle legalità i suoi valori fondativi) crolla dal 32 al 22% – significa che nel sistema politico e sociale del Paese si è innescato un meccanismo, ad un tempo, perverso e travolgente, che vede i poteri forti (ivi compresi quelli dediti alla criminalità economica) saltare sul carro del vincitore, ed una marea di cittadini, (tra i quali anche evasori fiscali, speculatori, riciclatori, faccendieri, opportunisti e trasformisti), osannare il “Capitano” in divisa. Una impressionante escalation che si avvia a fagocitare quello che resta del centro-destra con la concreta prospettiva di avvicinarsi al 50% (se non di superarlo), così da impadronirsi del potere e, quindi, non solo dell’esecutivo ma anche del Parlamento con tutte le conseguenze facilmente immaginabili. Del resto, il fascismo giunse al potere anche per la sottovalutazione (che vi è anche oggi), l’insipienza e la viltà di chi doveva intervenire e non intervenne, di chi aveva in Parlamento i mezzi per contrastarlo e non lo fece.
È augurabile che ciò non avvenga ed è, in primo luogo, necessario che l’opposizione – naturalmente né F.I. e F.d.I., da sempre sodali della Lega – sia vigile e attenta; è, poi, necessario che i parlamentari del M5S escano dallo stato di soggezione dovuto alla “blindatura” da parte dell’inadeguato Capo politico e si riapproprino delle prerogative che la Costituzione assegna ai rappresentanti del popolo in quanto depositari della sovranità popolare, sostenendo, in maniera determinata, la posizione del Presidente della Camera che si presenta quale sicuro argine allo strapotere del ministro di Polizia. Nel contempo è necessario che i cittadini seguano l’appello di Zagrebelsky: “basta con il silenzio, è venuto il tempo della resistenza civile” e, quindi, associazioni, movimenti civici, sindacati, le donne, gli intellettuali, gli scrittori, gli artisti e gli studenti si mobilitino dando vita ad un’azione concreta, virtuosa, mediante manifestazioni, dibattiti ed iniziative per denunciare sistematicamente all’opinione pubblica atti e comportamenti autoritari, contrastare l’insidiosa “propaganda” revisionista e difendere la Costituzione dall’attacco sovranista e neofascista, prima che sia troppo tardi.