Ricominciare da dove si era rimasti e credere che una legge più giusta per i giornalisti italiani minacciati si possa ancora approvare, anzi che lo si debba fare proprio ora, nei giorni della memoria per il delitto Alpi-Hrovatin perché può essere un modo per riscattare il loro ricordo. Walter Verini ci crede e da neo coordinatore del Comitato sui giornalisti minacciati, nuovamente istituito in seno alla Commissione parlamentare Antimafia, annuncia che non mollerà di un centimetro l’impegno a tenere alta l’attenzione sui cronisti che subiscono intimidazioni.
Ha una fede incrollabile per la politica se ha ripresentato la proposta di legge contro il carcere per i giornalisti e le querele temerarie, non crede?
Sì, l’ho ripresentata il 27 marzo 2018, ossia il primo giorno utile per le attività legislative perché ci sono situazioni ineludibili che quella proposta affronta. Mi riferisco all’abolizione della detenzione per i giornalisti, su cui si è appena pronunciata la Corte di Giustizia Europea a proposito del caso Sallusti. E poi c’è l’enorme problema delle querele temerarie; questa legge prevede forme di deterrenza. Sin dalla prima presentazione, il cui testo fu concordato con il compianto Santo Della Volpe, erano state inserite norme volte a scoraggiare azioni legali infondate contro i giornalisti.
Riprenderete le audizioni?
Sì, però io spero che ci sia il modo, un giorno, per ricevere tutti insieme i giornalisti sotto scorta e che si trovi un’occasione per stare con i tantissimi giornalisti minacciati perché questo sarebbe il segno necessario a non farli sentire soli bensì con le istituzioni accanto. Ed è un elemento, io credo, molto importante. Poi, anche se la Commissione non ha poteri come la magistratura, penso che si potrà contribuire ad esaminare i casi in cui la stampa e la libertà di espressione finiscono nel mirino delle organizzazioni criminali che, pur se non sparano, sanno infilarsi nel terreno degli organi d’informazione, nelle aziende editoriali; ne abbiamo purtroppo tracce concrete e casi specifici. E’ un modo per orientare l’informazione, incidere sul prodotto. In fondo è ciò che accade con i consigli comunali che prima erano “infiltrati”, adesso scopriamo che in taluni casi ci sono esponenti direttamente in seno ai Consigli.
Partite con un anno di ritardo, si è votato a marzo 2018
Sì, ci sono stati nodi politici nella maggioranza che hanno causato il ritardo. Devo dire che anche la scorsa legislatura si era partiti sei mesi dopo il voto, in questa siamo andati un po’ oltre. Quel che conta è che anche in questa legislatura è stato ritenuto utile, aggiungerei necessario, istituire un comitato sulle minacce ai giornalisti.
Le analisi in Commissione parlamentare vanno benissimo ma servono modifiche legislative, atti concreti, esecutivi. Forse questo momento storico non è particolarmente favorevole, visti gli attacchi all’informazione e i tagli al fondo per il pluralismo nei media
Io voglio essere fiducioso perché penso che sui grandi temi poi si trovi una soluzione condivisa. Chi si opporrà all’abolizione del carcere per i giornalisti? E anche sulle querele temerarie con quali argomenti ci si può opporre? Siamo in una fase difficile per l’informazione è vero, però credo che proprio questi giorni siano utili a cercare un punto d’incontro tra le forze politiche. Il 20 marzo ricorderemo l’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin con una cerimonia alla Camera dei Deputati cui parteciperà il Presidente Roberto Fico e chiederemo a lui di calendarizzare la legge che ho proposto. Il Presidente può incidere sui lavori della Camera e gli chiederemo un impegno specifico per i giornalisti nel giorno in cui ricordiamo due cronisti uccisi mentre svolgevano il loro lavoro, mi sembra una data buona per dire e fare qualcosa di concreto. E’ possibile che sia difficile l’iter di approvazione ma non bisogna arrendersi e comunque ci sono momenti in cui bisogna avere più fiducia e andare controvento.
Quindi avanti contro il brutto vento che ruota attorno alla stampa in Italia?
Sì, avanti controvento.
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