Al centro geometrico di uno spazio circolare e circense (intuizione scenografica ‘forte’ e intrigante, appendice tragico-buffo-lunare del ‘gran teatro del mondo’), “Winston vs Churchill” si spande oltre un fondale quasi purpureo, in stoffa rosso-cupa, da cui si entra e si esce (in pista) supportati da un perfetto gioco di luci, e pochi oggetti a portata di mano (un mappamondo, una radio, la grande poltrona in cui sprofondare sobbalzare). Per quella innata, fattiva pigrizia che il più celebre fra i leader di Sua Maestà “devolve” in combattiva determinazione, testardaggine, soprassalti di dubbi e nodi gordiani da sciogliere “senza tempo frapporre”. Per poi incappiarsi in altri, sino alla quasi struggente evocazione (in sottofinale) dei suoi genitori, così influenti e così aristocraticamente distaccati. Forse a fin di bene: per meglio temprare il carattere di un ragazzo intelligente, delicato, bipolare nell’azione e nella (mai del tutto risolta) depressione genetica.
Incondizionata lode a Giuseppe Battiston che (a 57 anni) rivive “a suo modo” il Churchill ottantenne, amante del whisky ed altri alcolici dal sapore possente e “combattente” (mai cedendo all’etilismo), degli innumerevoli sigari cubani e (non confessandolo) delle ‘belle donne’ verso cui si è sempre percepito fisicamente incongruo e ingombrante: un Winston che urla, sbraita, si lamenta, insofferente e riottoso a qualsiasi lenimento che la una paziente, premurosa infermiera (Maria Roveran) insiste “vanamente” a propinargli, come se esistessero antidoti alla percezione (impotente) della vecchiaia, invasiva nel corpo ma non accettabile dalla collaudata pervicacia di chi ha contribuito a“salvare le sorti del mondo”. Contro il nazismo e l’imbarbarimento (mai debellato del tutto) dell’ intero continente.
Piantiamola con la somiglianza (la “verosimiglianza”) fisiognomica: dimentichiamo i pur notevoli modelli cinematografici di Gary Oldman (“L’ora più buia”), Brian Cox (“Churchill”) e del ‘dominus’ Albert Finney nel biographic televisivo “Guerra imminente” (film reperibile solo sul web).
Churchill-Battiston, barbuto, capelluto, senza aderenze estetiche che non siano la struttura fisica (come fu il suo rapporto con Orson Welles) “sprizza” di nostalgia frammista ad orgoglio e (intermittente) amor prorio: ”consapevole di aver fatto sempre gli interessi del Regno Unito e dell’Europa”, in quel suo stare ‘in the mood’ con “la certezza di essere stato un artefice della Storia”. Anche perché, allertato dalla consapevole percettività di bambino cresciuto cocciuto “ma a stento”, aveva sempre avvertito Hitler e la svastica come qualcosa di orrido, tenebroso, simile agli orchi delle fiabe e agli universi insidiosi dei fratelli Grimm.
Possiamo, anzi dobbiamo, dissociarci dalla sentenziosità di alcune sue affermazioni, epigrammi, boutade (”Gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come se fossero guerre”… “Meglio fare le notizie che riceverle, meglio essere un attore che un critico” ..“L’alcol è una cosa seria, non va mischiato”), ma accettiamone l’umanità di burbero se non benefico, certamente impareggiabile e non più replicabile ‘primo attore’ sul proscenio disastrato del secolo breve.Rivelatosi, con il fluire del tempo unico nel suo genere e
grande statista umanamente immerso (in misura non celebrativa) fra le sue contraddizioni, dissapori, sterili passioni e perdonabili eccessi. Alla ‘peggio’, affetto da quella sindrome che poi Fukuyama definirà “la megalotimia a fin di bene”, come capità a Lincoln, Luther King, Nelson Mandela.
Che ad immergersi in Winston, in finta (teatrale) lotta con se stesso, dandogli anima, volto, pensieri e parole sia, anzi è, un attore come Battiston (con Timi e Pierobon i più eclettici, indispensabili della sua generazione) consideriamolo un valore aggiunto. Unitamente alla notevole qualità dello spettacolo nel suo insieme: drammaturgia, regia, ambientazione e quant’altro.
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“Winston vs Churchill”. Uno spettacolo interpretato da Giuseppe Battiston | |
E Maria Roveran | |
Regia Paola Rota
Da “Churchill, il vizio della democrazia” di Carlo G. Gabardini Scene di Nicolas Bovey Costumi di Ursula Patzak Luci di Andrea Violato Suono e musica di Angelo Longo |
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Teatro Ambra Jovinelli di Roma Teatro Nuovo di Verona dal 12 Marzo 2019 al 17 Marzo 2019 |