Il Giovanni nazionale ne fa ottantanta: quanto tempo è passato da quando era un giovane e talentuoso difensore del Milan! “Maldini liberava in abito da sera, Trapattoni rischiava la galera!”: così si cantava dalle parti di San Siro negli anni Sessanta, ai tempi di Rivera e Rocco, quando Milano era davvero la capitale morale e il Trap ne era uno degli idoli e dei simboli.
La maturità, invece, l’ha vissuta a Torino, nella Magna Juve di Boniperti, quando i campioni alle sue dipendenze si chiamavano Zoff, Scirea, Bettega e, successivamente, Tardelli, Cabrini, Rossi, Platini e molti altri ancora.
L’allenatore delle coppe europee e degli scudetti a ripetizione, artefice di un grande decennio in bianconero prima di vincere anche all’Inter e poi di nuovo alla Juve, prima di essere protagonista pure in Germania, con una memorabile conferenza stampa nei confronti di Strunz.
Cattolico, profondamente credente, noto per le boccette d’acqua santa in panchina, sempre colorito e divertente nelle sue espressioni popolaresche e persino nelle sue gaffe, rimane, come unico neo del suo invidiabile curriculum di tecnico, il fallimento in azzurro, dovuto dapprima all’inqualificabile arbitraggio del signor Moreno nell’ottavo dei Mondiali del 2002 contro la Corea del Sud e poi alle convocazioni oggettivamente sbagliate e dall’atteggiamento fallimentare dell’Italia agli Europei portoghesi del 2004.
Difensore coriaceo, allenatore pragmatico e abilissimo nel valorizzare i suoi ragazzi, battutista ineguagliabile, progenitore in questo di Ringhio Gattuso, non a caso uno dei suoi pupilli, è oggi attivissimo sui social e riesce a farsi amare anche lì, stupendo tutti per freschezza e vivacità. Perché quel gran pezzo del Giovanni da Cusano Milanino, figlio di una terra cresciuta grazie al sudore, alla fatica e al senso civico della sua gente, è fatto così: non invecchia mai, non perde mai la sua vitalità, non dice mai gatto se non ce l’ha nel sacco e guarda sempre avanti, rinnovando ogni giorno la sfida di un’esistenza encomiabile.
P.S. Ricorre il cinquantesimo anniversario della scomparsa di Giuliano Taccola, morto il 16 marzo 1969 negli spogliatoi dell’Amsicora di Cagliari. Giocava nella Roma di Herrera, aveva venticinque anni e sarebbe stato un grande attaccante, ma il suo cuore non ha retto alla potenza dei suoi sogni e la pessima gestione dei suoi affanni e dei suoi malesseri fisici gravemente sottovalutati ha fatto il resto. L’importante è non dimenticarlo, affinché il suo dramma non si ripeta.
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