Una parete, due tavoli, alcune sedie. Sullo sfondo una cucina e una pentola che contiene della zuppa di pesce. Storie si alternano. Diverse storie, diversi anni, diverse persone legate da un racconto i cui contorni si chiariscono con il procedere della narrazione. Una saga familiare, un dramma terribile che piano piano emerge con forza. Sta piovendo. Gabriel York attende con ansia e inquietudine l’arrivo del figlio Andrew che non vede da quando questi aveva sette anni. E’ questo l’inizio di una saga familiare – la storia delle famiglie Law e York, quattro generazioni di padri e figli, di mogli e madri – che porta lo spettatore avanti e indietro nel tempo, dal ’59 al 2039, attraverso un diluvio senza sosta che pian piano compone i tanti tasselli del mosaico dando forma al racconto.
Henry Law, il padre di Gabriel, è un pedofilo; sua moglie Elizabeth, spaventata che possa abusare anche del loro stesso figlio, lo allontana. Henry parte quindi per l’Australia, dove forse rapisce e uccide un bambino sulla spiaggia (ma questa circostanza la si apprenderà solo alla fine del dramma che pian piano prende forma). Gabriel, ignaro della storia paterna, parte a sua volta per l’Australia dove conosce Gabrielle, sorella del bambino morto e orfana a causa del suicidio dei genitori avvenuto a seguito del ritrovamento del corpo del fratellino. Gabriel muore, nel 1988, a soli 28 anni in un incidente d’auto lasciando Gabrielle incinta: suo figlio, anche lui di nome Gabriel, crescerà con la madre e il patrigno Joe. Ma poiché la storia si ripete, anche Gabriel abbandona suo figlio Andrew. Ed è proprio sull’incontro tra Gabriel e Andrew che il racconto si apre e si chiude, con la consegna al figlio, da parte del padre, di una valigia di ricordi. Una storia drammatica i cui fili sospesi vengono pian piano catturati dallo spettatore con l’aiuto di una voce narrante, fondamentale al racconto. Un racconto che pone allo spettatore un interrogativo: è possibile sfuggire al proprio passato? non siamo noi, in qualche modo, il frutto delle scelte di chi ci ha preceduto e dalle quali è impossibile sfuggire? o siamo più semplicemente ‘figli delle circostanze’? Ogni spettatore troverà la propria risposta dentro di sé.
Forse il dramma si apre comunque ad una speranza, sul finale, con la ritrovata valigia dei ricordi ed il cessare del “diluvio”.
Pregevole, inoltre, lo schema narrativo ed apprezzabile la scelta del pesce che cade dal cielo all’inizio della storia con un chiaro richiamo alla pioggia di rane di Anderson in Magnolia.
When the rain stops falling dell’australiano Andrew Bovell viene portato in scena da Lisa Ferlazzo Natoli e da Lacasadiargilla in modo mirabile. Al teatro Argentina solo fino a domenica 3 marzo un racconto teatrale pieno di commistioni cinematografiche. Straordinari gli attori, così come le musiche che accompagnano il testo.